Report e fotografie di Riccardo Plata
Sono passati un paio di anni dalla prima calata italica dei Bollywood, ma nel frattempo molte cose sono cambiate: sebbene il nuovo album “Nu Dehli” debba ancora uscire, la formazione indiana è passata dal ruolo di folkloristico rookie clone dei primi Linkin Park a quello di realtà in rampa di lancio nella cosiddetta ‘new wave of nu metal’; a riprova di ciò, il tour europeo praticamente sold-out ad ogni data, compresa quella di stasera al Legend Club, fino al gran finale alla O2 Arena di Londra, dove sono attese più di duemila persone.
Ad accompagnare gli headliner due gruppi spalla diversi tra loro ma egualmente interessanti: i connazionali Demonic Resurrection, storica formazione dedita ad un più canonico symphonic death metal, ed il power trio dei Calva Louise, un crogiolo di generi e nazionalità…
Come fatto giustamente notare dal frontman Sahil ‘The Demonstealer’ Makhija, unico superstite della formazione originale, non è facile concentrare venticinque anni di carriera in mezz’ora, nondimeno la band di Mumbai pesca a piene mani dal suo ultimo album (“Dashavatar”, del 2017), da cui vengono estratti tre dei cinque brani in scaletta (“Matsya – The Fish”, “Krishna – The Cowherd”, “Narasimha – The Man-Lion”).
Il symphonic death black metal del quartetto, nonostante la distanza dalle sonorità degli headliner, viene ben accolto dal già numeroso pubblico che non manca di tributare applausi e corna al cielo, facendo partire anche qualche accenno di pogo sotto i colpi precisi della sezione ritmica formata dai nuovi entrati Swarnava Sengupta (basso) e Nikhil Rajkumar (batteria). Uno show serrato, che si chiude con un ‘terzo tempo’ al banco del merch dove il frontman si presta a domande e foto ricordo.
La sezione ritmica è altrettanto potente, con il batterista neozelandese Ben Parker che domina insolitamente la scena a centro palco ed il bassista francese Alizon Taho chiamato pure ad un doppio ruolo, supportando le basi con un po’ di effetti elettronici live.
Il mix di questa band multietnica, accomunata dal domicilio londinese, è un melting pot di metal, elettronica (hanno collaborato anche con Gareth McGrillen dei Pendulum, per dire) ed hyperpop, con pezzi come “Third Class Citizen” o “Under The Threshhold” che li mettono in scia alle moderne portabandiera del crossover/alternative metal inglese (Delilah Bon, Cassyette, ALT BLK ERA, Nova Twins, Wargasm) aggiungendo alla già densa miscela elementi di punk, hip hop e nu metal come in occasione del nuovo singolo “W.T.F.”.
Il mischione di generi a volte sembra un po’ eccessivo, ma la mezz’ora a loro disposizione fila via veloce facendo ballare un Legend ormai gremito, e quando il sipario cala proprio sulle note di “Oportunista”, i sorrisi sopra e sotto il palco abbondano.
Come i loro maestri Linkin Park, l’altro punto di forza è rappresentato dalla perfetta commistione tra il flow dell’MC Raoul Kerr e il cantato melodico (spesso e volentieri in lingua madre) del mastermind Jayant Bhadula: da questo punto di vista il nuovo album “Nu Delhi” rappresenta un ulteriore passo avanti rispetto al più acerbo debutto, e le versioni live dei nuovi pezzi (la title-track, “Tadka” e “Halla Bol”) sono qui a dimostrarlo, facendo tremare le pareti di un Legend Club che raramente abbiamo visto così imballato.
Ovviamente un sound così stratificato richiede l’utilizzo delle basi – evidente soprattutto quando Karan Katiyar deve alternarsi tra il flauto e la sua chitarra a otto corde, come durante il bridge della linkinparkiana “Aaj” o nell’intro della più esotica “Jee Veerey”, per non parlare del nuovo singolo “Bekhauf” con le voci registrate delle Babymetal – ma ciò non toglie nulla alla potenza e all’autenticità di un’esibizione carica di sudore fin dal primo istante, con la band che si profonde in ringraziamenti e discorsi motivazionali prima di ogni pezzo, oltre ad essere visibilmente incredula dell’accoglienza ricevuta ad ogni data del tour (nonostante quella di stasera sia probabilmente la venue più piccola del pacchetto) e per questo desiderosa di ricambiare l’affetto del pubblico.
Volendo trovare il pelo nell’uovo, potremmo citare la durata dello show – un’ora spaccata per nove pezzi, con una lunga parentesi di ringraziamenti prima di “Machi Bhasad (Expectn A Riot)” – ma l’energia sprigionata, grazie anche al contributo dei gruppi spalla, è tale da lasciare tutti soddisfatti non appena le ultime note dell’encore “Gaddaar” chiudono il set.
Vista l’accoglienza ricevuta e i riscontri attesi dal nuovo album, li aspettiamo a questo punto a breve per una terza calata italica in una location ancora più grande.
Nu Delhi
Aaj
Tadka
Jee Veerey
Bekhauf
Machi Bhasad (Expect a Riot)
Halla Bol
Gaddaar