articolo a cura di Andrea Raffaldini
Se i Black Sabbath non vengono in Italia, (Metal)Italia va ai Black Sabbath! La data italiana annullata non ha impedito di soddisfare la nostra voglia di rivedere dal vivo Ozzy Osbourne, Tony Iommi e Geezer Butler, per questo siamo volati a Londra ad assistere allo show tenuto dai padri dell’heavy metal alla prestigiosa O2 Arena. La location è organizzata in modo svizzero perché, nonostante le quasi ventimila persone presenti, non abbiamo fatto nessuna coda o avuto imprevisti, tutto si muoveva come un ingranaggio oliato alla perfezione. E l’acustica? Semplicemente perfetta, mozzafiato, i suoni di ogni singolo strumento ci arrivavano chiari e nitidi dalla prima all’ultima nota. Guardandosi attorno si vedeva di tutto, dai rocker degli anni Settanta, ai signori con consorti in giacca e cravatta, vecchie groupie e ancora i fan più giovani pronti a vedere i padri dell’heavy metal in azione.
UNCLE ACID AND THE DEADBEATS
La band inglese è perfetta come opening act, proprio per il suo stile che calza a pennello con il sound degli headliner. Il mix di doom e psichedelica offerto da brani come “Mt. Abraxas” e “Mind Crawler” affascina sin dalle prime note i presenti, che piano piano si avvicinano sempre di più sotto il palco. Il cantante Uncle Acid con la sua particolare voce è artefice di una performance di tutto rispetto che mette in luce tutta la personalità della formazione di Cambridge scoperta dalla Rise Above. “Valley Of The Dolls” ed “Over And Over Again” sono due tra i brani più ispirati della breve setlist concentrata in una quarantina di minuti. L’attitudine e le atmosfere sinistre della musica firmata Uncle Acid And The Deadbeats preparano il terreno per la calata dei Black Sabbath, tanto che a show terminato il pubblico è caldo e desideroso di ulteriore musica.
Scaletta:
Mt. Abraxas
Mind Crawler
I’ll Cut You Down
Death’s Door
Poison Apple
Valley of the Dolls
Over and Over Again
Desert Ceremony
BLACK SABBATH
Breve cambio palco, le luci sono ancora accese e lo stage è coperto, all’improvviso il vocione di Ozzy chiede alle migliaia di persone presenti: “How are You Doin’?”. Scoppia il boato, lo stage minimale, sovrastato da uno schermo gigante, viene scoperto mentre partono le note di “War Pigs”. Band e pubblico sono un tutt’uno, Tony Iommi concentrato macina i suoi riff, supportato dal fido Geezer al basso. In questa fase iniziale dello show Ozzy Osbourne appare in discreta forma, le sue proverbiali stonature appaiono limitate, ed esegue in modo più che dignitoso “Snowblind” e la recente “Age Of Reason”. Sono però i grandi classici ad attirare il favore incondizionato dei presenti, “Black Sabbath” con le sue campane infernali, “Behind The Wall Of Sleep” e “N.I.B.” ci riportano agli anni d’oro del rock duro, quando i Black Sabbath scioccavano con le loro sinistre melodie. La classe dell’accoppiata Iommi/Butler è fuori discussione, le chitarre sprigionano gusto e forza, mentre il funambolico Geezer martella il suo basso con una fluidità micidiale. Non mancano purtroppo alcune note dolenti, su tutte un Tommy Clufetos a nostro avviso inadatto a sedere dietro le pelli della band di Birmingham. Sia chiaro, Clufetos non è l’ultimo arrivato, siamo di fronte ad un picchiatore potentissimo che offre anche il giusto spettacolo visivo, ma questo non basta. I brani dei Black Sabbath infatti non hanno bisogno di un batterista che suoni in modo potente e brutale dall’inizio alla fine del concerto, serve un musicista che abbia un’attitudine ed un gusto più rock, che riesca a valorizzare la propria classe anche con un tocco più delicato, ma perfetto per un determinato passaggio. Non a caso da sempre il vecchio Bill Ward veniva apprezzato per le sue influenze jazz e per le sue finezze ai tamburi, senza per forza dover pestare come un ossesso. Lo show prosegue con “End Of The Beginning”, tratta dall’ultimo “13”, che presto lascia il posto alla sensuale “Fairies Wear Boots”, su cui vengono proiettati video di procaci fate poco vestite. Un tattico assolo di batteria lascia a Ozzy una manciata di minuti per riprendere fiato, prima di ripartire con la solida “Iron Man”. Il madman è ormai allo stremo, su “God Is Dead?” la prima strofa viene martoriata dalle stonature. Il concerto si avvia alla conclusione, ma i Sabbath hanno energie da vendere, gli immortali riff di “Children Of The Grave” esplodono dalla chitarra di Tony Iommi e tutti i presenti vivono minuti di vera estasi. I Black Sabbath concedono l’ovvio bis con “Paranoid”, che conclude alla grande uno show davvero intenso e sentito. Due ore di concerto che ha visto Iommi e Butler i veri protagonisti indiscussi, insieme ad Ozzy che, nonostante le sue difficoltà nel cantare note a tutti, ha tenuto coinvolti i presenti dall’inizio alla fine.
Scaletta:
War Pigs
Into the Void
Under the Sun/Every Day Comes and Goes
Snowblind
Age of Reason
Black Sabbath
Behind the Wall of Sleep
N.I.B.
End of the Beginning
Fairies Wear Boots
Rat Salad (assolo di batteria)
Iron Man
God Is Dead?
Dirty Women
Children of the Grave
Paranoid