15/09/2006 - Blackmore’s Night @ Teatro Nuovo - Milano

Pubblicato il 21/09/2006 da
A cura di Carlo Paleari  

Ritchie Blackmore è un pilastro della musica rock di tutti i tempi, questo non può negarlo nessuno. Un uomo che con la sua chitarra ha fatto entrare nella leggenda non una, ma ben due band (parlo dei Deep Purple e dei Rainbow, nel caso qualcuno fosse rimasto ibernato negli ultimi trent’anni…). Ecco perché non potevamo davvero perderci la possibilità di vedere all’opera il Man In Black con i suoi Blackmore’s Night, il progetto acustico/medievaleggiante avviato da quasi dieci anni con la moglie Candice Night. Ben sapendo il carattere lunatico del chitarrista, ci siamo presentati al concerto preparati a ogni evenienza, ma per fortuna il buon Blackmore si è dimostrato un artista superlativo (ma questo si sapeva) e particolarmente ispirato, regalando a tutti i presenti una prestazione da applausi. 
 

BLACKMORE’S NIGHT

Sulle note di “Past Time With Good Company” fanno il loro ingresso sul palco del Teatro Nuovo i Blackmore’s Night e subito il pubblico numerosissimo esplode in un boato di applausi. Il buon Ritchie, silenzioso e inizialmente un po’ schivo, si dispone un po’ indietro sul palco e imbraccia la sua chitarra acustica, mentre la bella Candice accompagna le note con la sua voce leggera. Il palco, addobbato con una scenografia medievale che richiama la copertina di “The Village Lanterne”, fa da cornice ai sette musicisti della band, tutti vestiti con i loro costumi di scena. Dopo un accenno a “Rainbow Blues”, Candice saluta subito il pubblico e ci tiene a sottolineare come la loro presenza in Italia sia anche una scusa per congratularsi per la nostra recente vittoria ai mondiali di calcio (Pooo-popopopopooooooo-pooooo! Pooo-popopopopooooooo-pooooo!). Il concerto prosegue su ottimi livelli e la band sfodera diverse hit dal suo repertorio acustico: si va dalla vecchia “Play Minstrel Play”, a “Under A Violet Moon”, passando per la nuova “Fairie Queen”; la strumentale “Durch Den Wald Zum Bach Haus”; la nuova “World Of Stone”; fino a “Home Again”, uno degli highlight della serata, che viene allungata a dismisura, grazie alle improvvisate di Ritchie Blackmore, che, ben disposto dalla bella atmosfera, si diverte a stravolgere la canzone, inserendo quasi per dispetto stacchetti classici intervallati dai suoi consueti svolazzi di chitarra. Da questo punto di vista è un piacere vedere marito e moglie scherzare e punzecchiarsi sul palco, con Candice a dover fare i conti con le bizzarrie del marito e a recitare la parte della moglie gelosa quando Ritchie regala un bicchiere di birra a una ragazza delle prime file. Sempre parlando di siparietti divertenti, come non citare il surreale quadretto offerto al pubblico durante “Minstrel Hall”: proprio mentre Ritchie e i ragazzi della band stanno suonando questo bel pezzo strumentale, dalle quinte emerge un roadie vestito con un enorme costume da coniglio (!!) che, passeggiando tranquillamente, attraversa tutto il palco tra l’indifferenza dei musicisti. Naturalmente non possono mancare i brani del repertorio dei Deep Purple e quindi, benché pesantemente riarrangiate, abbiamo la possibilità di gustarci la dolce “Soldier Of Fortune” e soprattutto l’immortale “Child In Time”, con gli acuti affidati a due brave coriste e un crescendo che, pur restando ad anni luce di distanza dall’originale, riesce comunque a strappare qualche brivido Il concerto, fino a questo momento, è stato di buonissimo livello, ma l’apoteosi arriva quando Blackmore si ricorda che, tra le altre cose, è uno dei più grandi chitarristi rock di tutti i tempi: finalmente si decide ad imbracciare la sua vecchia Stratocaster e, da questo punto in poi, non ce n’è per nessuno. Il pubblico sa cosa aspettarsi e non viene deluso: oltre a qualche brano elettrico dei Blackmore’s Night (“I Guess It Doesn’t Matter Anymore” e “St. Teresa”), il leggendario chitarrista delizia le orecchie dei presenti con una sequenza da urlo che comprende “Ariel”, un brano tratto da “Stranger In Us All” dei Rainbow; un medley di “Purple Haze” e “Hey Joe” di Hendrix; la consueta rivisitazione elettrica della nona sinfonia di Beethoven (“Difficult To Cure”) e, udite, udite, perfino le vecchia, cara, stranota “Smoke On The Water”, cantata a squarciagola da ogni essere dotato di ugola nella sala. Dopo questo tripudio elettrico, il finale viene affidato ancora alla chitarra acustica, con l’esecuzione di “Fires At Midnight”, bellissima con la sua lunga coda strumentale improvvisata al momento, “Ghost Of A Rose” e, viste le continue insistenze del pubblico, “Village Lanterne”, suonata grazie a Candice Night che richiama a forza tutti i musicisti sul palco. Ancora una volta quel vecchio geniaccio di Blackmore ha spazzato via tutti quanti, suonando con calore e trasporto e riportando in vita alcuni capolavori intramontabili.

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.