02/07/2017 - BATTLEFIELD METAL FEST 2017 @ Ippodromo San Siro - Milano

Pubblicato il 02/07/2017 da

BATTLEFIELD METAL FEST 2017
02/07/2017 – Ippodromo di San Siro – Milano

 

RUNNING ORDER E PROGRAMMA MEET&GREET:

Apertura porte: 14.30

15.00/15.40 – FIREWIND
15.40 – meet&greet ENSIFERUM
16.10/17.10 – GRAVE DIGGER
17.10 – meet&greet BLIND GUARDIAN
17.40/18.40 – TURISAS
18.40 – meet&greet FIREWIND
19.10/20.15 – ENSIFERUM
20.15 – meet&greet TURISAS
20.50/22.50 – BLIND GUARDIAN

Introduzione
Battlefield Metal Fest 2017, prima edizione: un festival che parte con i presupposti per diventare un’occasione da non perdere delle estati metalliche italiane. Un bill non particolarmente affollato, ma certamente ben mirato verso i fruitori del power(-folk) metal, sta aspettando di esibirsi sotto il Sole dell’Ippodromo del galoppo di San Siro, Milano. Blind Guardian e Grave Digger, rappresentanti della vecchia guardia power tedesca, guidano per mano le sensation finlandesi Ensiferum e Turisas, spesso accoppiate in manifestazioni piú (o completamente) folk-oriented. A chiudere il bill e ad aprire la manifestazione, i Firewind di Gus G., band nota al grande pubblico per essere guidata, appunto, dal succitato ex-chitarrista di Ozzy Osbourne. Il pezzo forte di questa tornata di debutto, come piú volte annunciato, é l’esecuzione dell’intero “Imaginations From The Other Side”, uno dei dischi piú amati dei Bardi, vecchio ormai di ben ventidue anni! Uno show di due ore complessive del Guardiano Cieco, per la loro popolaritá raggiunta qui in Italia, puó ben valere il costo di almeno tre/quarti del biglietto.
La giornata, a differenza degli ultimi giorni qui a Milano, carichi di nubi temporalesche, pare essere buona, non troppo calda ma ventosa e ovviamente soleggiata. L’allestimento degli stand e dei punti ristoro é minimale, piuttosto raccolta in termini di dimensioni, per un’affluenza che si spera sia di qualche migliaia di unitá. Vedremo poi, a conti fatti, quale sará il computo logistico generale dell’evento.
Noi di Metalitalia.com siamo pronti allo stand, per fornirvi il solito servizio di informazione in tempo reale, per cui vi invitiamo a seguirci restando collegati con la diretta.
(Marco Gallarati)

Report in diretta a cura di William Crippa  (Firewind, Grave Digger, Ensiferum), Marco Gallarati (Turisas, Blind Guardian) e Alessandro Corno (Grave Digger)
Fotografie di Bianca Saviane
Allestimento stand: Alessandro CornoWilliam Crippa
Personale stand: Valentina Mevoli e Maria Chiara Braida

 

FIREWIND – 15.00/15.40
Provenienza: Salonicco, Grecia
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Apertura con il botto affidata ai greci Firewind, forti del successo e del gradimento del nuovo “Immortals”, uscito sul mercato il 20 di gennaio. Ed é appunto da “Immortals” che arriva il primo pezzo proposto, “Ode To Leonidas”, prontamente doppiata da “We Defy”, per un livello di potenza davvero elevato. L`ex-Metalium Henning Basse invita i fan ad avvicinarsi il piú possibile al palco per un salto indietro nel tempo fino al 2008, per “Head Up High”, accolta da un applauso di compiacimento da parte del pubblico, che a quest’ora é ancora abbastanza esiguo. Nuovamente sul pezzo é la fresca “Hand Of Time”, opener dell`ultimo lavoro, prima dell’highlight di carriera “World On Fire”, che viene eseguita in medley con la strumentale “The Fire And The Fury”, che trasforma il set in una vera sfida tra Gus G. e Bob Katsionis, chitarra contro tastiera. Siamo quasi a conclusione di performance quando arriva il momento anche della splendida “Mercenary Man”, apprezzata e cantata da tutti. “Falling To Pieces” mette fine alle ostilitá con tutti i fan giá presenti che saltano invitati dal cantante. I greci scendono dal palco tra gli applausi meritati da parte di una venue che forse avrebbe apprezzato ascoltarli un poco piú a lungo.
(William Crippa)

GRAVE DIGGER – 16.10/17.10
Provenienza: Gladbeck, Germania
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Ore 16.10, é ora che le leggende salgano in cattedra: sono di scena infatti i Grave Digger da Gladbeck, Germania. Dopo l’intro di rito, ecco la band entrare sullo stage anticipata dal tastierista Marcus Kniep nelle vesti del Reaper per l’avvio affidato alla titletrack del nuovo album, “Healed By Metal”, non certo uno dei pezzi piú esaltanti del repertorio degli Scavafosse. Il potente rombo dello scarico di una moto introduce la nuova, potentissima, “Lawbreaker”, giá cantata a gran voce dal pubblico che mostra apprezzamento. Sta a “Witch Hunter” riportarci indietro nel tempo: il brano é come di consueto molto intenso, nonostante non convinca piú di tanto la prestazione del chitarrista Axel Ritt, che in piú occasioni fa rimpiangere chi prima di lui ha contribuito a forgiare il sound del gruppo, Uwe Lulis in particolare. Al termine del pezzo nasce spontaneo dalla venue il grido ‘olé olé olé, Digger, Digger!’, che visibilmente diverte e carica la band. L’annuncio di “Killing Time” porta Chris Boltendahl a chiedere un potente coro ai fan, coro che stenta peró a decollare con il commento da parte del frontman: ‘Persino mia nonna saprebbe fare meglio!’. Il pubblico accetta la sfida e risponde a gran voce intonando i ritornelli dei pezzi successivi. “Ballads Of A Hangman” e “The Dark Of The Sun” infatti sono grandiose, la seconda soprattutto, con tutto l’ippodromo a cantare il chorus melodico del brano. Divertente siparietto sull’annuncio di “Excalibur”, con Chris Boltendahl che rischia di cadere dal palco avvicinandosi ai fan delle prime file, chiudendo il tutto con grandi sorrisi ed un brano splendido, che eleva al cielo un nuovo inno all’indirizzo della band. Il mood si incupisce per l’oscura e non certo trascinante “Season Of The Witch”, prima che tutto si riporti a regime per la divertente “Highland Farewell”, che scatena anche un leggero pogo. Il set sta per chiudersi, ma mancano ancora un paio di assi: l’attesissima “Rebellion” e la classica “Heavy Metal Breakdown”, che colpisce duro ed annichilisce in modo letale la platea. Show in definitiva non privo di pecche, tra cui anche la totale assenza di elementi scenografici, ma esplosivo e coinvolgente in piú frangenti.
(William Crippa e Alessandro Corno)

TURISAS – 17.40/18.40
Provenienza: Hameenlinna, Finlandia
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Lo spettacolo dei Turisas al Battlefield Metal Fest é stato un vero campo di battaglia, con il rischio di lasciare metaforicamente sul terreno diversi feriti e, addirittura, la band nel backstage: ‘Warlord’ Nygard, frontman e vocalist di spessore dei finnici, informa l’audience, dopo i primi pezzi suonati, delle peripezie capitate ai Nostri per suonare all’evento: due giorni fa, in primis, l’infortunio al polmone del bassista Jesper Anastasiadis, che ha costretto i Turisas a richiamare il ‘vecchio’ Jukka-Pekka Miettinen fra le loro fila; poi il grave disguido con AirBerlin, che lascia in Germania tutta la strumentazione e la scenografia del gruppo, costretto ad esibirsi senza backdrop, con gli strumenti prestati dai connazionali Ensiferum, con poco trucco recuperato in loco e senza i pezzi di armatura e pellame solitamente indossati; infine, ecco il ritardo del violinista Olli Vanska, salito on stage dopo circa venti minuti di performance! Un’overdose di ‘sfighe’, quella del combo finlandese, che va ad aggiungersi alle note vicende che hanno coinvolto negli anni passati l’ex-chitarrista Georg Laakso, prima accoltellato in seguito ad una rissa e poi costretto in sedia a rotelle per un incidente stradale, e l’ex-fisarmonicista Lisko, scomparso nel 2008 e mai piú ritrovato. Concluso il riepilogo delle disavventure dei Turisas, arriviamo a concentrarci brevemente sul concerto di oggi, che per forza di cose é pressoché ingiudicabile, per l’assenza di uno strumento in partenza e per i continui aggiustamenti tecnici e di suono in corso d’opera. L’attitudine del combo e le parole di Nygard sono però assolutamente da rimarcare, in quanto quest’ultimo si é prodigato in sperticati elogi all’organizzazione dell’evento, che ha messo loro in condizione di tenere la gig nonostante i pesanti problemi, e al pubblico, fedele sostenitore. Oltretutto, la setlist proposta dai Nostri non é stata particolarmente immediata e di facile fruizione, considerato il fatto che i sei di Hameenlinna hanno suonato tutto “The Varangian Way”, di cui quest’anno ricorre il decimo anniversario; l’album che, arrivando dopo il gioiello folk-metal “Battle Metal”, ha segnato l’allontanamento del gruppo da un sound semplice e diretto per spostarsi verso un metal folkeggiante ma costellato da cambi di tempo, mood progressivo e soluzioni cinematografiche. Ne sono state ampia dimostrazione le complesse ed epiche “To Holmgard And Beyond” e “Miklagard Overture”, che ha chiuso un set difficoltoso e ‘ad ostacoli’, prima dell’unico bis concesso con “Stand Up And Fight”, tratta dall’omonimo disco del 2011. Nulla, dunque, estrapolato da “Turisas2013” e nulla da “Battle Metal”, per una scaletta coraggiosa in un contesto festivaliero a loro solo parzialmente congeniale. Bravi, dunque, i Turisas, a sopperire alle carenze di quest’oggi con uno show tutto cuore e grinta.
(Marco Gallarati)

ENSIFERUM – 19.10/20.15
Provenienza: Helsinki, Finlandia
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E si fa il bis di folk metal, perché dopo i Turisas ecco alle 19.15 presentarsi sul palco i poderosi Ensiferum dalla Finlandia. La partenza é all’insegna della potenza con “From Afar”, che scatena da subito un violento pogo, anche se limitato a pochi individui. Immediatamente colpisce il contrasto drastico tra l’immagine da prodi guerrieri dei componenti maschi della band e la gioviale allegria, manifestata attraverso enormi sorrisi, della nuova fisarmonicista Netta Skog, ex-Turisas fra l’altro. Il pubblico dimostra di apprezzare, anche se i suoni sulle prime arrivano leggermente disturbati e solamente dal terzo pezzo in poi tutto viene sistemato al meglio. Markus chiama il circle pit ed i fan obbediscono in fretta, visto che il brano in arrivo é “Token Of Time”, apprezzatissimo. Interessante é l’angle che avviene durante “Warrior Without A War”, con gli operai che iniziano ad armeggiare al backdrop prima assente e che si alza durante la ruffiana “One More Magic Potion” tra il boato dei presenti. Un violento wall of death parte con il midtempo “Heathen Horde”, che si prolunga in un mosh molto duro. Poi tocca ad “Axe Of Judgement” e subito dopo a “Burning Leaves”, con il pubblico che salta e si diverte. Giusto un attimo per tirare il fiato con la fisarmonicista che gioca con l’audience, accompagnata dal bassista Sami, che é giá il momento di riprendere le ostilitá con l’epica “In My Sword I Trust”, dal chorus che ben si adatta al coro da parte dei fan. “Two Of Spades” e la classica “Lai Lai Hei” chiudono un set complessivamente ben eseguito, potente e che ha intrattenuto e divertito a dismisura i presenti.
(William Crippa)

BLIND GUARDIAN – 20.50/22.50
Provenienza: Krefeld, Germania
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Va bene, chi scrive é ormai tanti anni che non segue assiduamente il metal classico, ma quando si tratta di parlare dei/scrivere dei/veder suonare i Blind Guardian, allora si fa volentierissimo un’eccezione. I Bardi di Krefeld hanno sempre una marcia in piú, sotto tutti i punti di vista: professionalitá, tecnica esecutiva, tenuta di palco, rapporto con i fan e l’attaccamento/fedeltá degli stessi giocano tutto a favore della band, che ha aperto lo spettacolo con un poker di brani provenienti da diverse epoche della sua storia: “The Ninth Wave”, per scaldare i suoni, fin da subito ottimi; “Welcome To Dying”, per scaldare gli astanti, fin da subito caldissimi; e poi “Nightfall”, immensa, e “Fly”, quest’ultima a dire il vero spesso presente in setlist ma non troppo meritoria di esserlo. Chiuso il preambolo introduttivo, ecco sparire i sei musicisti dietro le quinte, farsi buio on stage e far partire un’introduzione strumentale: e all’improvviso, l’inizio di “Imaginations From The Other Side” scatena il boato della folla, che comprende subito l’avvento del tanto atteso momento, l’esecuzione integrale del classico del Guardiano Cieco. Il disco in questione lo si sa a memoria ed anche l’audience ha dimostrato di essere preparata, godendo appieno dei fasti di pezzi memorabili quali “I’m Alive”, “The Script For My Requiem”, “Mordred’s Song”, “Born In A Mourning Hall” e “Another Holy War”. Poco rispetto, purtroppo, per il toccante ed intimo momento semi-acustico di “A Past And Future Secret”, rovinata a tratti dal fastidioso chiacchiericcio della gente. “And The Story Ends” ha posto fine alle ostilitá della parte centrale dello spettacolo, eseguita magistralmente dai Bardi e da un André Olbrich elevato a potenza, per una resa molto vicina a quella da disco, con solo qualche gustoso riarrangiamento e qualche aiuto fornito da basi vocali e musicali. Chiamati a gran voce dal pubblico con il solito ‘we want more!’, i Blind Guardian sono tornati su palco per un’altra manciata di brani, chiusa dal terzetto immortale composto da “Valhalla”, allungata con l’infinito coro dell’audience, “The Bard’s Song”, cantata proprio da tutti quanti, e l’apoteosi globale a nome “Mirror Mirror”. Infine, giusto per non scontentare nessuno, neanche dopo due ore di solido show, a grande richiesta i Bardi concedono al tripudio della folla anche “Majesty”, dal vecchissimo “Battalions Of Fear”. Un concerto favoloso, retto alla grande da una formazione ormai degna di entrare nel gotha dei Gods Of Metal, il cui punto forte – chi l’avrebbe mai detto ‘anta anni fa? – é Hansi Kursch, divenuto cantante di gran qualitá e frontman umile, simpatico e adattissimo per l’attitudine della sua ciurma (in quale manuale é scritto che un frontman debba essere sbracone più degli Steel Panther, quando il feeling con i fan é enorme?). A presto, cari Blind Guardian, vivissimi complimenti!
(Marco Gallarati)

Brevi considerazioni finali
Interveniamo a mente fredda e a report ormai pubblicato per buttare giù qualche breve considerazione sulla riuscita del festival: l’affluenza, come previsto, non è stata mastodontica, sul tiro di poche migliaia di unità. Ciò ha portato, però, alla larga disposizione di spazio pro-capite in una location fin troppo grande e ampia per la portata raggiunta dalla neonata manifestazione. Anche le code per rifocillarsi di birra e/o acqua sono state abbondantemente sopportabili, mentre un po’ troppo scarse le zone ristoro: solo due punti in cui poter prendere da mangiare, peraltro aperti non da subito ma solo nel corso della giornata, hanno causato lunghe file di gente in attesa di hamburger o toast (chi scrive ha personalmente atteso quaranta minuti per avere il suo panino). Più che sufficienti la dislocazione ed il numero dei bagni chimici, così come la presenza, lontana dal palco, di spazi erbosi in cui stendersi a riposare o anche godersi da lontano lo spettacolo. Data la giornata sì calda ma non particolarmente afosa e insopportabile, la presenza di punti acqua è stata gradita e neanche troppo gremita. Zanzare e polvere, infine, ma sono elementi fisiologici della venue e del periodo dell’anno, hanno avuto vita facile sui corpi dei metallari presenti. I controlli all’ingresso, dalle voci udite dal popolo, sono stati molto accurati, con più di una perquisizione e di un passaggio ai metal-detektor e il sequestro di diverso materiale, tra cui gli accendini sembrano essere stati tra i più rimpianti. Si è sentito parecchio, oltretutto, il mancato reclutamento di stand di merchandise e ‘ciarpame’ vario: lasciare per una giornata intera una cospicua fetta di metallari a dover solo decidere cosa mangiare o bere, oppure se vedere un gruppo suonare o no, non è mai confortante. Sperando che l’organizzazione sia rientrata almeno nelle spese sostenute per ospitare l’evento, ci auguriamo che l’anno prossimo si possa ripetere un happening del genere, magari in una location un po’ meno ambiziosa e più consona al ‘richiamo’ che portano le band di volta in volta convocate e con qualche logico ritocco all’organizzazione generale.

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