Live report a cura di Emilio Cortese
Sicuramente il fatto che stasera si sia giocata la finale dei campionati del mondo non ha giovato all’affluenza a questo concerto che al Rock Planet, di domenica sera, ha visto protagonista il progressive/sludge dei Baroness in una performance in cui erano accompagnati soltanto da una piccola band italiana. Tuttavia, nonostante un pubblico non troppo numeroso, in un’atmosfera a dir poco soffocante abbiamo assistito ad una prestazione mozzafiato da parte della band capitanata da John Baizley. A voi il resoconto della serata.
BARONESS
Varcando la soglia del locale veniamo assaliti da un’ondata di calore a dir poco asfissiante, un clima veramente torrido che però non ha fatto scoraggiare la manciata di fan che erano accorsi per assistere alla performance dei Baroness. Curioso come al banchetto del merchandise dei nostri, oltre alle solite magliette e CD, fosse possibile acquistare anche alcuni disegni del frontman della band. Quando il quartetto ha iniziato, in sordina, ad armeggiare con gli strumenti proponendo l’intro di “Bullhead’s Psalm”, i presenti si sono messi in posizione di ascolto, ma quando è partita “The Sweetest Curse” le chiome hanno iniziato a muoversi spontaneamente senza sosta per buona parte del concerto. Immediatamente il suono sporco e rude ci sommerge come se fosse una colata di lava e ci scioglie amalgamandoci completamente alla band. Dopo qualche pezzo in cui restiamo ad ascoltare a bocca aperta, completamente ipnotizzati e assuefatti dalla compattezza sonora dei nostri, ci rendiamo conto che il concerto non prevederà pause. Già, perché tutte le canzoni verranno inframezzate da arpeggi, assoli di batteria, distorsioni sonore e via dicendo; quindi niente presentazioni dei brani, nessuna chiacchiera (spesso e volentieri inutile, diciamocelo) introduttiva, nulla di tutto ciò. Stasera a parlare è solo ed esclusivamente la musica di questo affiatatissimo quartetto che suona come uno strumento unico, palesando unione tra i membri e anche una buona dose di divertimento. Quello che dovrebbe essere un concerto “normale” si trasforma in un’anomalia visto che ad oggi la maggior parte dei gruppi di estrazione moderna passa più tempo a parlare, incitare, saltellare su e giù per il palco che a suonare. I brani proposti sono stati accuratamente scelti tra i due unici lavori della band e sono stati riproposti in maniera fedele, appassionata e appassionante, per la gioia di quei quattro gatti che, nonostante il caldo torrido, hanno deciso di non mollare il colpo e godersi il concerto. Chi scrive poi si è reso conto ancora una volta di quanto per certi concerti siano decisamente più adatte location piccole e poco dispersive, dove si crea una sorta di inscindibile unione tra i musicisti e il pubblico. A fine concerto infatti, buona parte dei presenti si è fermata a scambiare due parole con i componenti, complimentandosi e facendosi fare autografi e foto varie. A chi, per un motivo o per l’altro, si fosse perso un concerto dei Baroness, consigliamo caldamente di non commettere lo stesso errore in futuro, qualora se ne presentasse l’occasione: certe esperienze meritano di essere vissute, da un amante della musica degno di questo nome.