Report a cura di Davide Romagnoli
Vibrazioni anni Settanta, occulto, magia nera, qualche distorsione, un Hammond, un flauto di Pan e il gioco è fatto: nel calderone della pozione dei torontoniani Blood Ceremony c’è un po’ tutto quello che un fan di Black Sabbath, Deep Purple e Jethro Tull possa chiedere. Continuando in maniera degna il percorso iniziato con l’omonimo album del 2008 e proseguito con “Living With The Ancients” del 2011 e l’album che li ha portati ad un pubblico più ampio, “The Eldritch Dark” del 2013, i Blood Ceremony presentano ora il loro quarto lavoro, “Lord Of Misrule”, ancora una volta colpendo nel segno. La band capitanata dalla affascinante fatucchiera Alia O’Brien non poteva che riservare grandi aspettative in territorio milanese. Ad accompagnare la processione di sangue, ormai da qualche data, un’altra band, questa volta californiana, dedita ad orrorifiche reminescenze, i Beastmaker.
BEASTMAKER
Cultura horror da cantina, da veri nerd californiani, e un po’ di stoner oscuro e sabbathiano per il trio di Fresno fuoriescono dalla proposta celata dietro al nome Beastmaker. I suoni, inizialmente troppo confusi, su palco e fuori, e un pubblico di una freddezza quasi glaciale (a quanto pare scontrantesi, come di consueto, con una bassa comprensione dell’inglese) rendono inizialmente difficoltosa la performance dei californiani. Nonostante questi scogli alle prime battute, i Beastmaker riescono però a superare i problemi e a ricevere un ampio applauso finale (addirittura richiamato durante la perfomance dei Blood Ceremony) dopo alcune canzoni finalmente depurate da problemi di suono e di bilanciamento band-pubblico. L’offerta del gruppo, c’è da dirlo, non è particolarmente originale, come si era avuto modo di testare all’ascolto di “Lusus Naturae” di qualche mese fa, ma i ragazzi di Fresno, altrettanto significativamente, hanno quell’attitudine intrigante che potrebbe riservare delle sorprese a lungo andare. La serata finisce con un pollice alzato per loro anche se, purtroppo, non riescono ad ottenere l’hashish lungamente richiesto on stage durante le intro dei brani.
BLOOD CEREMONY
La prima cosa di cui ci accorgiamo quando inizia il concerto è che non si sente l’Hammond. I suoni sono oltretutto ad un volume potentissimo, cosa che fa sembrare i Blood Ceremony un gruppo doom-sludge, facendo un po’ perdere quella suadenza caratteristica del sound dei canadesi. “Old Fires” in apertura, infatti, non gode di un effetto straordinario, ma fortunatamente le cose sembrano sistemarsi man mano che lo show prosegue e che l’alchimia tra band, mixer e pubblico si fa più bilanciata. Molti dei brani più riusciti, a discapito magari di quanto possa essere stato su disco, sono sicuramente quelli del penultimo “The Eldritch Dark”; il gruppo probabilmente lo sa benissimo ed è su quelli che tende ad insistere maggiormente. Episodi assolutamente intriganti sono infatti “The Eldritch Dark” e “The Magician”, eseguiti difatti a conclusione del concerto; “Goodbye Gemini”, forse il singolo più conosciuto della band, offerto ad inizio setlist; le due traghettanti “Witchwood” e “Drawing Down The Moon”, duellanti tra cambi di ritmo e parti melodiche, nelle quali si sentono tutte le influenze della band, dai conterranei Rush ai Coven, dai Sabbath agli inequivocabili passaggi flautistici di Ian Anderson; infine “Lord Summerisle”, una delle ballate sicuramente più affascinanti scritte dalla formazione di Toronto, memore di un folk dal gusto sabbathiano, capace di far prendere un po’ di respiro all’audience ed offrire anche l’interpretazione vocale del bassista Lucas Gadke. Per quanto riguarda l’ultimo “Lord Of Misrule” sono solo altre due, oltre all’opener, le canzoni offerte: la title-track e l’ottima “Half Moon Street”. Dei primi due ottimi dischi, per alcuni tra il pubblico ancora i migliori (come spesso accade pensare), troviamo invece solo pochi brani, tra cui ricordiamo l’arabeggiante “Hop Toad”, tratta dal primo album di otto anni fa. A conti fatti, i torontoniani sono riusciti ad offrire una buona performance, su tutti i lati, capace di intrigare i nuovi adepti alla cerimonia di sangue e occulto e a lasciare soddisfatti gli aficionados. I dischi e i CD al bancone della band erano finiti nel corso delle date precedenti, qualche giorno fa al Roadburn Festival probabilmente, segno che la fama e la qualità dei Blood Ceremony non sono cosa ormai da mettere in discussione. L’immagine caratteristica della affascinante fattucchiera Alia difficilmente si staccherà dai cuori degli iniziati al verbo della magia nera.