Report di Roberto Guerra
Fotografie di Benedetta Gaiani
Come per i colleghi Beast In Black, anche per i finlandesi Battle Beast arriva il momento di fare tappa in Italia per l’ennesima volta in poco tempo, conseguendo peraltro un ottimo risultato in termini di affluenza in quel del Legend Club di Milano, anche se appare chiaro che si tratti di numeri inferiori rispetto a quanto ottenuto dalla realtà capitanata dal loro ex leader Anton Kabanen.
In ogni caso, fa piacere notare che entrambe le formazioni riescano a ottenere una risposta degna del nome, anche se sin dal nostro ingresso all’interno della venue sussiste il timore di assistere ad uno show pressoché identico all’ultimo cui abbiamo assistito, sempre all’interno delle medesime mura. Fortunatamente, a questo giro ci pensano degli special guest davvero ficcanti ad alimentare il nostro entusiasmo, soprattutto la prima band in programma. Buona lettura!
Come dicevamo, a titolo personale, riteniamo che la più interessante tra le esibizioni in programma sia quella degli INDUCTION, capitanati dal chitarrista Tim Hansen, figlio dell’uomo che si cela dietro all’esistenza stessa di un certo tipo di power metal europeo, da cui riteniamo abbia imparato maledettamente bene il mestiere, considerando l’ottima resa dei pezzi dal vivo e su disco.
Il giovane quintetto ci aveva già piacevolmente convinto all’Alcatraz di supporto agli Stratovarius, anche senza il cantante Craig Cairns, voce anche degli heavy metaller Tailgunner e sostituito ai tempi dal nostrano Antonio Calanna. Fortunatamente questa volta il giovane frontman ci fa dono della sua presenza, mettendo la firma insieme ai suoi colleghi su una esibizione che a fine serata ricorderemo probabilmente come la migliore dell’evento odierno: una scaletta breve, ma composta da alcune tra le migliori tracce provenienti dal secondo full-length “Born From Fire” e dall’EP “The Power Of Power”, suonate in grazia di Dio e a parer nostro rappresentative delle capacità di un combo destinato a fare strada in futuro, se la scena avrà il buon senso di dargli il supporto necessario. Si nota qualche assenza in scaletta, a parer nostro, ma considerando il poco tempo a disposizione era difficile fare meglio.
Proseguiamo con i SAINT DEAMON, nome che a molti lettori potrebbe non suggerire nulla, ma vi garantiamo che i loro primi due album, seppur ben oltre un decennio fa, a suo tempo avevano riscosso un ottimo successo di critica e pubblico.
Purtroppo il tempo è stato poco clemente con il quartetto svedese, che è sparito completamente dalle scene fino al 2019, quando è tornato con un terzo album, che ha avuto persino un gradevolissimo seguito l’anno scorso.
In buona sostanza, una band che ha deciso di rischiare tentando di far leva su quella che a suo tempo fu una bozza di successo, e che finalmente possiamo saggiare in sede live. Chiaramente parliamo di un power metal meno massiccio e di intrattenimento rispetto a quello di chi li ha preceduti, trattandosi di una formula molto melodica nel senso più asciutto del termine, e che su un palco chiaramente risente dei pochi elementi sfruttati, ma a ben pensarci questo è anche un notevole segno di capacità strumentale ed esecutiva.
Infatti, la band sciorina la sua scaletta divertendosi e suonando con cura ottimale, anche se si percepisce una minore partecipazione da parte degli astanti, probabilmente più inclini a proposte più opulente. In ogni caso, si tratta di un gradito ritorno, e riteniamo che il livello toccato stasera sia più che buono, in attesa di poterli vedere nuovamente più in là.
Arrivando ai BATTLE BEAST e ai primi rintocchi della loro setlist, si rende man mano più concreta la consapevolezza che quello cui stiamo per assistere è, in buona sostanza, il ‘solito’ concerto del combo finlandese rappresentato dalla grintosa frontwoman Noora Louhimo, anche se questa volta in compagnia non di un turnista, ma del chitarrista ufficiale Joona Bjorkroth.
La scaletta è pressoché la stessa della volta scorsa, e anche i siparietti bene o male rientrano tra gli evergreen che la band propone ogni qualvolta si appresta a mettere in piedi uno show da headliner: ci sono le gag comiche, la tastiera multieffetto itinerante e le dediche all’Italia, inclusa una “Nessun Dorma” cantata dal bassista Eero Sipila con un risultato che, perlomeno, ci ha riportato alla mente i tempi in cui a proporre lo stesso sipario era quella leggenda che risponde al nome di Eric Adams, voce dei Manowar e assolutamente imparagonabile sul fronte di tecnica ed interpretazione.
Ovviamente, non c’è verso di sentire un pezzo o due dal repertorio precedente la scissione col sopracitato Anton Kabanen, ma ci possono essere un’infinità di motivi – anche burocratici – per cui la band abbia del tutto tirato una linea su quella parte della propria carriera.
In compenso la setlist, seppur ridondante, comprende buona parte dei migliori pezzi provenienti dagli ultimi tre dischi, il cui livello si attesta senza dubbio su buoni livelli, anche se insistiamo col dire che ci sia stata una parziale diminuzione nella ispirazione generale. In ogni caso, il pubblico riempie il locale fino in fondo e il coinvolgimento non manca, e questo significa che il risultato viene ancora una volta portato a casa con risultati più che validi, complice anche un’esecuzione sempre efficace e in linea con quanto proposto anche su disco.
Setlist:
Circus Of Doom
Straight To The Heart
Familiar Hell
Place That We Call Home
Armageddon
Wings Of Light
Where Angels Fear To Fly
Bastard Son Of Odin
Russian Roulette
No More Hollywood Endings
Eye Of The Storm
Eden
King For A Day
Master Of Illusion
Beyond The Burning Skies
INDUCTION
SAINT DEAMON
BATTLE BEAST