Ai Bolt Thrower non serve piú pubblicare nuovi album per riempire locali. Il loro status semi-leggendario non accenna a svanire, nonostante il conto delle loro pubblicazioni sia fermo al 2005, anno di uscita di “Those Once Loyal”. Da allora, come ormai noto, la band britannica ha apertamente scelto di non comporre e/o incidere nuovo materiale, preferendo suonare dal vivo quando gli impegni lo permettono; vale a dire un paio di festival ogni estate e un tour europeo di due o tre settimane ogni due anni, più o meno. Gruppo da sempre schivo e difficile da decifrare, abituato sempre a fare di testa propria, i Bolt Thrower potrebbero annunciare lo scioglimento domani cosí come sorprendere tutti e organizzare un evento senza precedenti (vedi il Boltfest di Londra). Forse è anche per questo motivo che ogni tour, ogni data live, è vissuta dal loro seguito come se fosse l’ultima. Non si puó mai sapere cosa accadrà l’indomani. Resta il fatto che i Bolt Thrower ad oggi sono l’unica death metal band che è in grado di attirare praticamente da sola almeno un migliaio di persone a serata, registrando sold out a raffica. Leggende come i Cannibal Corpse o formazioni sulla cresta dell’onda come i Behemoth non arrivano a tali record. Ovviamente conta pure il fatto che vedere questi gruppi in tour non è affatto una novità: visto che vi sono sempre nuove release da promuovere, le occasioni sono molteplici, a tal punto che in certi casi questo tipo di band è quasi arrivato ad autoinflazionarsi. I Bolt Thrower, avendo altre priorità nella vita o essendo semplicemente piú furbi, hanno trovato il modo per non stancare mai e per far diventare ogni loro concerto una serata imperdibile. Ne abbiamo l’ennesima dimostrazione questa sera in quel di Stoccarda, Germania meridionale, dove la band fa tappa nel corso del suo “Overtures Of War” tour con i Morgoth: il noto Longhorn, il locale più capiente della zona (circa 1200 persone) è sold out da settimane e già dal pomeriggio la via antistante è gremita di fan. Una volta entrati si fa fatica a farsi largo tra la folla, tanto che quasi perdiamo l’arrivo sul palco degli opener Vallenfyre…
VALLENFYRE
Per fortuna riusciamo a trovare un angolo poco prima che Greg Mackintosh saluti la folla e dichiari aperte le ostilità. Il gruppo si è appena unito al tour (durante la prima settimana il ruolo di opener è spettato agli Incantation) ma dimostra comunque un discreto affiatamento sin dalle prime battute. Un giovane batterista sostituisce Adrian Erlandsson, al momento impegnato con le prove per il tour degli At The Gates, ma la differenza non si sente: i pezzi sono riproposti fedelmente, alternando un episodio dal nuovo “Splinters” con uno dal debut “A Fragile King”. Mackintosh sembra piú spigliato rispetto al passato: evidentemente il ruolo di frontman gli è ancora poco congeniale, ma questa sera si muove maggiormente sul palco e interagisce con la folla piú di frequente. Non tutti sembrano cogliere il suo umorismo british, ma poco importa: il responso che la band riceve è buono, soprattutto all’altezza dei brani piú heavy e lineari (vedi “Dragged to Gehenna”), che da sempre trovano terreno fertile in Germania. Mezzora (abbondante) ed è tutto finito: sulle note di “Desecration” i Vallenfyre si congedano tra gli applausi dopo aver svolto egregiamente il loro compito.
MORGOTH
Seguono i Morgoth, vere spalle dei Bolt Thrower in questo tour. Il gruppo da qualche tempo riceve critiche in Germania a causa del frontman Marc Grewe, accusato di parlare troppo tra un pezzo e l’altro e, di conseguenza, di far perdere intensità alla performance. Almeno questa sera, tuttavia, tali critiche ci risultano infondate: il quintetto sale sul palco e attacca senza concedere tregua. Giusto un paio di brevi break per annunciare le registrazioni di un nuovo album e per ringraziare pubblico ed headliner, poi è solo la musica a parlare. I death metaller teutonici presentano i pezzi del nuovo EP “God is Evil” – entrambi piú convincenti live che su disco – ma l’audience non aspetta altro che i classici; a nostro avviso “Resistance” e “Under The Surface” rendono alla grande quest’oggi, con un Grewe coinvolto ma misurato, lontano da certi eccessi in screaming che talvolta minano le sue prove, tuttavia per i fan il top pare essere “Isolated”, traccia famosissima nell’ambiente, che come previsto viene posta in chiusura. Nel complesso, quindi, una buonissima prova per i Morgoth, evidentemente sempre piú a loro agio in questa nuova incarnazione post reunion.
BOLT THROWER
Giusto un quarto d’ora di attesa ed è già Bolt Thrower-mania in quel di Stoccarda. Non vi è molto di nuovo da dire su questa band dal vivo: la definizione macchina da guerra, visto anche il concept dei testi, è totalmente scontata e abusata, ma non se ne puó fare a meno: i Bolt Thrower su un palco sono un carro armato che investe e tritura tutto. Senza dubbio una delle migliori live band di sempre in questo genere. Le loro melodie, già epiche su disco, in concerto diventano semplicemente eroiche e i riff veri e propri macigni. Ogni midtempo – formula preferita dei Nostri quasi da sempre – è un urlo di guerra. Karl Willets sta perdendo un po’ la voce – cosa pure comprensibile dopo tutti questi anni – tuttavia stasera appare dimagrito e piú mobile che mai. La cordialità è quella di sempre, cosí come risultano familiari le sue introduzioni a pezzi quali “World Eater” o “This Time It’s War”. Normale che in certi frangenti i fan che hanno avuto modo di vedere il gruppo dal vivo varie volte abbiano un senso di dejavu, ma i Nostri, oltre a suonare senza sbavature, sono anche bravi a variare un po’ la setlist e a concedere qualche chicca. Questa sera, ad esempio, godiamo all’ascolto di “Rebirth of Humanity”, perla tratta dall’indimenticato “Warmaster”, e a stento riusciamo a trattenere l’entusiasmo sulle furiose partiture di “Silent Demise”, posta come ultimo saluto. Dopo tutto, il 2014 segna il ventennale dell’uscita di “… For Victory” e gli inglesi giustamente decidono di ricordarcelo proponendo, oltre alla succitata “Silent Demise”, anche “War”, “Remembrance” e la title track. Il delirio, comunque, esplode veramente su “The IVth Crusade” e “Powder Burns”, brani ormai famosissimi e attesi da tutti, a quanto pare sentiti molto anche dalla band stessa, almeno giudicando dalla foga di Willets e di Jo Bench sul palco. Non vi sono giochi di luci o trovate sceniche da citare, perchè come sempre il gruppo suona e basta, puntando tutto sulla sua musica e sulle sensazioni che essa riesce a invocare. Lo spettacolo è rappresentato dal Longhorn, che offre un colpo d’occhio clamoroso nel suo ospitare centinaia di persone intente a fare headbanging all’unisono. I Bolt Thrower, come al solito, stravincono con un concerto tanto semplice quanto genuino e intenso: ogni astante è qui solo per loro e pende dalle loro labbra, ogni occhio è puntato solo sul palco e ogni strofa è urlata a squarciagola. Forse nemmeno i Manowar oggi possono vantare un pubblico cosí fanatico. Buon per i Bolt Thrower, che puntualmente ricevono simili attestati di amore, ma buon anche per i fan, visto che i cinque di Coventry ricambiano sempre con show da brividi. Tocca ribadirlo: ci stancheremo mai di vederli suonare dal vivo.
Setlist:
War
Remembrance
Mercenary
World Eater
Cenotaph
Anti-Tank (Dead Armour)
Warmaster
Rebirth of Humanity
This Time It’s War
The IVth Crusade
…For Victory
The Killchain
Powder Burns
No Guts, No Glory
At First Light
When Cannons Fade
Silent Demise