Dopo avere partecipato a gran parte dei principali festival primaverili ed estivi, i Bloodbath scelgono di concludere l’anno più intenso della loro carriera con due ultimi concerti da headliner. Una novità per la band anglo-svedese, che sinora non si è mai esibita in un contesto tradizionale, preferendo sempre location sterminate e grandi palchi. Prima a Stoccolma e poi a Londra, i fan hanno quindi modo di godere del death metal del quintetto in un contesto ben più intimo del solito e senza alcun contorno, al di là di un un paio di band di supporto. L’appuntamento nella capitale britannica è fissato per un venerdì sera pre-natalizio: il luogo scelto è il capiente Electric Ballroom di Camden Town, locale che non è solito ospitare spessissimo concerti metal, ma che è comunque stato teatro di show importanti nella sua lunga storia, dai Megadeth ai Watain. L’affluenza è decisamente massiccia, ma purtroppo la serata disco in programma nel locale dopo lo show costringe i gruppi ad iniziare ben prima dell’ora di cena. A causa dei nostri impegni di lavoro, ci risulta perciò impossibile assistere alla prova degli opener Ancient Ascendant, selezionati tramite una votazione online. Entriamo nell’Electric Ballroom quando è il turno degli attesi Aborted, che si fanno annunciare da un lugubre intro…
ABORTED
Sven “Svencho” de Caluwé e compagni (belgi, olandesi e statunitensi) hanno terminato le registrazioni di un nuovo album solamente un paio di giorni fa, ma si presentano a Londra tutt’altro che fuori forma. Nonostante il gruppo abbia trascorso l’ultimo periodo lontano dal palco, l’affiatamento alla base dei cinque è ormai di quelli duri a morire. Da anni gli Aborted sono una delle migliori live band del circuito death metal e questa sera fan e semplici avventori ne hanno l’ennesima dimostrazione. Dai suoni perfettamente calibrati, merito ovviamente anche di un soundcheck accurato, alla presenza scenica sempre più disinvolta, ogni elemento della performance sembra al posto giusto; se poi aggiungiamo una scaletta di sicura presa, il risultato finale non può che essere un set altamente coinvolgente. Gli Aborted propongono un death metal generalmente più tecnico e moderno di quello degli headliner, ma le strutture ordinate e le porzioni di groove con cui i ragazzi regolarmente infarciscono le loro canzoni riescono rapidamente ad irretire anche gli ascoltatori più tradizionalisti presenti in sala. Del resto, è sempre difficile restare impassibili davanti all’entusiasmo del frontman de Caluwé, da sempre un mostro di passione e perseveranza. Nello show trovano posto due nuovi brani: “Termination Redux”, presentata di recente tramite il solito delicatissimo videoclip, si conferma vincente anche dal vivo, mentre l’altro inedito sfoggia un riffing più nervoso e persino un accenno di grindcore, sollevando ulteriore curiosità sul prossimo disco. Tornando al live, i cosiddetti highlight sono comunque pezzi già noti: con i classici “Meticulous Invagination”, “Sanguine Verses” e “The Saw and the Carnage Done” il gruppo riesce a mettere d’accordo proprio tutti, innescando un circle pit, un wall of death e del pogo ignorante in continuazione. Un’altra serata da ricordare per questa band.
BLOODBATH
La brutalità senza soste degli Aborted cede il passo all’aplomb del più anziano Nick Holmes e dei suoi soci, che, anche nei momenti più truci, non riescono a nascondere il loro genuino divertimento nell’esibirsi con questo loro fortunato progetto parallelo. Il ritmo del concerto degli headliner è meno serrato, ogni pausa è condita da qualche battuta, ma, quando il quintetto suona, l’ilarità è ravvisabile solo ed esclusivamente nei loro occhi: a livello strumentale ed esecutivo, questa sera i Bloodbath sono compattissimi e implacabili. Il recente tour europeo dei Paradise Lost ha ulteriormente temprato Holmes: se già all’ultimo Party.San Open Air in Germania il frontman inglese si era reso protagonista di una prova ottima, questa sera ogni ultimo dubbio sulla sua tenuta viene completamente spazzato via… brani nuovi e datati vengono interpretati con la massima ferocia e meticolosità. La location indoor, inedita per il gruppo, dona poi ulteriore pesantezza e tiro alla proposta: i suoni non si disperdono e la band appare più unita che mai. Il pubblico, già in preda all’esaltazione più totale sin dalle primissime note di “Let The Stillborn Come To Me”, non può che godere davanti all’impatto generato dai torvi midtempo di “Breeding Death”, “Anne” o “Cancer Of The Soul”. Pur comprendendo le necessità di questa cosiddetta “all star band”, che sinora ha sempre fatto sì che ogni sua esibizione fosse un evento all’interno di un grande festival, siamo dell’idea che dei locali di dimensioni medio-piccole siano i più adatti ad ospitare i suoi concerti: il death metal e le arene non vanno troppo d’accordo, a maggior ragione se il suono è di quelli più crudi (vedi il recente “Grand Morbid Funeral”). L’Electric Ballroom si ritrova quindi ad ospitare quello che potrebbe con tutta probabilità essere definito lo show più riuscito ed incisivo della storia dei Bloodbath: dalla resa sonora all’interpretazione dei cinque, passando per la corposa e variegata scaletta, non vi è nulla che non incontri il massimo favore del pubblico. Questa sera i Nostri dominano la scena, giustificando una volta per tutte la loro buona popolarità e zittendo di conseguenza chi è solito tacciarli di essere un fenomeno solo per death metaller alle prime armi o per fan di Opeth e Katatonia. Speriamo ora che – impegni dei gruppi principali permettendo – il 2016 o l’anno successivo ci regalino altre esibizioni di questo calibro o un lavoro in studio all’altezza della loro fama: la scena death metal di oggi ha bisogno anche di una formazione come i Bloodbath.
Setlist:
Let the Stillborn Come to Me
Mental Abortion
So You Die
Breeding Death
Anne
Ways to the Grave
Cancer of the Soul
Weak Aside
Soul Evisceration
Unite in Pain
Like Fire
Mock the Cross
Outnumbering the Day
Eaten
Cry My Name