Introduzione e report di Roberto Guerra
Fotografie di Simona Luchini
Dopo averli visti in tantissime occasioni differenti, tra festival ed esibizioni di supporto ad altre realtà più importanti, siamo finalmente qui a parlarvi della prima data da headliner in territorio italiano di una band che, col passare del tempo, ha letteralmente fatto breccia nel mercato come pochi altri, nel loro filone, sono stati in grado di fare negli ultimi anni. Anzi, volendoci mettere una punta di malizia, potremmo dire che il buon Anton Kabanen abbia letteralmente bissato il successo ottenuto con la sua band precedente, riuscendo di fatto ad elevare i suoi Beast In Black su un gradino molto alro, dal quale ora la line-up finlandese osserva il panorama musicale con fare accomodante e sprezzante allo stesso tempo. In un mercoledì di inizio febbraio il Live Club di Trezzo sull’Adda si appresta quindi ad accogliere una line-up musicale la cui popolarità è evidentemente destinata ad incrementarsi ancora nei prossimi tempi, ma non prima di aver dedicato una sana parentesi ad una realtà che, viceversa, non ha forse mai ricevuto le giuste attenzioni all’interno della scena, eccezion fatta ovviamente per il focoso fondatore alla sei corde. Inoltre, siamo felici di poterci godere un concerto di due sole band, per una volta senza la proverbiale fretta di arrivare all’ora giusta, dato l’orario d’inizio pratico e per niente proibitivo. Buona lettura!
FIREWIND
La band capitanata dal vulcanico Gus G non ha certo bisogno di presentazioni, in quanto anche i neofiti li avranno sentiti menzionare almeno una volta, non foss’altro per la militanza del sopracitato virtuoso della sei corde all’interno della band di Sua Maestà Ozzy Osbourne anni addietro. Tuttavia è innegabile che la storia non sia stata proprio il massimo della clemenza con la heavy/power metal band greca qui presente, vessata da una parte da cambi di formazione che hanno avuto più peso del previsto sulla percezione degli ascoltatori nei loro confronti (soprattutto per quanto riguarda il ruolo di cantante), e dall’altra da quella sempre presente competizione fittizia che, inevitabilmente, finisce col lasciare alcune band indietro rispetto ad altre, in un mercato talvolta spietato e non sempre meritocratico.
Malgrado ciò, stasera notiamo con piacere che l’incarnazione attuale dei Firewind ha davvero parecchio carburante da erogare, a prescindere che si tratti di veri e propri brani completi, o dell’immancabile assolo sulla strumentale “The Fire And The Fury” compreso di chitarra ardente, per la gioia di tutti i chitarristi presenti in sala. I pezzi selezionati, incluso il già menzionato e ben noto sfoggio di capacità, sono purtroppo solo nove, tra i quali figurano due estratti del recentissimo album autotitolato, inclusa la iniziale “Welcome To the Empire”, ben tre dai primi due apprezzatissimi lavori della band, due dal periodo ‘di mezzo’ e, ultime ma non ultime, due chicche: l’inedita e nuovissima “Destiny Is Calling” e la cover di “Maniac” di Michael Sembello.
In generale l’esecuzione appare grintosa, pulita e inattaccabile sul fronte chitarristico; un relativo problema si può però identificare nel fatto che il buon Herbie Langhans dietro al microfono riesca sì perfettamente a valorizzare i brani più recenti registrati con la sua voce – nonché la fomentante “Ode To Leonidas”, originariamente cantata da Henning Basse – mancando però parzialmente di efficacia su quelli in cui a spingere sulle corde vocali erano gli iconici Stephen Fredrick e Apollo Papathanasio. Similmente, sentire “Head Up High” senza il contributo di Bob Katsionis ci ha lasciato un po’ di amaro in bocca, ma riconosciamo si tratti di considerazioni tutto sommato personali e non identificative della buona riuscita di uno show ben confezionato, e che ci auguriamo di poter presto saggiare in versione completa.
Setlist:
Welcome To The Empire
I Am The Anger
Head Up High
Destination Forever
The Fire And The Fury
Ode To Leonidas
Destiny Is Calling
Rising Fire
Maniac (Michael Sembello cover)
BEAST IN BLACK
I due busti di donne cibernetiche illuminati sul palco annunciano l’arrivo on stage degli headliner della serata, che irrompono nella location sulle luminose note di “Blade Runner”, opener del recentissimo lavoro in studio “Dark Connection”, da noi recensito con sommo gaudio al momento dell’uscita. I suoni inizialmente mancano leggermente di potenza, ma è una caratteristica che viene risolta piuttosto in fretta, permettendo a tutti di ricevere il feedback sonoro adeguato durante tutti i diciassette pezzi presenti in scaletta, cantati e interpretati da quel fenomeno della natura che risponde al nome di Yannis Papdopoulos, il cui assoluto virtuosismo vocale sulle tonalità più alte valorizzerebbe almeno tre quarti di tutto ciò che è metal classico, heavy, hard rock o power che sia. Se poi lo abbiniamo agli strilli intonati dello stesso Anton Kabanen ,che tanto avevano valorizzato le prime uscite dei Battle Beast, il livello viene ulteriormente incrementato.
Per quanto riguarda il comparto strumentale, lo diciamo tutte le volte, ci fa sempre dispiacere non vedere una tastiera sul palco, ma dobbiamo ammettere che Anton e i ragazzi portano a casa lo spettacolo con simpatia e possanza, fornendoci un’esecuzione tanto essenziale quanto perfettamente tarata per quella che è la loro proposta: che si tratti di fucilate come “Revengeance Machine”, tempi medi come “Eternal Fire” e “Unlimited Sin”, o persino parentesi tamarre come “Crazy, Mad, Insane” e “Hardcore”, il risultato è sempre e comunque garantito. Il vero punto di forza dei Beast In Black però è la capacità di farsi cantare a gran voce, ficcando nella testa di ogni astante la propria visione di melodia ed estro catchy ad ogni singolo passaggio, toccando il proprio apice con singoli del calibro di “Die By The Blade”, “Sweet True Lies” e “Blind And Frozen”. C’è posto persino per la ballad “Oceandeep” e per un simpatico siparietto in cui il chitarrista Kasperi Heikkinen ci diletta con una simpatica esecuzione dell’inconfondibile tema centrale di Super Mario sulla sua Ibanez verde, per la gioia di nerd e videogiocatori da strapazzo.
L’encore è la proverbiale ciliegina sulla torta, composto in questo caso da “Cry Out For A Hero” e “One Night In Tokyo”, con la conclusione affidata, come sempre, alla profetica “The End Of The World” e al suo fomentante ritornello, che a suo modo riassume la nostra considerazione di questa line-up già molto discussa, ma anche dannatamente amata; la quantità di date sold-out e l’affluenza comunque ben oltre le aspettative presente questa sera ne sono una testimonianza non indifferente, e questo nonostante la presenza degli Electric Callboy all’Alcatraz nel corso della medesima serata.
Per quanto ci riguarda il metal melodico ha bisogno di formazioni come i Beast In Black, che riescono nella non facile impresa di mettere insieme sonorità metal classiche e rimandi di stampo pop di varia natura senza mai risultare stucchevoli o privi di grinta, e ci auguriamo che il percorso per loro possa portarli sulla vetta del mondo, com’è stato per altri colleghi divenuti illustri nel corso degli anni.
Setlist:
Blade Runner
Eternal Fire
Die By The Blade
Revengeance Machine
Unlimited Sin
Moonlight Rendezvous
Crazy, Mad, Insane
Sweet True Lies
To The Last Drop Of Blood
Oceandeep
Beast In Black
Hardcore
Born Again
Blind And Frozen
Cry Out For A hero
One Night In Tokyo
End Of The World