03/03/2020 - БАТЮШКА + MALEVOLENT CREATION + KONKHRA @ The Dome - Londra (Gran Bretagna)

Pubblicato il 07/03/2020 da

Bartłomiej Krysiuk ha avuto la sua opportunità per convincere i fan. Ora tocca al suo rivale Krzysztof Drabikowski. Dopo la tanto chiacchierata scissione e la conseguente disputa legale (tuttora in corso), solo la versione dei Batushka guidata dal cantante, il suddetto Bartłomiej Krysiuk, aveva avuto modo di andare in tour in seguito alla pubblicazione del rispettivo nuovo album. Un tour per ora non particolarmente fortunato, fra date annullate per scarse prevendite e presunti problemi di salute. I Batushka del chitarrista e compositore Drabikowski invece, pur essendo ricorsi all’autoproduzione, sembrano viaggiare a vele spiegate, potendo contare sul supporto apparentemente incondizionato di una enorme legione di fan che evidentemente vede in loro l’unica vera incarnazione della band. “Панихида”, disco inizialmente rilasciato su Bandcamp la scorsa primavera, è stato un grande successo di pubblico e, dopo un’adeguata preparazione, il gruppo polacco si è deciso a portarlo in sede live con un tour diviso in due parti: Europa centrale e Regno Unito in inverno, Mediterraneo e resto d’Europa dopo l’estate, con tappa anche al nostro Metalitalia.com Festival del 26 settembre. Ad accompagnare Drabikowski e compagni troviamo i death metaller Malevolent Creation (che si uniranno ai polacchi anche fra qualche mese) e i redivivi Konkhra, death-thrasher danesi di lungo corso. Il Dome, il locale che ospita la tappa londinese del tour, è sold out da tempo, indice appunto della grande popolarità di cui gode questa incarnazione dei Batushka. Riusciamo ad entrare poco dopo l’inizio del concerto degli opener e la sala pare già piuttosto gremita…

I KONKHRA sono oggettivamente un cosiddetto pesce fuor d’acqua in questo contesto. Il pubblico dei Batushka, abituato evidentemente a proposte più melodiche e atmosferiche, non pare avere molta familiarità con la band di Anders Lundemark e le sonorità death, thrash e groove metal che la contraddistinguono lasciano freddini gli astanti, complici anche dei suoni un po’ impastati. Per molti i danesi sono quasi dei perfetti sconosciuti, ma, d’altronde, il gruppo non ha certo avuto una carriera lineare e solo i più maturi in sala si ricordano certi loro exploit negli anni Novanta. Nel finale, “Facelift” fa muovere la testa di qualcuno, tuttavia in generale il loro show da l’impressione di essere stato poco apprezzato. Le cose vanno meglio per i MALEVOLENT CREATION, storica realtà che, nonostante vari alti e bassi a livello discografico e numerosissimi cambi di formazione, non ha mai smesso di essere presente sul mercato. Questo è il primo tour per la nuova line-up del gruppo, oggi un quartetto con il leader Phil Fasciana alla chitarra, Lee Wollenschlaeger alla chitarra e voce, Josh Gibbs al basso e Ron Parmer alla batteria. Qualche piccola sbavatura sul fronte esecutivo fa subito intendere che l’affiatamento dei quattro non sia ancora al top, ma con il passare dei minuti i musicisti si scaldano e l’impatto migliora. Wollenschlaeger non è un frontman sopra le righe, ma fa tutto quello che deve fare con competenza e per fortuna a questo punto nel pubblico vi sono vari fan della band che rispondono ai suoi incitamenti. Ottimo invece Parmer ai tamburi: già con Perdition Temple, Amon e Brutality, il drummer si rivela davvero preparato e incisivo, arrivando anche a suonare un paio di assoli a metà e nel finale del set. Il resto lo fa il repertorio: con pezzi come “Living In Fear”, “The Will To Kill”, “Eve of the Apocalypse” e “Coronation of Our Domain”, i Malevolent Creation vanno sul sicuro e, nonostante l’enorme differenza a livello di suoni e attitudine, riescono a conquistare buona parte della platea.
Il cambio palco è lungo, ma l’allestimento scenico dei BATUSHKA è ormai noto a tutti e non ci si stupisce nel vedere persone correre in lungo e in largo con in mano tappeti, candelabri, incenso, effigi e quant’altro. Quando sul palco tutto è pronto per questa funzione ortodossa in chiave metal, parte un lungo intro registrato e i musicisti fanno lentamente il loro ingresso. Come da copione, ci troviamo davanti delle figure che ricalcano dei sacerdoti della chiesa ortodossa russa, officianti di un rito che non prevede contatto con il pubblico, altre forme di interazione ed espressioni di coinvolgimento. La formazione suona esattamente come su disco (anche perchè aiutata da basi per certe parti corali), ciononostante, rispetto a qualche anno fa, si percepisce un altro tipo di calore nel corso della performance: la platea è talmente adorante che i musicisti, sotto quelle sgargianti tuniche, sembrano avere più spinta e fervore. La messa, oltre a quanto già illustrato, non prevede cambi di posizione sul palco e alcun tipo di movimento, ma, se si pensa ai primi concerti di alcuni anni fa, si ha davvero la sensazione che qualcosa sia cambiato: sembra che Drabikowski e compagni siano più che mai consapevoli che i fan hanno scelto loro e ciò si traduce in una prova più intensa e potente, più ‘umana’, pur con tutte le limitazioni dovute alla particolare natura dello spettacolo. A livello di scaletta, lo show ricalca la formula dei primi tour, con il disco di recente pubblicazione – in questo caso “Панихида” – proposto per intero senza interruzioni. Proprio per sottolineare il suo status di ‘true’ Batushka, la formazione tuttavia fa esplodere nel finale il già classico “Yekteniya I: Ochishcheniye”, ottenendo una risposta enorme da parte degli astanti, che evidentemente non aspettavano altro. Insomma, i black metaller polacchi vincono a mani basse e si confermano una realtà ormai ampiamente consolidata, a dispetto delle tanto pubblicizzate diatribe legali sul controllo del nome. Musicalmente, non saranno il gruppo più geniale in circolazione – come sempre in questi casi un’immagine curatissima e dal grande impatto aiuta parecchio nel nascondere alcuni limiti del songwriting – tuttavia non si può evitare di riconoscere l’ambizione e la professionalità di Drabikowski, il quale sta cercando di portare avanti un proprio discorso e di creare qualcosa di insolito (anche se non unico) in un panorama che da sempre ha un debole per le coreografie ben architettate. Attendiamo ora nuovi aggiornamenti dal tribunale.

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