Report a cura di Simone Vavalà
Serata per palati fini, quella offerta il 6 dicembre al Legend Club. Una vera chiamata alle armi, officiata dai black metal skinheads per antonomasia, ossia i Blasphemy, leggenda canadese che, con oltre trent’anni di carriera alle spalle, occupa un posto di rilievo nella storia dell’estremo in musica. L’affluenza iniziale non è delle migliori, anche se la sala si riempirà progressivamente col passare delle esibizioni, mettendo in bella mostra parecchi fan con occhiali da sole avvolgenti sul viso (chiaro omaggio all’estetica degli headliner), oltre a un gruppo sparuto di teste rasate con bomber. Va detto che non si sono segnalati momenti nostalgici o gesti riconducibili a una certa collocazione politica, anche se fa sempre riflettere la presenza di pubblico che ha evidentemente frainteso il messaggio della band, che ha più volte ribadito che l’etichetta Satanic Skinhead non ha nulla a che vedere con il suprematismo o qualsivoglia identità etnica. Concetti che anzi i canadesi stigmatizzano e dimostrano di disprezzare – basti pensare alla presenza di un chitarrista di colore in formazione fin dagli esordi. Per fortuna, come detto, a parlare è la musica, nella forma della più bieca e adrenalinica bestialità!
NECROMORBID
Epigoni tutt’altro che nascosti degli headliner, i tre toscani dimostrano di aver appreso comunque la lezione bene e con personalità. Al di là delle catene, dei polsini e degli occhiali scuri di ordinanza, infatti, il loro è un war metal marcio e cattivissimo, in cui trovano ottima sintesi aggressività parossistica e intricate trame di chitarra. La sei corde di Dysangelium, anche ottimo nel proporre bestiali linee vocali, ha un suono putrido, perfetto per rendere ancora più morbosa l’atmosfera creata dalla furiosa sezione ritmica. Una piacevolissima sorpresa.
EXTIRPATION
Dicevamo dell’aria psicotica del precedente singer, e restiamo sulla stessa lunghezza d’onda con il quartetto milanese. Non sono solo le faccette e le lingue di fuori, o l’evidente personalità del frontman Darak, però, a far notare la seconda band, anzi: pur giovanissimi, gli Extirpation sono in giro da dieci anni buoni, e l’esperienza acquisita su palco si vede e si sente. Le due asce intrecciano riff di matrice thrash su un’atmosfera complessiva molto più cupa e malata, in cui ci pare di rilevare una certa passione per quanto proposto –enta anni fa da patrimoni del nostro paese come Necrodeath o Schizo; e pure, lungi dal ripetere sistematicamente una lezioncina, cedono a tratti ad accelerazioni speed/crust sempre nostalgiche ma di pregio, con l’ottimo supporto del resto della formazione.
DEATHCULT
Dopo le due ottime compagini italiane, è il turno della prima band straniera della serata, cui, alla luce dell’esibizione, avremmo francamente riservato uno slot meno prestigioso. Oltre a perdere un po’ troppo tempo col soundcheck, cosa che in una serata non certo per palati fini come questa è già noiosa, l’entità svizzera risulta col procedere della performance un po’ troppo piatta, votata a un’aggressione sonica più di forma che di sostanza. Complice la voce e la postura del cantante e bassista S. Phoberos, decisamente erede di David Vincent, i Deathcult sembrano dei Morbid Angel più quadrati e di limitata creatività; nel 2019 è lecito aspettarsi qualcosa di più, pur in un genere tendenzialmente poco aperto alle novità come il death.
BLASPHEMY
Anche se nel nuovo millennio le esibizioni dal vivo dei Blasphemy sono state relativamente frequenti, è indubbio che il rituale brutale e oscuro offerto dal combo canadese sia sempre un richiamo imperdibile. Si conferma l’assenza sul palco del batterista e fondatore 3 Black Hearts Of Damnation And Impurity, comunque al momento considerato ancora parte della band e sostituito egregiamente dal devastante Nocturnall Hellfuker, il cui curriculum nell’underground black è di gran spessore. Altro turnista che troviamo sul palco è l’ex Diocletian Phil Kusabs al basso, perfettamente integrato nella violenta e sulfurea prova messa in atto dagli altri tre pilastri di questa leggenda del Male; di loro bastano i nomi per sentire brividi sulla schiena, poi confermati anche nei timpani già dalle prime note. Nocturnal Grave Desecrator And Black Winds è la voce dell’Oltretomba, col suo caratteristico timbro di gola acuto e inumano, reso ancora più temibile dalle pose da hooligan che tiene sul palco, che fanno di lui un frontman dal carisma raro. Caller Of The Storms, enorme e ieratico, alterna riff furiosi ai pochi momenti più arzigogolati che i Blasphemy mettono sul piatto per spezzare vagamente l’ipnotico cerimoniale messo in atto. Infine, alla seconda chitarra, Deathlord Of Abomination And War Apocalypse, l’ultimo arrivato – ormai vent’anni fa -, alias Ryan Förster: un membro acquisito per ovvi meriti al sacro culto di Ross Bay, cui aveva contribuito già con i suoi Conqueror, altro mito del bestial o war metal che dir si voglia. Per un’ora i cinque amalgamano dissonanze, gorgoglii e brutalità senza soluzione di continuità, incantandoci in quella maniera maligna con cui solo la vera oscurità riesce in qualche modo a stimolarci. I brani dei loro due unici dischi vengono offerti al pubblico come tranci di carne marcia da mordere febbrilmente; non ci sono cali di sorta, nemmeno in concomitanza con i pochi pezzi ultracompressi che fungono da pseudo-intro qua e là su disco; mentre singoli brani ancora più veloci del resto vengono salutati come chiamate alle armi da un pubblico abbondantemente coinvolto nel violento mosh (per esempio, verso il termine dello show, sulle note della fulminea “Atomic Nuclear Desolation”). Denti stretti, acufeni, adrenalina. Questi gli scontati ma mirabili esiti di un concerto che è accostabile ad un sabba a velocità folle, che non perde mai in potenza e capacità di colpire col passare del tempo.