La rediviva attività live della cult black metal band per eccellenza, i Beherit, passa finalmente anche dall’Italia per una prima, storica, data milanese a seguito di una gloriosa calata in Sud America, dove i finlandesi hanno registrato date sold-out in teatri e palazzetti dalle dimensioni considerevoli.
Raccolti tra le mura più intime del Legend, anche i tanti appassionati italiani hanno strappato tutti i biglietti in cassa per la serata di stasera, riempiendo il locale di gente e di un’atmosfera vivida e sentita. Dopo la doppia esibizione a Tokyo nel 2024 – ovvero il primo concerto dopo trentuno anni di inattività live ed il primo assoluto fuori dalla Finlandia – i Nostri hanno partecipato nei mesi successivi ad una selezionata serie di serate dal sapore mistico ed oscuro, elevando un alone di interesse crescente dietro il loro inatteso ritorno sui palchi.
A testimonianza di questa rinascita performativa è stato rilasciato persino un live album, contenente lo show della band a Praga e portatore di una carica maligna e devastante che rende ansiosi di verificare il loro carico di violenza anche in questo appuntamento italiano.
La scelta delle band in apertura non può certo definirsi banale, visto che nessuno dei tre gruppi si avvicina molto al pur variegato universo stilistico dei Beherit: si è puntato sicuramente sulla diversificazione, inserendo delle realtà che esprimessero a modo loro un’affinità complementare al terrore sonoro di Nuclear Holocausto Vengeance e soci, secondo una scelta coraggiosa, ma nel complesso ben recepita dal pubblico.
Attraverso l’ardore degli Extirpation, l’alienazione dei Gorrch e l’ampiezza atmosferica dei Devoid Of Thought, è stata ben spianata la strada per un concerto memorabile, apprezzato da tutti coloro che vivono quotidianamente sulla loro pelle l’eredità artistica e concettuale di questi pionieri finlandesi della musica oscura e maligna a tutto campo.
Dotato di un bar esterno e di ampi spazi all’aperto, il Legend Club apre le porte già dal tardo pomeriggio, permettendo da subito a molti metallari di radunarsi prima del concerto per scambiare quattro chiacchere, bere una birra e visitare i nutriti banchetti della distro e del merchandise disposti per l’occasione. Considerate le contenute dimensioni interne del locale, non ci vorrà molto prima di riempire lo spazio davanti al palco, in attesa dell’inizio dell’evento.
Quando gli EXTIRPATION guadagnano la scena quindi, possono contare da subito su di un pubblico numeroso che segue con interesse la performance della band.
Sicuramente i più fedeli ad un’attitudine old-school dal sapore ottantiano, gli Extirpation propongono una fusione tra speed, thrash e black metal veloce e pungente, senza confini certi tra i vari stili e sempre a cavallo tra aggressività, forza e melodia.
A causa di un momentaneo infortunio interno, la formazione è stata riadattata per l’occasione con alcuni avvicendamenti al basso, ma ciononostante si muove compatta ed unita durante il susseguirsi delle canzoni.
Si ha modo per la prima volta di vedere Okrim dietro le pelli, nuovo batterista che dona una marcia in più all’esibizione dei cinque, grazie ad un blast-beat potente e degli uptempo martellanti che esaltano a dovere il doppio lavoro delle chitarre, mentre meno incisivo risulta talvolta l’apporto vocale di Darak, forse poco avvezzo ad esibirsi senza ricoprire anche il ruolo di bassista.
Ad ogni modo, le connotazioni vicine al metal classico e alle prime incarnazioni “ibride” dedite all’estremo, vengono interpretate con passione dagli Extirpation, che regalano ad un pubblico attento una prestazione calorosa e scenicamente accattivante, per un’introduzione scoppiettante a quello che ci aspetta successivamente.
Non è necessario un lungo cambio palco prima che il misterioso duo dei GORRCH appaia coperto dal fumo e dall’oscurità: proprio come la loro musica, criptica e misterica, anche l’immagine dei due fratelli è celata e poco chiara, creando da subito un clima altero ed inospitale che affascina i presenti.
Nascosti dalle ombre e dai propri strumenti, i musicisti intessono una fitta rete di dissonanti scariche di black metal atmosferico, avvolte intorno a loro stesse e ad arrangiamenti inusuali della chitarra, che sfugge costantemente ad un senso logico compiuto per appoggiarsi solo saltuariamente a riff o melodie chiaramente comprensibili. Su tutto, regna sovrano il blast-beat perenne di Chimsicrin, motore ritmico e cantante del progetto il quale, grazie ad un drumming ripetitivo e metriche vocali dilatate, dona un carattere ipnotico, quasi psichedelico ai brani della scaletta, consentendo di immergersi gradualmente nell’atmosfera da incubo evocata dal duo.
L’intensità dell’esibizione cresce col tempo, così come il sentimento di desolazione labirintica che si sprigiona sul palco pezzo dopo pezzo, senza alcuna pietà. A spezzare il maleficio, ci sono solo colpi di piatti distanti e frenetiche progressioni alle sei corde, mentre un minaccioso drone ambient accompagna di sottofondo l’operato degli strumenti tradizionali.
Per nulla incline al compromesso, la proposta dei Gorrch si ritaglia uno spazio distintivo all’interno della serata, configurandosi come una parentesi sia ostile che intrigante, che lascia i presenti ammaliati e senza parole al termine del concerto.
Dal punto di vista prettamente stilistico, la presenza dei DEVOID OF THOUGHT nel bill della serata è sicuramente la più azzardata, considerato il death metal tecnicamente elaborato presentato sul palco dal gruppo: ciononostante, la loro prestazione funge da piacevole momento di rottura rispetto alla monotonia catatonica dei Gorrch, ed un’apertura suggestiva a certe istanze cosmiche che verranno in parte affrontate anche dagli headliner più avanti nella serata.
Come dimostrato nell’ottimo esordio a nome “Outer World Graves”, il punto di forza dei lombardi risiede nella capacità di passare da massicci momenti death metal a passaggi ed arpeggi atmosferici con grande dinamicità, senza disdegnare veloci fraseggi alla chitarra o al basso, o sfuriate poderose alla batteria.
L’incedere denso e sinuoso di alcuni episodi coinvolge particolarmente il pubblico, che pur leggermente spaesato dai momenti più intricati, circonda la band di un supporto continuo e caloroso.
Unendo le trame dei Gorguts, le evoluzioni degli Origin ed il feeling progressive dei Blood Incantation, i Devoid Of Thought portano a casa uno show multiforme, che pur nella sua complessità, si lascia seguire con crescente interesse.
Dopo poco più di mezz’ora, i quattro concludono una scaletta intensa priva di momenti di fiacca, dove si è cercato in poco tempo di concentrare il meglio di una discografia ridotta ma valente. Certi che un altro tipo di contesto avrebbe giovato alla prova dei nostri, apprezziamo l’autorevolezza con cui si sono approcciati alla loro posizione, mentre iniziano i preparativi per la portata principale di questo importante evento milanese.
Una volta allestito il palco, inclusa la misteriosa postazione dedicata a sintetizzatori e a noise machine, gli adepti accorsi al Legend vengono richiamati al sabba dall’oscuro alone ambient che si propaga minaccioso dalle casse del locale: sono minuti suggestivi, di preparazione e raccoglimento, prima di assistere ad un evento unico senza precedenti storici in Italia.
Il climax sale convulsamente insieme agli inquietanti droni in sottofondo, fino a che Nuclear Holocausto Vengeance prima, Sodomatic Slaughter e gli altri poi, irrompono sulla scena in un boato di estasi generale.
La blasfema invocazione iniziale si conclude, e “Black Arts” principia un rituale trascendentale segnato dal sudore del pubblico, l’empia esibizione sul palco dei BEHERIT ed un’evocazione del Male attraverso ogni mezzo possibile, musicale e non. Oltre a distorsioni, chitarre e batteria infatti, gran parte dello spettacolo sarà incentrato sui lunghi interventi noise ed ambient tra pezzo e pezzo, sugli effetti inumani alla voce di Holocausto Vengeance e sulla batteria di Sodomatic Slaughter, tutti elementi ‘ulteriori’ al metal che hanno da sempre contraddistinto la discussa discografia dei finnici.
Oggi, ad oltre trenta anni dal loro concepimento, tutti gli ingredienti del loro sound trovano una dimensione perfetta, un equilibrio ed un’importanza necessaria, nel maleficio alchemico che si sprigiona sul palco del Legend, rendendo terribilmente coerente e nitido un percorso artistico frastagliato ed eterogeneo come il loro.
Incentrata primariamente su “Drawing Down The Moon”, la setlist si compone di capolavori come “Salomon’s Gate”, “Nocturnal Evil” e “Sadomatic Rites”, presentate in rapida successione e capaci di scatenare un delirio assassino nel pogo, prima di tornare ancora più indietro nel tempo, ai fasti di “The Oath Of Black Blood”, con “Grave Desecration” e “Witchcraft”, non a caso interpretate alla voce dal più recente acquisto alla chitarra, Black Moon Necromancer Of Hades – paradossalmente il più giovane, eppure il più vicino all’estetica e al Verbo dei primi Beherit.
Ecco però che il mastermind rientra protagonista per “Pagan Moon” e “All In Satan”, estratti dal più recente “Engram”, prima di tornare ad una totale celebrazione del passato con “Unholy Pagan Fire” e “The Gate Of Nanna”, inni demoniaci cantati a squarciagola da molti dei presenti in sala.
Si conclude così uno spettacolo incredibile per potenza, malvagità e freschezza: lungi dall’indulgere nell’anacronismo in cui un nome come il loro avrebbe potuto sguazzare, i Beherit portano sul palco uno spettacolo trasversale, attuale, capace di un sentimento di sperimentazione e sincera cattiveria che manca a tantissime delle band oggi in circolazione.
Per stasera, il Male ha trionfato, ed un moniker divenuto leggendario tramite tapes, vinili, ‘zine e tramite passaparola oltre tre decadi fa, ha avuto finalmente la sua degna rappresentazione anche in carne ed ossa, suggellando il definitivo trionfo dei Beherit tra i pionieri della musica estrema mondiale.
Beherit Setlist
Intro
Black Arts
Intro (Tireheb)
Salomon’s Gate
Nocturnal Evil
Sadomatic Rites
Intro (Temple)
Grave Desecration
Witchcraft
Pagan Moon
All in Satan
Intro (Kode)
Unholy Pagan Fire
The Gate Of Nanna
Outro