La decisione di recarsi ad un concerto è un atto sì volontario, ma anche piuttosto casuale. Ci sono concerti decisi mesi prima, ma molti altri vengono scelti senza una forte volontà, magari solo per aggregarsi in compagnia di qualcuno. Poi c’è una dimensione molto intima: sono quei concerti che crescono dentro, perché si sente che in qualche modo è arrivato il momento di far ‘fiorire’ una relazione con un artista che si è sempre apprezzato ma che magari non si è mai considerato particolarmente fino a quel momento. Si sente, in qualche modo, che è arrivato ‘il momento’.
La scelta di partecipare ad una delle date italiane dei Birds In Row è nata quasi per caso, in un percorso di avvicinamento progressivo a dei musicisti che avevamo ascoltato e visto più volte nel passato, ma senza mai volerlo pienamente. Era davvero il momento fatidico – insomma – perché potessimo immergerci nel mondo dei Birds In Row.
Così, due giorni prima, complice la giusta compagnia di amici che avrebbero dato valore all’evento, ci siamo recati al persistente Bloom di Mezzago, invogliati anche molto dal supporto dei nostrani Øjne, altro interessantissimo gruppo del movimento emo-core (o post-core? o post-emo? Chissà, a volte le etichette non la raccontano mai giusta del tutto). Vediamo come è andata.
Non è un Bloom sold-out, quello che ci accoglie, ma capiamo subito che sicuramente sarà una serata molto positiva per il locale milanese che, grazie al cielo, è tignoso nel voler tirare dritto nella propria dimensione di punto di incontro per concerti ed eventi culturali, nonostante tutto e tutti: la realtà della provincia di Milano continua da tanti anni ad offrire spettacoli di qualità in una location accogliente e non possiamo che esserne contenti.
Arrivati pochi minuti prima del concerto, notiamo un elevato numero di persone in attesa nel plateatico e pochissimi minuti dopo essere entrati è già il momento degli ØJNE, in grande spolvero nell’ultimo biennio e di cui abbiamo assistito ad una incredibile esibizione in quel del Venezia Hardcore lo scorso anno.
“Prima Che Tutto Bruci” è ormai del 2017, ma ha lasciato tracce importanti nel cuore del pubblico italiano e fortunatamente la band lombarda ha deciso di tornare in attività in modo assiduo rilasciando il buon EP “Sogno #3” e ricominciando a spingere con i tour, sia dalle nostre parti ma anche oltreconfine.
C’è attesa per loro, è palese, e ci vuole davvero una piccolissima scintilla per accendere il pubblico del Bloom: bastano infatti le note di “Il Tempo Che Ho Perso” per scatenare l’entusiasmo dei presenti, aizzati dalla voce in italiano e dalla sezione ritmica galoppante dei nostri, che dal vivo tengono il suono del basso particolarmente in evidenza, accrescendo il groove.
Lo ribadiamo: per un genere come il post-core ‘emotivo’ e sognante come quello degli Øjne, la lingua madre è una meravigliosa aggiunta che ci permette di ascoltare vere e proprie poesie in musica. Da pelle d’oca, come al solito, la reazione del pubblico nella parte introduttiva di “Tredici”, cantata esplosivamente da tutti.
Dalla mezz’ora a loro dedicata spuntano anche “Ogni Inverno” e, ci è parso, anche la vecchia “Naufragio” con le sue parti strumentali importanti, tutte accolte splendidamente. C’è poco da dire, ma gli Øjne vivono, secondo noi, un momento di forma eccellente che, aiutata dall’evidente risposta positiva del pubblico, potrà solo farli crescere.
Dopo di loro tocca a QUENTIN SAUVE, che altri non è se non un membro degli stessi Birds In Row, in veste solista e decisamente inedita.
La sua proposta è un cantautorato voce/chitarra, sostenuto da basi elettroniche programmate in modo interessante: è una proposta decisamente lontana dalla furia del punk/hardcore della band madre, ma l’intermezzo a lui concesso è decisamente piacevole. Il nostro si posiziona su coordinate che si muovono dentro un recinto indie rock che non disdegna però incursioni nel pop di lusso e nella forma cantautoriale pura, quella che da quel capolavoro che è stato “Pink Moon” di Nick Drake ci ha regalato fenomenali personalità in grado di mettere a nudo i propri sentimenti e materializzarli in musica.
Per dare qualche riferimento in più, il progetto potrebbe essere abbastanza vicino alle esperienze di Antimatter e dei più recenti Anathema. Quentin stesso ci tiene, fra un brano e l’altro, a contestualizzare le ispirazioni delle canzoni, facendoci partecipi del suo spirito sognante.
Stiamo ascoltando da giorni il suo recente “Enjoy The View”, lo ammettiamo: a volte i concerti servono a scoprire nuove realtà e non solo a confermare la qualità di band che conosciamo.
Rimangono solo loro ormai, i BIRDS IN ROW, e il pubblico italiano è pronto a riceverli assiepandosi sotto palco poco prima delle 23.
Chi scrive ha avuto modo di sperimentare la potenza e l’impatto dei nostri lo scorso anno al Brutal Assault – in una situazione gremita di persone e sotto un sole cocente – e l’idea era quella di confermarla. Beh, siamo stati accontentati pienamente, visto che anche in una dimensione di piccolo club i tre sono un vero e proprio terremoto sonoro.
I power trio sono una forma musicale particolare – semplice e d’impatto – ma anche pericolosa, visto che può lasciare spazio a ‘vuoti’ di suono evidente in situazioni live. I nostri la padroneggiano invece benissimo, regalandoci uno show inappuntabile: B, perennemente ricurvo sul microfono e intento a gestire le chitarre fa da contraltare al basso metallico e disinvolto di Q (il Quentin Sauve” visto prima, qui in una essenziale identità punk); al centro invece troneggia la batteria essenziale dallo stile secco e sostenuto di J.
Quello che esce dalla loro alchimia sono i capolavori di “Gris Klein”, disco ormai datato 2022, una collezione di umori post-punk e post-hardcore venati di noise, qualche base elettronica e tantissima attitudine. E’ quello che ci vediamo riversare addosso: rabbia, impegno sociale, intimismo, rabbia inespressa. E’ un mondo socialmente impegnato, quello dei Birds In Row, che non mancano di ricordare la lotta a tutti i fascismi e l’impegno a promuovere ideali di uguaglianza e inclusione.
Non è certo però un comizio politico, quello dei nostri, che parlano poco e suonano molto, eseguendo una notevole quantità di brani dal citato “Gris Klein”, per tornare anche saltuariamente nel passato.
E’ impossibile, da parte nostra, rimanere fermi davanti a pallottole come “Water Wings”, “Daltonians” o “Noah” (tanto per citare la prima parte dello show, la più furibonda e diretta) e l’ormai gremita sala del Bloom gode appieno di quanto i tre transalpini hanno da offrire. Nella seconda parte i nostri si concedono qualche brano più rilassato che indugia su parti strumentali, ma sono sempre attimi, visto che la rabbia delle urla sgraziate di B resteranno sospese nell’aria per molto tempo, anche dopo la conclusione del loro acclamatissimo set. Possiamo ora dire che ci siamo innamorati ufficialmente dei Birds In Row.