BULLETS AND OCTANE
Aprono i Bullets and Octane, branco di sbandati direttamente da OC, California. Quale migliore proposta di un rock ‘n roll selvaggio e imbevuto di alcoolici per far partire la festa? Pur essendo totalmente sconosciuto il quartetto si dimostra coinvolgente e scanzonato nello stile che oramai è diventata prerogativa dei gruppi nordeuropei come i Backyard Babies: via le aderentissime t-shirt e fuori il corpo tatuatissimo del trascinatore Gene Louis, che le tenta davvero tutte per svegliare la massa, con risultati simpatici. Il frontman non ha sicuramente un’ugola eccelsa, ma per tutto il concerto riesce a mantenerla sufficientemente calda e sporca. Nulla di nuovo dal punto di vista musicale, il gruppo dà il meglio nei pezzi più tirati e casinisti, che riflettono la loro attitudine anche al di sotto del palco. Divertenti.
AVENGED SEVENFOLD
L’immancabile intro strumentale, molto movimentata e dal piglio cinematografico, fa da colonna sonora all’entrata delle giovani star, da poco in cima alla classifica di TRL negli Stati Uniti (non che la cosa faccia piacere a un metalhead, ma è sempre un indice della popolarità raggiunta negli States). The Reverend si siede dietro una batteria sufficientemente bassa da fare notare la sua figura, Johnny Christ maschera il viso giovane sotto un cappello bianco e dei capelli fucsia, e la coppia di asce composta da Zacky Vengeance e Synister Gates, uno destro e uno mancino, fa da cornice, sempre coperta di tatuaggi e truccata di tutto punto. M. Shadows scuote subito il pubblico e si atteggia in movenze parecchio simili al suo riferimento Axl: bandana con cappellino da trucker girato, occhiali “aviator” e i muscoli in bella vista, per far colpo sulle ragazzine: esteticamente impeccabili questi Avenged Sevenfold, ma è la musica che conta, e proprio dal fattore squisitamente musicale arrivano le prime cattive notizie. L’impianto del Rainbow non è proprio il meglio, il missaggio dei suoni è però più che soddisfacente (non dello stesso livello il volume), tanto da fare notare subito parecchi scivoloni. La formazione non è infatti in grado di riproporre al meglio la maestosità delle composizioni di City of Evil, che hanno sì arrangiamenti complessi e difficili da ricalcare, ma che non vengono nemmeno rispettate ed esaltate a livello di pathos e coinvolgimento nell’esecuzione. Se il gruppo è una gioia per gli occhi e semina pose e coreografie da star navigate si percepisce, in maniera purtroppo negativa, una esecuzione abbastanza fredda e “recitata”, quando metal e rock dovrebbero essere sanguigni e passionali. C’è da dire che è la prima data del tour europeo e che una serata no può capitare a chiunque, e che il piccolo club magari non soddisfa una formazione quasi abituata ad attenzioni eccessive in patria e nel Regno Unito. La performance in ogni caso sale di livello di pezzo in pezzo, come la voce del dotato M. Shadows che si dimostra allenata, potente e graffiante: se la stessa nei primi pezzi era quasi incerta ora della fine è risultata convincente, tagliando furbescamente gli acuti più insidiosi. La scaletta pesca quasi interamente da City of Evil come ci si poteva aspettare, escludendo totalmente brani dell’esordio “Sounding the Seventh Trumpet” ed eseguendo dal capolavoro “Waking The Fallen” solo “Unholy Confessions” e “Chapter Four”, più vicine al sound attuale. Power metal, hard rock e pose plastiche a tutto andare dunque, con gli highlight annunciati di “Bat Country”,”Burn It Down”,”Beast And The Harlot” e “Trashed And Scattered” che fanno impazzire un’audience davvero poco critica. A sorpresa i nostri attaccano “Walk” dei Pantera, citati più volte come influenza (non troppo manifesta a dire il vero), e, orrore e raccapricci, quasi nessuno tra le giovani teste acconciate all’ultima moda riconosce lo storico pezzo. Qualche consenso in più raccoglie l’intro di “Paradise City”, resta il fatto che i presenti dovrebbero studiarsi un pochetto i classici del genere per capire da dove arriva cotanta grazia che compone City Of Evil! Un prova non del tutto convincente tirando le somme, che delude in parte le aspettative (altissime) di chi ha adorato il disco. Rimandati.