A cura di Andrea Raffaldini
Fotografie di Francesco Castaldo
Il concerto dei Black Stone Cherry è un evento molto atteso, tant’è che già alle cinque del pomeriggio, orario del nostro arrivo per presenziare al meet&greet con la band, un corposo gruppo di ragazzi si è già posizionato in fila vicino al tourbus parcheggiato di fronte all’entrata. Fin dall’inizio dello show i Magazzini Generali si riempiono di gente, è quasi impossibile muoversi all’interno del locale, talmente imballato da far registrare il sold-out. Gli americani si presentano all’incontro organizzato da Metalitalia.com e si dimostrano particolarmente cordiali e disponibili, segno che il successo non ha dato loro alla testa.
TRACER
Ad aprire le danze tocca ai Tracer, formazione di Adelaide che già l’anno scorso ha calcato i palchi italiani durante la data di supporto ai The Answer. L’acustica del locale rovina in gran parte lo show della band che, a dire il vero, nonostante le prime file siano molto esaltate, per chi scrive non si è rivelato per nulla eccezionale. Il trio ha energia da vendere, la botta sonora è la loro arma principale, ma per il resto le canzoni non decollano, si rivelano invece molto canoniche e prive di quella personalità necessaria a far entrare gli australiani nell’Olimpo del rock. “Wolf In The Cheap Clothes” e “Wrecking Ball” sciorinano un hard rock misto ad heavy metal diretto e potente, la band dà ogni goccia di energia per far esaltare il pubblico. Da metà locale, purtroppo, si sentono solo voce e batteria: basso e ritmiche sono praticamente impercettibili a causa della pessima resa acustica. I Nostri inseriscono nella breve setlist anche il nuovo brano “WFTD”, una bordata metallica che riscalda gli animi dei presenti. In soli sei pezzi, i Tracer sono riusciti nel compito di scaldare i fan e come opening act si sono dimostrati all’altezza: peccato che i brani mediocri non possiedano la qualità necessaria per permettere al terzetto di ambire al ruolo di headliner in un vero show.
BLACK STONE CHERRY
Lo show dei Black Stone Cherry, purtroppo, ha dovuto fare i conti con una serie di imprevisti che hanno influito sulla resa finale. In primis, come già successo per i Tracer, l’acustica assolutamente infima ed indegna per una band di tale portata. Per quasi tutto il concerto, poter sentire solo la voce di Chris Robertson, le bordate di batteria e gli assoli, senza percepire la sezione ritmica, ha sicuramente irritato ben più di un fan. Insomma, suoni assolutamente non all’altezza della situazione. Inoltre, il cantante della band, come già anticipato durante il meet&greet, ha sofferto di un abbassamento di voce che gli ha impedito di rendere al massimo. Nella parte finale della performance, Robertson ha davvero faticato al microfono ma, da vero professionista, si è impegnato al massimo per mantenere la carica dei fan su alti livelli. I Black Stone Cherry iniziano con due pezzi da novanta, “Rain Wizard” e la mitica “Blind Man”, il brano sicuramente più amato e conosciuto dal pubblico, che durante tutta la sua esecuzione ha cantato a squarciagola per supportare Chris e compagni. Jon Fred Young alla batteria picchia come un vero fabbro, il suo modo di suonare è molto appariscente e tipico degli anni Ottanta, lui fa da motore al gruppo. Ben Wells e Jon Lawhon si dimenano come forsennati e, pur non avendo praticamente volume le loro parti ritmiche, riescono a dare una grande carica allo show. “Me And Mary Jane”, “Maybe Someday”, “Such A Shame” sono solo alcuni dei classici che hanno infuocato la serata; Chris Robertson, nonostante la voce acciaccata, si fa perdonare con assoli precisi e di gran gusto. Dopo la dirompente “Fiesta Del Fuego”, un lungo assolo di batteria permette agli altri musicisti di riprendersi dal caldo afoso all’interno dei Magazzini Generali, prima di riattaccare con “Hollywood In Kentucky” seguita a ruota da “White Trash Millionaire”. C’è ancora spazio per un paio di pezzi: “Blame It On The Boom Boom”, eseguita con grande coinvolgimento dei ragazzi sotto il palco, e “Lonely Train”. Tanto per non farci mancare mezzo minuto di ordinaria follia, il gruppo spara a velocità fotonica “30 Seconds Of Death Metal”, prima di congedarsi con “Peace Is Free”. Robertson si presenta sul palco e chiede aiuto al pubblico, che non si fa certo pregare. La risposta è talmente potente che il giovane cantante appare visibilmente emozionato. Tirando le somme, i Black Stone Cherry vanno promossi per la loro professionalità e per aver dato tutte le loro energie al fine di proporre lo spettacolo migliore possibile. Per il resto, il concerto è da dimenticare soprattutto a causa dei problemi di resa sonora. Ultima ciliegina sulla torta? Un misero bicchierino formato gnomo di birra veniva venduto a ben cinque euro: cosa non si farebbe per spremere al massimo i portafogli dei paganti!
Setlist:
Rain Wizard
Blind Man
Me And Mary Jane
In My Blood
Holding On…To Letting Go
Maybe Someday
Such A Shame
Remember Me
Like I Roll
Fiesta Del Fuego
Drum solo
Hollywood In Kentucky
White Trash Millionaire
Blame It On The Boom Boom
Lonely Train
30 Seconds Of Death Metal
Peace Is Free