07/04/2012 - BOLTFEST 2012 @ London Forum - Londra (Gran Bretagna)

Pubblicato il 11/04/2012 da

Report di Luca Pessina

Foto cortesia di Bert @ Metalshots.com

26 (ventisei) anni di carriera non sono bazzecole, tanto più se vissuti per larga parte nell’underground, lontani dai grandi riflettori e dalle mode. I Bolt Thrower, senza falsa modestia, ciò lo sanno bene ed è per questo che, nel loro classico stile, hanno deciso di celebrare l’evento con una festa di compleanno sotto forma di festival, invitando band loro amiche come support act e fissando il prezzo del biglietto a sole 5.99 sterline, in modo da dare a più persone possibile l’opportunità di presenziare. Inoltre, cosa assolutamente da non dimenticare, l’intero ricavato del cosiddetto Boltfest è andato in beneficenza, precisamente al Teenage Cancer Trust, ente che si occupa di fornire supporto a giovani affetti da tumore e alle rispettive famiglie. Un messaggio più che mai chiaro a coloro che nel 2012 pensano ancora che il “metallaro” sia una sorta di emarginato sociale, ignorante e magari pure “satanista”. Con questa mossa, i Bolt Thrower – già una band altamente rispettata da chi scrive per una lunga serie di motivi – hanno guadagnato un milione di altri punti, visto che la suddetta malattia ha più volte colpito la propria famiglia. Assistere a un festival di questo calibro e, al contempo, contribuire a una buona causa è stato motivo di grande soddisfazione e presumiamo che sia stato lo stesso per molte delle quasi 2000 persone accorse da ogni parte d’Europa per prendere parte al Boltfest e festeggiare il gruppo di Coventry. Del resto, l’atmosfera all’interno del Forum di Londra è stata speciale per tutto l’arco della giornata, con facce sorridenti ovunque, tanta voglia di far festa, numerose iniziative per effettuare ulteriori donazioni al Teenage Cancer Trust (CD donati da etichette come Peaceville e Century Media in vendita a sole 4 sterline, tshirt a 10) e, in generale, uno spiccato clima di fraternità tra tutti i presenti, tra i quali abbiamo notato numerosi membri di band come Paradise Lost, Vomitory, Interment, Undergang e persino Volbeat. In conclusione, ci auguriamo che un’iniziativa simile possa essere ripetuta, magari per il trentennale dei death metaller britannici, che non è poi così lontano. Già ora ci sentiamo di affermare che non mancheremmo per nulla al mondo.

 

VALLENFYRE

Il ruolo di opener del primo Boltfest spetta ai Vallenfyre di Greg Mackintosh. Il progetto death metal del leader dei Paradise Lost ha riscosso ampi consensi con il recente debut album “A Fragile King” e la scelta dei Bolt Thrower di invitarlo è apparsa logica, tanto più che i Nostri sono amici sin dagli anni ’80. Il Forum non è nemmeno pieno per metà quando la band calca il palco, ma le prime file non fanno certo mancare il proprio supporto, anche se i suoni necessitano di una bella regolata. Le chitarre delle iniziali “All Will Suffer” e “The Divine Have Fled” risultano un polpettone poco comprensibile, ma il tutto migliora di lì a poco, tanto da mettere il gruppo nelle condizioni di destare l’interesse di buona parte della platea. Non è necessario essere degli esperti per capire che i vallenfyre debbano ancora affiatarsi sul palco (questo è il secondo concerto della loro storia), ma, nel complesso, i Nostri riescono a fare la loro figura, suonando con buona fedeltà larga parte del disco e scaldando a dovere gli astanti. Fa sorridere vedere Mackintosh nel ruolo di frontman: dopo decenni trascorsi a suonare la chitarra, ci dà l’impressione di non sapere esattamente cosa fare con soltanto un microfono tra le mani, ma siamo dell’idea che, con un po’ di pratica, anche lui riuscirà ad acquistare l’opportuna scioltezza.

Setlist:

All Will Suffer
The Divine Have Fled
Ravenous Whore
Cathedrals Of Dread
The Grim Irony
Humanity Wept
Seeds
As The World Collapses
Desecration

BENEDICTION

Tocca quindi agli storici “compagni di merende” dei Bolt Thrower fare il loro ingresso sul palco del Forum. I Benediction hanno condiviso svariati tour con la band di Coventry e più volte hanno aperto i loro show locali, quindi la loro conferma per il Boltfest è stata tutto fuorchè una sorpresa. Purtroppo per loro, i suoni si dimostrano nuovamente rivedibili, soprattutto a livello di chitarre, ma almeno lo show prende da subito una piega vivace grazie alla grande presenza scenica di Dave Hunt, frontman espertissimo e sempre assai motivato. In verità, l’intera band appare decisamente a suo agio sul palco; senz’altro ben più dei Vallenfyre, anche se ci rendiamo conto che il paragone sia improprio, considerata la disparità di esperienza tra le formazioni. Cogliendo in pieno lo spirito della serata, i Benediction sfoderano un set ampiamente basato sui classici, partendo con “Unfound Mortality” e snocciolando varie altre vecchie chicche, fra cui una ben assestata “Jumping At Shadows”. I death metaller di Birmingham non escono esattamente da trionfatori per via di un impatto in parte smorzato da una resa sonora troppo melmosa, ma di certo fanno “il loro” al meglio delle possibilità, portando a casa scroscianti applausi.

Setlist:

Intro
Unfound Mortality
Nothing On The Inside
Nervebomb
Nightfear
They Must Die Screaming
Jumping At Shadows
Subconscious Terror
The Dreams You Dread
Suffering Feeds Me

DISCHARGE

I Bolt Thrower nascono come gruppo punk e la presenza nel bill di una band seminale come i Discharge – pionieri dell’hardcore-crust e tra le influenze primarie dei vari Napalm Death, Sepultura ed Extreme Noise Terror degli inizi – è assolutamente logica. Pur privi dello storico frontman Kelvin “Cal” Morris, i Nostri rimangono a tutti gli effetti una realtà leggendaria, che quest’oggi riesce a dire la sua con consumata esperienza. Ficcante e concisa la performance del quartetto, che suona quasi esclusivamente classici risalenti ai primissimi anni Ottanta. Quasi metà della setlist è occupata da materiale estratto dal mitico “Hear Nothing See Nothing Say Nothing” e gli astanti maggiormente “vecchia scuola” colgono ciò come un invito a scatenare i primi veri mosh pit e crowd surfing della giornata. Per quanto ci riguarda, lo show entra nel vivo nel finale, con mazzate del calibro di “State Violence State Control” e “The Possibility Of Life’s Destruction” (quest’ultima coverizzata persino dai Machine Head tanti anni fa), suonate con la perizia tecnica e il tiro più vicino al metal dei giorni nostri. Senza snaturarsi e rimanendo loro stessi, i Discharge si conquistano i favori di una buona fetta del pubblico e fanno decollare definitivamente il Boltfest.

Setlist:

The Nightmare Continues
Look at Tomorrow
The End
CCTV
Ain’t No Feeble Bastard
Hell on Earth
Cries of Help
Protest and Survive
Hype Overload
War Is Hell
Never Again
State Violence State Control
Hear Nothing, See Nothing, Say Nothing
Decontrol
The Possibility of Life’s Destruction
The Blood Runs Red

AUTOPSY

Per molti la performance degli Autopsy è quasi più importante di quella degli headliner, se non altro perchè il gruppo statunitense non suona nel Regno Unito dai primi anni Novanta. Nelle sue calate europee post-reunion, il quartetto si è sempre esibito in Germania od Olanda, quindi è comprensibile come il suo arrivo sia particolarmente atteso. Avendoli già visti all’opera un paio di volte negli ultimi anni, sappiamo già cosa aspettarci dallo show, tuttavia non manchiamo di rimanere impressionati dall’esibizione di Chris Reifert e compagni, che denotano sin dalle prime battute uno stato di forma notevolissimo e un entusiasmo da ragazzini. Quello al Boltfest è sen’altro il miglior concerto degli Autopsy al quale abbiamo assistito e non solo perchè la setlist è un vero concentrato di perle una più imperdibile dell’altra (“Twisted Mass Of Burnt Decay”, “In The Grip Of Winter”, “Ridden With Disease”…) e perchè la cornice di pubblico è a dir poco d’eccezione; i Nostri suonano davvero bene – Reifert in primis, che naturalmente deve occuparsi anche della batteria oltre che del cantato – e non fanno rimpiangere i cosiddetti vecchi tempi. Certo, l’atmosfera, l’aspetto dei musicisti, la tenuta del palco e altri dettagli possono essere diversi, ma se ci si limita ad analizzare esclusivamente la fedeltà ai dischi e la prestazione, comprensiva di impatto e di foga espressa, allora c’è ben poco da appuntare ai quattro americani. Gli Autopsy sono delle leggende del death metal e questa sera fanno assolutamente onore al loro nome.

Setlist:

Intro
Hand of Darkness
Twisted Mass of Burnt Decay
In The Grip Of Winter
Severed Survival
Gasping For Air
Slaughterday
Dead
Mauled To Death
Voices
Charred Remains
Ridden With Disease

BOLT THROWER

Let’s start a fuckin’ war…

È ormai tutto pronto per gli headliner: il Forum è stra-pieno, sia nella sala principale che nella galleria, e l’entusiasmo è alle stelle. Sappiamo già che l’entrata sul palco dei Bolt Thrower verrà annunciata dal tema del vecchio film “Battle For Britain” e, infatti, è proprio quell’epicissima colonna sonora a presentare Karl Willets, Jo Bench e soci. Nessuno è davvero sorpreso, ma il fomento si taglia comunque a fette, tanto che quando partono le prime marziali note della datata “In Battle There Is No Law” veniamo spinti di qualche metro indietro, perchè c’è già chi è in preda a raptus omicidi da pit. Purtroppo il problema con i suoni un po’ impastati torna a presentarsi, ma almeno tale crudezza tutto sommato si addice al vecchio repertorio della band, il quale di certo non godeva di produzioni cristalline. Con una mossa questa volta inattesa, i Bolt Thrower sfoderano una setlist strutturata in ordine cronologico, con appunto in apertura la title track del primo lavoro ufficiale e, a seguire, pezzi provenienti da ogni full-length successivo. Soprattutto la prima parte del concerto presenta dunque una sfilza di classici che per parecchio tempo non hanno trovato spazio negli show del gruppo: stiamo parlando di “All That Remains”, “Rebirth Of Humanity” e “Warmaster”, la cui imponenza ci fa letteralmente venire i brividi. Tra l’altro, anche l’esecuzione della solita “World Eater” si discosta dalla routine, visto che qui viene suonata per intero e non attaccata a “Cenotaph”, come invece era avvenuto nelle apparizioni live più recenti. Sorprende poi l’attitudine del gruppo: che Willets sia un frontman gioviale non è una novità, ma questa sera notiamo come Jo Bench sia molto più estroversa del solito, spesso al centro del palco e spalla a spalla con il biondo cantante. Se bisogna festeggiare, tanto vale farlo alla grande, deve aver pensato la minuta bassista! Non che il pubblico – completamente rapito già dal primo brano – abbia bisogno di certi stimoli per farsi prendere dalla performance, ma senz’altro fa piacere vedere che la band in primis si stia divertendo parecchio. Non mancano quindi dediche ad ex membri della lineup e a vecchi amici e, canzone dopo canzone, lo spettacolo diventa sempre più una marcia trionfale, che passa in rassegna tutti i periodi della storia dei Bolt Thrower. “The IVth Crusade”, “… For Victory”, “No Guts, No Glory” e tante altre hit del repertorio vengono proposte in rapida successione, tanto che, a conti fatti, i Bolt Thrower rimangono sul palco solo per circa un’ora e un quarto. Ci hanno da sempre abituati a show intensissimi e, quando arrivano i saluti sulle note di “When Cannons Fade”, pochi provano a lamentarsi. Al di là delle preferenze personali, ogni album della discografia ha trovato il suo spazio nel concerto e il quintetto non si è risparmiato un secondo, suonando come se non ci fosse un domani. Per l’ennesima volta, una vera garanzia di qualità.

Setlist:

Intro (Battle For Britain)
In Battle There Is No Law
All That Remains
World Eater
Rebirth Of Humanity
Warmaster
The IVth Crusade
Ritual
War
Remembrance
…For Victory
No Guts, No Glory
Powder Burns
Inside The Wire
At First Light
The Killchain
When Cannons Fade

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