14/01/2017 - BATUSHKA + ARKONA (POL) – San Donà di Piave (VE) @ Revolver Club - San Donà Di Piave (VE)

Pubblicato il 20/01/2017 da

Report a cura di Chiara Franchi

A poco più di un anno dal loro debutto discografico, i misteriosi Batushka si stanno affermando sempre più come LA nuova proposta sulla scena black europea. La band può crogiolarsi tra gli allori conferiti da pubblico e critica al suo “Litourgiya” che anche qui, nella redazione di Metalitalia.com, ha sedotto cuori e timpani col suo mix di riff taglienti e cori che paiono risuonare direttamente delle laure del Monte Athos. Una proposta musicale così insolita (corredata da una presentazione scenica forse non altrettanto originale, ma sicuramente accattivante) non poteva non stuzzicare la nostra curiosità rispetto alla sua efficacia in sede live. Eccoci dunque pieni di aspettative sul parterre di un Revolver Club piuttosto affollato, dove si respira un clima di grande attesa per la performance “liturgica” degli otto incappucciati. Prima di assistere alla celebrazione officiata dai Batushka, ci aspetta lo show di una ben più rodata formazione polacca – gli Arkona – impegnati nella promozione del gradevolissimo “Lunaris”. Portiamoci dunque in una posizione che garantisca buona visibilità e buon ascolto, e diamo inizio senza altri indugi alla serata.

 

 

ARKONA

Confessiamo che ascoltando “Lunaris”, ultimo full length dato alle stampe dagli Arkona, erano sorti in noi alcuni dubbi su quanto la location di stasera avrebbe potuto rendergli giustizia: il Revolver infatti, per quanto accogliente, a volte si rivela una vera e propria sfida per l’abilità dei fonici. Dubbi piacevolmente smentiti dalla stessa band, che si dimostra fin da subito padrona della situazione. I primi brani si susseguono in un crescendo di atmosfera e potenza, riempiendo la sala della maestosa tenebrosità che caratterizza il sound della combo polacca. Dal punto di vista tecnico, la performance non presenta particolari sbavature e i pezzi risultano convincenti sotto tutti i punti di vista. Oscurità, possanza e malinconia si fondono in una solida coesione di riff e drum fill. Sfortunatamente, ciò di cui gode l’orecchio non trova corrispondenza in ciò che l’occhio vede. Per carità, il look non è tutto e il valore di un artista non si misura sulla sua immagine, ma le mise quasi caricaturali dei componenti della band unite al mesto lenzuolo pasticciato che funge da backdrop stridono un po’ troppo con l’epicità della proposta musicale. L’ascolto si fa sempre più impegnativo mentre la torrenziale setlist aggira la boa dei trenta minuti, poi quella dei quaranta, poi quella dei quarantacinque. Gli Arkona restano sul palco per oltre cinquanta minuti, dieci più di quanto concederanno gli headliner: troppo, anche in ragione della sovrabbondanza sonora della loro pur valida performance, che col passare del tempo tende un po’ ad impantanarsi nella ripetitività. Verso la fine dell’esibizione constatiamo che il pubblico è soddisfatto ma stanco, e che molti cominciano a migrare verso il bar. Nel complesso, l’impressione è che all’indiscutibile bravura degli Arkona non faccia da contraltare una “tattica” altrettanto vincente di coinvolgimento della platea. Tenendo conto che siamo davanti ad una band con una carriera più che ventennale, ci sembra più onesto confermare il nostro plauso per ciò che di (molto) buono abbiamo sentito, piuttosto che augurarci un eventuale progresso futuro sul piano della presenza scenica.

 

BATUSHKA

Sono ormai le 23:30 passate quando la processione dei Batushka incede on stage, in un cupo ondeggiare di cappe nere. L’allestimento del palco è quasi teatrale: su tutto, tra ceri e teschi, troneggia l’icona che fa da copertina a “Litourgyia”. Le prime note dell’album accompagnano l’ingresso del monolitico frontman, che prende posto al centro della scena, dietro il leggio, aspergendo la sala con inebrianti fumi d’incenso. L’attesa è altissima, l’atmosfera carica e sicuramente non sono i suoni infelici che penalizzeranno i brani d’apertura (specie sui cantati) a smorzare l’entusiasmo del pubblico. La concentratissima platea segue in religioso silenzio la performance, che sul piano musicale si rivela fin da subito più che convincente: la totale assenza di basi conferisce all’esibizione una particolare vividezza, specie per quanto riguarda la magistrale prova di intonazione dei coristi incappucciati. Degno di nota anche il peculiare contrasto tra le due voci del frontman/officiante, ipnotico sui puliti e tagliente nello scream. Nel complesso, è impossibile restare delusi dall’abilità degli otto uomini sul palco di riproporre la stessa oscura bellezza delle litanie che compongono quello che, a buon titolo, è stato uno dei più interessanti debutti dell’anno appena trascorso. Da parte nostra, siamo felicissimi di ritrovare nelle superbe “Yekteniya III” e “Yekteniya IV” le stesse armonie tra le chitarre a otto corde, la sezione ritmica e le ben cinque voci che tanto abbiamo apprezzato in cuffia. Però. Però anche i Batushka, come gli Arkona, peccano su alcuni aspetti meramente scenici della loro performance – e stavolta la colpa non è certo imputabile alla trascuratezza di costumi ed elementi decorativi. La nostra personale impressione è che i Bathuska, purtroppo, fatichino a presentarsi come qualcosa di più che dei musicisti mascherati impegnati a ripetere una sequenza di gesti studiati a memoria in sala prove. Il risultato è che per quanto la performance sia ineccepibile, il palco ben arredato, i costumi perfetti e tutto il resto, l’aura mistica di “Litourgyia” finisca per smorzarsi nella sua resa live. Abbiamo amato “Litourgyia” e il suo potere evocativo, capace di trasportarci nel buio dorato di una basilica ortodossa, di farci quasi sentire l’odore di incenso e di zolfo che emana: eppure, è difficile toglierci dalla testa l’impressione che nel dare vita alla loro creatura i Batushka le abbiano tolto un po’ di magia. Ciononostante, possiamo ribadire che la fedeltà con cui l’album viene riproposto dal vivo è notevole e che non ci sorprendono le indiscrezioni secondo le quali, sotto a quelle tuniche, si nasconderebbero volti celebri della scena polacca. Non riscontriamo pressoché alcuna variazione rispetto alla versione in studio, salvo brevissime parentesi riservate a gesti simbolici immancabili in ogni cerimonia che si rispetti: accensioni di lumi, effluvi d’incenso e l’aspersione con “acquasanta” per la benedizione di congedo. In tutto, la durata del live sfora di pochi minuti quella del disco. Mentre i musicisti si allontanano, abbiamo un’ulteriore conferma delle nostre precedenti impressioni. Avete presente quella sensazione di “ritorno sulla terra” che si prova alla fine di un concerto emotivamente molto coinvolgente? Ecco, purtroppo non l’abbiamo avvertita. Lo show dei Batushka dimostra grande talento e cura per i dettagli ma non riesce a ricreare, a nostro parere, quell’enigmaticità e quel pathos che danno alla loro musica una marcia in più. Non ci resta altro che attendere la loro prossima mossa.

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