19/06/2019 - BON JOVI + MANIC STREET PREACHERS @ Anfield - Liverpool (Gran Bretagna)

Pubblicato il 29/06/2019 da

Report a cura di Simone Vavalà

Sotto l’egida diretta del Liverpool Football Club, lo stadio di Anfield ha aperto questo mese le porte a diversi concerti di grande richiamo, sebbene magari non proprio nelle corde del nostro sito. Per questa occasione, però, la combo proposta è di tutto rispetto, per quanto votata a sonorità mainstream: in apertura i Manic Street Preachers, che hanno suonato appena due settimane fa sempre qui a Liverpool, facendo registrare il tutto esaurito all’Olympia; poi il grande ritorno di Bon Jovi dopo ben trentatré anni di assenza dal Merseyside, con il risultato che a fine serata si potevano quasi contare i pochi seggiolini vuoti dello stadio. Legate la bandana in fronte, preparate gli accendini e procedete con la lettura del nostro report!


MANIC STREET PREACHERS

Non sono nemmeno le 18:30 quando, abbastanza in sordina e con lo stadio ancora parzialmente vuoto, salgono sul palco James Dean Bradfield e soci. I Manic Street Preachers, come testimoniato dalla grafica presente sulla grancassa, stanno portando in giro il tour celebrativo dei vent’anni di “This Is My Truth Tell Me Yours”, l’album che ha rappresentato il primo salto verso un sound più melodico e la crescita esponenziale delle vendite. Il tempo a loro disposizione è ovviamente ridotto, così i gallesi optano per una sorta di mini greatest hits show, perfetto per occupare i cinquanta minuti di spettacolo. L’apertura è affidata a “Motorcycle Emptiness”, vero e proprio inno contro il consumismo risalente all’esordio “Generation Terrorists”, da cui più avanti verrà ripescata anche “You Love Us”. La band è in grande spolvero, coadiuvata come di consueto da un chitarrista e un tastierista che ben contribuiscono alla pienezza di un suono che sa alternarsi tra momenti morbidi e romantici e passaggi più grintosi. Rientrano nella prima categoria la splendida “Your Love Alone Is Not Enough”, che non perde la capacità di emozionare anche in assenza del duetto con Nina Persson, oppure “The Everlasting”; il trittico più energico parte invece con l’iconica “If You Tolerate This Your Children Will Be Next”, suonata con trasporto e il cui testo fa riflettere ancora oggi, in un’epoca di arrendevolezza al potere e alle sue distorsioni; segue la già citata “You Love Us”, la cui cadenza tra sleaze e singolo ‘bubblegum’ funziona sempre, prima dell’omaggio a una band cui i tre musicisti furono accostati spesso a inizio carriera: è il momento della cover di “Sweet Child O’Mine” dei Guns N’ Roses, inserita in scaletta in questo tour e resa decisamente bene. C’è ancora tempo per tre brani, con il finale affidato a “A Design For Life”, altro singolo che diede tanta visibilità alla band ai tempi del britpop: un altro elogio della working class, a cui la suadente ugola di Bradfield (in una forma strepitosa) e le movenze androgine di Nicky Wire hanno sempre voluto dar voce, al di là del successo planetario.

Setlist:
Motorcycle Emptiness
You Stole The Sun From My Heart
International Blue
Your Love Alone Is Not Enough
The Everlasting
If You Tolerate This Your Children Will Be Next
You Love Us
Sweet Child O’ Mine
Tsunami
No Surface All Feeling
A Design For Life

BON JOVI
I tre eterni proletari di Cardiff hanno sicuramente saputo scaldare gli animi ed è evidente che sugli spalti qualche sparuto fan venuto solo per la band di supporto c’è (compreso chi vi scrive); non ci sono però dubbi che l’attesa del pubblico per Bon Jovi sia palpabile ed eccitata, con la Kop che, nel momento in cui sugli schermi partono le proiezioni, esplode come su un gol della squadra di casa. I Bon Jovi aprono le danze con la titletrack dell’ultimo album, per poi lanciarsi in una scaletta che non può lasciare indifferente nemmeno il loro peggior detrattore; dalla trascinante “Raise Your Hands” si passa attraverso tutti i loro più grandi singoli: “You Give Love a Bad Name” mostra presto la coralità della band, in cui i due chitarristi, francamente, non fanno rimpiangere per nulla Richie Sambora: John Shanks, ormai fedele turnista dal vivo, è più immobile e calato nel ruolo professionale, mentre Phil X è un vero funambolo della sei corde, non si ferma un secondo e sopperisce anche al talk box nei brani in cui richiesto. I tre album più famosi della band la fanno da padrone; parliamo chiaramente di “Slippery When Wet”, “Keep The Faith” e “New Jersey”, un disco, quest’ultimo, che incarna lo spirito stesso di Jon e compagni: una band da stadio perfetta, che come il compaesano Springsteen trascina la folla in piedi con cori, corse continue e, soprattutto, una resa vocale eccellente. L’ex chioma più bella del rock (‘So che molti di voi vorrebbero sentire solo i pezzi più vecchi, o che io avessi ancora i capelli lunghi: be’, una delle richieste verrà soddisfatta’, scherza a inizio concerto) riceve qualche aiuto nei cori dal polistrumentista Everett Bradley, ma è tutta sua la potenza espressiva su pezzi come “Wanted Dead Or Alive” o “Bad Medicine”, oppure la capacità di commuovere tutt’oggi, ruffianamente, con le sue ballate; su cui, a nostro avviso, vince a mani basse “These Days”: veramente emozionante, accompagnata anche da una regia che unisce, oltre alle riprese del palco, brevi momenti nostalgici. Bello rilevare, peraltro, come sul palco tutti mostrino un affiatamento amichevole, con non poche strizzate d’occhio tra Jon e gli unici membri fondatori rimasti, ossia Tico Torres – batterista ormai compassato ma sempre intenso – e David Bryan, che non risparmia sorrisi e faccette divertite da dietro le tastiere. Dopo oltre due ore di concerto senza pressoché tempi morti, in cui tutti mostrano di aver messo ogni energia (pubblico compreso), è tempo dei bis: i primi due brani sono appunto “These Days” e ovviamente l’iconica “Livin’ On A Prayer”, mentre il gran finale è un omaggio alla città e ai suoi paladini, ossia i Beatles; Bon Jovi ricorda che la sera precedente era il compleanno di Sir Paul McCartney, e così, con lo sfondo di una Union Jack da milioni di pixel, ecco una scoppiettante e insieme toccante “Birthday”, seguita da “Twist And Shout”, che sebbene non scritta dai quattro baronetti, fu portata proprio da loro al successo planetario. Si accendono i riflettori, la band scende al gran completo la rampa che ha visto correre più e più volte cantante e chitarristi verso il pubblico e riceve il meritato bagno di folla dopo uno show impeccabile, da grandi rocker; che non tutti reggono a questi livelli, dopo trentasei anni di carriera.

Setlist:
This House Is Not For Sale
Raise Your Hands
You Give Love A Bad Name
Born to Be My Baby
Whole Lot Of Leavin’
Lost Highway
Runaway
We Weren’t Born To Follow
Have A Nice Day
Keep The Faith
Amen
I’ll Be There For You
Blood On Blood
It’s My Life
We Don’t Run
Wanted Dead Or Alive
Lay Your Hands On Me
Captain Crash & The Beauty Queen From Mars
I’ll Sleep When I’m Dead
Bad Medicine

These Days
Livin’ On A Prayer

Birthday
Twist And Shout

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.