Report di Alessandro Elli con la collaborazione di Sara Sostini
Foto di Nicolette Radoi
Il Black Inside, piccolo ma accogliente locale situato a Lonate Ceppino, sta acquistando parecchio credito tra gli appassionati di death metal nelle diverse accezioni del genere grazie a serate con band di culto e ad un’organizzazione ottimale.
Questa sera sul palco del locale, si incrociano – grazie all’instancabile operato della Necrotheism Prod. nostrana – in un’unica data due tour, entrambi con destinazione finale Kill-Town Death Fest (l’happening danese diventato oramai un punto di riferimento per le sonorità underground più estreme): uno, organizzato direttamente dalla Killtown Booking, che vede insieme i californiani Ascended Dead, freschi del nuovo album “Evenfall Of The Apocalypse”, autori di un death metal vecchia scuola basato sulla ferocia e sull’impatto, e i death metaller Deteriorot, nati in North Carolina addirittura all’inizio degli anni ’90 e protagonisti di una carriera che li ha visti produrre poche uscite e con un numero esiguo di esibizioni dal vivo.
L’altro, con protagonisti gli italiani Fuoco Fatuo, quartetto con tre album e dodici anni di storia alle spalle, dedito ad un doom/death metal che con il tempo si è evoluto verso soluzioni funeral ed i Bell Witch, da Seattle, semplicemente la band che, negli ultimi anni, ha ridefinito i canoni del funeral doom grazie ad un approccio personale ed originale, ottenendo consensi unanimi un po’ ovunque.
Un bill che si prospetta interessante per appassionati di diverse sonorità, ed infatti il traffico attorno al locale e la difficoltà nel trovare un parcheggio nelle immediate vicinanze sono segnali evidenti che la partecipazione alla serata sarà consistente: molto tempo prima dell’inizio, infatti, all’ingresso verrà esposto il cartello che annuncia il sold-out (già praticamente dato per certo nei giorni precedenti, vista la disponibilità limitata di ‘soli’ centotrenta biglietti per la serata), mentre un pubblico in continuo aumento inizia a riempire il bar in attesa dei concerti.
La partenza è affidata ai padroni di casa, i varesini FUOCO FATUO: la loro prestazione è, al solito, intensa e vigorosa, un’interpretazione del funeral doom lontana dall’immobilismo classico del genere e con chiare derive death metal e post-hardcore che vanno a completare uno spettro sonoro ampio e variegato. Nonostante ciò, ancor più che su disco, la loro proposta risulta opprimente (sensazione, questa, ampliata dalle temperature da fornace infernale all’interno del locale), anche grazie ai volumi veramente altissimi e ad un allestimento spartano, con il solo logo della band proiettato sullo sfondo e dei teschi animali ad ornare il palco.
Il set è incentrato sull’ultimo “Obsidian Katabasis”, nel quale sono presenti sfumature psichedeliche e momenti stralunati, resi alla perfezione da un cantato allucinato e da una sezione ritmica potente quanto basta, mentre le chitarre si producono in riff malati e sepolti sotto tonnellate di distorsione. Il senso di desolazione e di estraniamento lascia attoniti i già numerosi presenti che, solo alla fine dell’esibizione, si lasciano andare ad un applauso liberatorio.
E’ ora il turno degli ASCENDED DEAD: già prima del concerto, la band americana dà dimostrazione della propria genuinità, interloquendo e scherzando con chiunque si avvicinasse al loro banchetto, e facendo intuire la passione che avrebbero messo una volta sul palcoscenico. I quattro sono la perfetta rappresentazione di un certo tipo di metal, con il loro look tutto borchie e sudore e i più classici atteggiamenti truci, ma suonano con una ferocia ed una convinzione per cui il coinvolgimento del pubblico risulta inevitabile.
Il death metal dei californiani è frenetico e brutale, un vero e proprio assalto che sembra non volersi fermare mai, ma allo stesso tempo non mancano cambi di tempo che denotano una certa padronanza degli strumenti utilizzati; semplificando, è un po’ come se il suono primigenio di band quali Sarcofago o Possessed fosse mitigato nella sua esecuzione da una più che discreta tecnica strumentale. Anche in questo caso uno sfondo minimale contribuisce a rendere la prestazione più rude e spigolosa, ma ciò che fa la differenza è l’attitudine battagliera: senza troppi fronzoli, è impossibile non scapocciare di fronte a questi brani.
Quando i DETERIOROT entrano in scena, purtroppo, i presenti sono molto pochi: forse il loro nome è quello che, nella serata, ha meno appeal, poiché gli statunitensi negli anni non hanno mai raccolto molto, con soli tre album a dispetto di una carriera più che trentennale, ma agli occhi degli appassionati sono una band storica, perlomeno dal punto di vista anagrafico, e una loro apparizione live dovrebbe essere oggetto di curiosità.
Anche in questo caso parliamo di un death metal decisamente ancorato al passato (riflesso anche nel logo sfocato e depixelato proiettato sullo sfondo, quasi una dichiarazione d’intenti sul fatto che non importi molto la forma o la presentazione all’interno di una proposta simile), in una reinterpretazione veemente ma non troppo originale delle sonorità anni ’90 di gruppi quali Incantation o Immolation, con l’unica variante di qualche inserto atmosferico nei pezzi del nuovo album “The Rebirth”. Il protagonista è sicuramente l’istrionico cantante e chitarrista Paul Zavaleta, unico membro originale della band, che tiene il centro del palco con carisma e sicurezza esibendosi nel suo growl sofferto; gli altri tre musicisti sono invece entrati da pochi mesi nel gruppo, da sempre soggetto a frequenti cambi di formazione, ma ciò non sembra intaccare in modo significativo la compattezza del suono. Non una proposta sconvolgente, ma uno show solido e sentito.
E’ da poco passata la mezzanotte ed è finalmente l’ora di quelli che saranno i mattatori della serata: i BELL WITCH occupano le loro postazioni e, senza alcuna presentazione, attaccano con “The Clandestine Gate”, unico pezzo del loro ultimo album ed anche unico pezzo suonato stasera.
Il colpo d’occhio è da subito strano e d’impatto, con il leader storico Dylan Desmond, il suo basso a sei corde ed una pedaliera gigantesca che occupano la sinistra del palcoscenico, ed al suo fianco il compagno Jesse Shreibman, circondato da batteria e gong; alle loro spalle uno schermo proietta immagini inquietanti e con effetto psichedelico a base di panorami naturali, figure incappucciate, candele. Il funeral doom degli americani raggiunge picchi di intensità elevatissima, lasciando gli astanti ammutoliti; i cambi di atmosfera ci accompagnano in un viaggio attraverso uno stato mentale che sta tra la vita e la morte e, più che i ragguardevoli volumi, a colpire sono le vibrazioni, con la componente drone molto più marcata che su disco.
Desmond si districa tra accordi, tapping, effetti e voce pulita, creando in partica tutte le melodie, mentre Shreibman colpisce il suo strumento con una furia inversamente proporzionale alla frequenza e sfodera un growling profondo e cavernoso. Il ritmo è sempre esasperante per la sua lentezza ed i suoni sono cupi e pesanti, in un insieme evocativo ed emozionante; neanche il caldo infernale all’interno della sala spinge il pubblico ad uscire per trovare un po’ di refrigerio, cosa che invece è accaduta spesso negli show precedenti (nonostante il tempo in peggioramento durante la serata).
Dopo un’ora abbondante, i due musicisti escono di scena all’improvviso, così come si erano presentati, lasciandoci un’esperienza che ricorderemo a lungo: i Bell Witch sono sicuramente la band, in ambito funeral doom, che più ha ottenuto riscontri nell’ultimo decennio, grazie all’ottima musica prodotta oltre che alla peculiarità della proposta, e per capirne il motivo è sicuramente necessario assistere ad una loro esibizione live.
Per i pochi rimasti, una sorpresa a fine concerto: un secret show di AROTTENBIT, progetto elettronico e marcissimo a 8-bit, giusto per chiosare in maniera ancora più unica la serata.
FUOCO FATUO
ASCENDED DEAD
DETERIOROT
BELL WITCH