29/8/2009: Offensive at Birmingham. Questo recitava il calendario del sottoscritto, che quando ha saputo che i Bolt Thrower sarebbero tornati a esibirsi in Gran Bretagna a tre anni dalla loro ultima performance (e a ben 16 dall’ultima in quel di Birmingham!) ha prenotato treno e hotel in men che non si dica, pregustando l’ennesima indimenticabile serata. Motivo di questo inatteso concerto, il compleanno dell’amico Frank Haley, storico bassista dei Benediction, che ha invitato Karl Willets e compagni a dividere con la sua band il palco del The Asylum, ottima venue poco distante dal centro di Birmingham. Una volta arrivati sul posto, è subito chiaro che si tratta di una serata davvero speciale: biglietti esauriti, tra il pubblico gente arrivata persino da Russia e Germania, i membri delle band che stringono la mano a ogni fan entrante, il bar ha prezzi bassissimi e anche il merchandise viene venduto ai tipici prezzi underground "alla Bolt Thrower" (t-shirt a 5 sterline, felpa a 15!). Insomma, tutto è confezionato con i fiocchi e l’atmosfera è incredibile! Non riusciamo ad assistere allo show degli opener Beholder (per altri "motivi di metal"), ma, per fortuna, quello dei Benediction ha inizio un po’ in ritardo rispetto all’orario previsto, dandoci quindi modo di non perderci una singola nota della loro esibizione…
BENEDICTION
I Benediction hanno il duro compito di non sfigurare davanti ai Bolt Thrower, i quali sono notoriamente una vera e propria macchina da guerra on stage. Il quintetto lo sa bene e parte con il piede giusto, facendosi guidare da un Dave Hunt letteralmente gasatissimo, che si esibirà per tutto il concerto a due centimetri dai volti dei ragazzi della prima fila. La band è molto motivata e, saggiamente, sceglie di proporre una scaletta dal taglio old school: soprattutto “Unfound Mortality” e “Shadow World” si abbattono sulla folla come macheti e riescono a dar vita a un pit di buone dimensioni così come a qualche accenno di crowd surfing. Si vede che la band ormai non è più composta da dei ragazzini, ma a tratti l’energia pare quella dei tempi d’oro, tanto che, giudicando dalla quantità di persone accorse di fronte al palco, quello dei Benediction sembra quasi il concerto di un headliner. Quando poi, dopo quaranta minuti abbondanti di performance, è tempo di congedarsi, il quintetto viene salutato da una vera e propria ovazione. Non a caso, assieme ai Napalm Death, i ragazzi sono da sempre considerati gli idoli di casa!
BOLT THROWER
Il tema principale della colonna sonora del vecchio film di guerra “The Battle Of Britain” (“La Battaglia d’Inghilterra” sui nostri schermi) fa da introduzione all’arrivo sul palco dei paladini locali, ovviamente accolti come veri trionfatori. L’attesa è stata lunga e l’atmosfera è a dir poco elettrizzante… non si vede l’ora che venga dato fuoco alle polveri e, quando Karl Willets saluta il pubblico, non si sta letteralmente più nella pelle. Parte “At First Light” e tutti i presenti si muovono in avanti di almeno un paio di metri, come attratti dal magnete Bolt Thrower. Ci si dovrebbe magari preoccupare dello stato dei ragazzi nelle prime file, schiacciati dall’impeto di tutti coloro che sino a un attimo prima dell’inizio dello show si erano collocati nelle retrovie, ma naturalmente la mente è in preda all’esaltazione più assoluta e non vi è spazio per altro se non per il death metal marziale dei cinque inglesi. Va detto che durante le prime battute del concerto, i suoni non sono calibrati alla perfezione, ma, fortunatamente, ai fonici servono solo pochi minuti per portare tutto su livelli più che buoni. Così, quando parte il mega classico “World Eater”, ciò che fuorisce dagli amplificatori è letale tanto quanto una salva d’artiglieria. E provate a immaginare che cosa succeda nel pit quando il gruppo attacca al suddetto classico un altro immortale cavallo di battaglia: “Cenotaph”! A questo punto il pubblico inizia addirittura a cantare le linee di chitarra, strappando grosse risate sia a Willets che alla determinatissima Jo Bench, artefice con il suo basso di un tappeto di note sferraglianti. Da qui in poi, lo spettacolo assume quindi i connotati di un trionfo smisurato: con un paio di classici i Bolt Thrower hanno steso e conquistato la platea, non resta altro da fare che continuare a suonare per tenerla in balia della propria potenza e del proprio carisma. Arrivano “War”, “Mercenary” ed “Entrenched”, fra le altre… poi si respira un po’ con la più controllata “The IVth Crusade” e, infine, è di nuovo massacro sulle note di una “In Battle There Is No Law” da brividi. Passato un pochino il delirio di inizio set, ogni tanto ci si ferma a riflettere sul perchè un concerto dei Bolt Thrower risulti sempre così coinvolgente: la band, tutto sommato, è abbastanza statica sul palco e non fa praticamente niente per aizzare la folla. Anche Willets, pur essendo una persona molto affabile, non parla granchè nelle pause fra un pezzo e l’altro. Di certo l’immagine dei Bolt Thrower on stage trasuda assoluta onestà e passione e questo forse già basterebbe a conquistare ogni vero fan. Il segreto di tale presa sul pubblico però risiede forse solo e soltanto nella musica dei nostri: il death metal dei Bolt Thrower riesce a ricreare nelle nostre menti immagini di un’epicità straordinaria. Non è solo guerra e battaglie… volendo citare il titolo di un loro album, è come se i nostri riuscissero a trasporre in musica i concetti di onore, valore e orgoglio. Qualcosa a cui forse tutti noi abbiamo pensato almeno una volta nelle vita, senza per forza dover tirare in ballo stupide ideologie politiche o cose simili. Volendo poi tornare a parlare dei Bolt Thrower come pura e semplice band, ai cinque inglesi va riconosciuto il fatto di essere l’unica formazione in campo death metal in grado di maneggiare l’epicità senza mai risultare pacchiana. Non ci sono tastiere nè vi è alcun tipo di effettistica: solo chitarre, basso, batteria, il growling e i testi di Karl Willets. Basta questo per trascinarci in un vortice di emozioni e pura, barbara potenza, dal quale si esce poi a dir poco stremati. Quando infatti il gruppo saluta definitivamente tutti con “Inside The Wire” (il secondo “bis” della serata), parte degli astanti non si regge letteralmente in piedi. Dopo un’ora e mezza di spettacolo, a noi sembra di essere stati investiti da un panzer in corsa e, guardandosi attorno, pare che siano in molti a pensarla allo stesso modo. Prima di arrivare a Birmingham, eravamo abbastanza convinti che questo si sarebbe rivelato il miglior concerto dell’anno. Una volta terminato, ne abbiamo la certezza. Le cose vanno sempre così, quando si assiste a uno show di questa band. I Bolt Thrower, in effetti, sono l’unico gruppo che dal vivo fa ancora venire i brividi a chi scrive. Dopo ben più di una decennio di concerti in giro per il mondo, il sottoscritto non fatica ad ammettere di essere ormai ben poco impressionabile, tanto che spesso si ritrova quasi a guardare l’orologio mentre suona una formazione che ha già visto parecchie volte. Con i cinque di Coventry però questo non avviene: i loro show sono sempre un vero evento e quando questi giungono alla conclusione, si torna ragazzini, quando non si vedeva l’ora di uscire da scuola per correre a un concerto e quando si trascorreva la settimana successiva ad ascoltare solo ed esclusivamente la band da poco ammirata, per cercare di prolungare l’ebbrezza e rivivere nelle propria mente ogni momento della performance. Quindi grazie infinite, Bolt Thrower: tutto sommato, sarete sempre un nome di nicchia, ma l’unicità della vostra proposta e dei vostri show rimarrà nel tempo. “Outgunned, outnumbered, though never outclassed!”.
Setlist:
At First Light World Eater / Cenotaph War / Remembrance Mercenary Entrenched Shreds Of Sanity Warmaster The IVth Crusade No Guts, No Glory In Battle There Is No Law When Cannons Fade
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