A cura di Lorenzo Mirani e Luca Pessina
Accolto da una cornice davvero triste, in un Alcatraz pieno a malapena per un terzo (sarà forse perché i concerti, visti gli assurdi prezzi dei biglietti, ultimamente stanno diventando un lusso per pochi?) , è giunto in Italia il Bonded By Metal Over Europe, festival itinerante che vedeva headliner i redivivi Exodus, fuori a febbraio con un nuovo album, e un’altra leggenda del thrash come i Nuclear Assault, questi ultimi al secondo tour europeo nel giro di qualche mese (ricordiamo la loro partecipazione allo scorso No Mercy festival). A supportare questo duo erano stati chiamati alcuni dei più validi e noti act dell’attuale scena metal ma per un motivo o per l’altro il bill è stato più volte modificato persino a tour in corso, quando gli Agent Steel, altro nome di grande richiamo del festival, sono tornati a casa per problemi con l’organizzazione! Inoltre, in occasione della data italiana, ci si è trovati al cospetto di un bill ridotto all’osso a causa delle defezioni all’ultimo momento di Callenish Circle e God Dethroned (entrambi per cause non ancora note). Il festival ha perciò visto all’opera oltre ai succitati headliner, solamente gli storici death metaller svedesi Grave, i Mortician e i due apripista Occult e Prospect. Una giornata quindi abbastanza spenta, minata soprattutto dall’affluenza così misera di pubblico: è mancata l’atmosfera tipica di questo tipo di manifestazioni e anche le prove, comunque maiuscole, dei tre gruppi più blasonati non sono riuscite più di tanto a far decollare il tutto. Un vero peccato.
OCCULT
Il turno di aprire le danze alla data Italiana del Bonded By Metal Over Europe tour 2003 per noi spetta, visto che abbiamo perso la prova dei power metaller Prospect, agli storici Occult, band estrema dell’underground che ha sempre raccolto meno di quanto avesse meritato, le cui fila annoveravano fino a pochi anni fa l’attuale singer dei Sinister Rachel Heyzer, rimpiazzata ora da Maurice Swinkels, che aveva già cantato sul debut della band, “Prepare To Meet Thy Doom”. Gli olandesi ci propongono uno spettacolo sicuramente degno di nota, improntato, come da manuale, più sul materiale recente che sulle prime registrazioni, regalandoci dunque una mezz’oretta di feroce death metal europeo (piuttosto influenzato dalle sonorità thrash in voga negli 80s) nel quale soltanto di rado fa capolino il ruvido black metal degli esordi (quasi del tutto dimenticato, anche grazie alla scaletta che tende a privilegiare il passato meno remoto della band), riuscendo a convincere appieno, anche grazie all’ottima acustica presentata durante l’esecuzione, pur non facendosi portatori di particolari innovazioni o sperimentazioni.
MORTICIAN
Dopo la buona prova del quartetto olandese, è la volta dei Mortician, band da sempre presente nell’immaginario collettivo come meritevole di grandissima stima o di incommensurabile odio, senza vie di mezzo; ebbene, il sottoscritto appartiene alla seconda categoria, sostenendo che non vi possa essere niente di più deprecabile dell’inutile miscuglio di grindcore e citazioni da film horror dei tre extreme metaller, visto che tale miscela risulta totalmente inascoltabile e non apprezzabile, tanto da non poter distinguere assolutamente un pezzo da un altro (nonostante la buona acustica presentata oggi dall’Alcatraz). Ciò non toglie che moltissimi abbiano elogiato i Mortician di essere stati i fautori di un grande spettacolo (come se ci volesse un genio della musica a comporre riff del genere!), esaltandoli anche come una delle death metal band più in forma oggi; personalmente ritengo che in casi come questi la soglia tra musica pesante e rumore venga abbondantemente oltrepassata ma, poiché qui si entra in un campo d’opinioni tutto sommato soggettivo, si lascia giudicare ad altri.
GRAVE
Un carro armato lanciato a tutta forza attraverso l’Alcatraz: così si potrebbe sintetizzare la performance di quest’oggi degli svedesi Grave, band aspettata in terra italica per troppo tempo e che finalmente è riuscita a regalare una prova live degna della propria fama. Uno show purtroppo eccessivamente breve (appena mezz’ora il tempo concesso al quartetto) che però ha senza dubbio impressionato i (pochi) presenti per via di un’esecuzione semplicemente perfetta e di una setlist a dir poco paurosa che ha fatto letteralmente venire i brividi a tutti coloro che possono definirsi fan della band. Sbrigata infatti la formalità di promuovere l’ultimo “Back From The Grave” (“Rise” e “Dead Is Better” i brani proposti, subito ad inizio concerto), Ola Lindgren e compagni hanno quindi attaccato con i classici, snocciolando un brano storico dopo l’altro! Sono infatti arrivate in rapida sequenza “Turning Black”, il capolavoro assoluto “You’ll Never See…”, “Soulless”, “And Here I Die…”, la pesantissima “Morbid Way To Die” e, in finale, l’intramontabile “Into The Grave”, brano che ha concluso lo show in modo bellissimo, tra l’headbanging di molti e gli applausi di approvazione di tanti altri. Uno dei migliori concerti visti quest’anno, e non si osa pensare che cosa possano fare i Grave in un concerto da headliner… strepitosi!
NUCLEAR ASSAULT
E’ finalmente giunto il momento che molti dei presenti aspettano con ansia; e così, dopo l’ennesimo grave disguido organizzativo (l’annullamento dello show dei God Dethroned, che erano andati a rimpiazzare i dimissionari Behemoth) è il momento della seconda calata italica nello stesso anno degli storici thrasher americani, che si presentanto sul palco senza tanti fronzoli e senza farsi aspettare (con incazzatura di molti, sottoscritto compreso, tra coloro che aspettavano il loro show dopo quello, cancellato senza preavviso, dei God Dethroned) e sparando subito sul pubblico alcune delle cartucce migliori tratte dai loro dischi più celebri, in particolare le coinvolgentissime “New Song”, “Brainwash” e “Sin”, che scatenano come di consueto un pogo micidiale ed un headbanging furioso sotto il palco, che stanno a sottolineare quanta carica sappiano infondere i thrasher americani anche se penalizzati da un suono spesso deficitario come era accaduto al recente No Mercy. I pezzi vengono sparati sul pubblico ad una velocità letteralmente incredibile, e si susseguono senza un momento di pausa, passando per un’incredibilmente convincente “The Price Of Freedom” (inedito che sarà possibile ascoltare sul nuovo lavoro della band in uscita a breve) fino al massacrante finale affidato al super-classico “Trail Of Tears” (da “Handle With Care”), che chiude uno show veramente energico ed entusiasmante, e poco importa se i suoni non fossero al meglio, perché quando si suona thrashcore è il cuore che conta, e i Nuclear Assault hanno da vendere la stessa passione dei bei tempi andati di “Game Over” (nonostante i chili in più ed i capelli in meno), e la stessa modestia che permette loro di intrattenere i propri fan a fine concerto come se fossero degli amici. In una parola: grandissimi.
EXODUS
Exodus: basta questa parola per far sobbalzare ogni fan del thrash che si rispetti, e dopo lo spettacolo che i cinque americani hanno messo in piedi a Milano dopo dieci anni di assenza dalle scene posso ben capire perché il loro nome sia degno di essere marchiato a fuoco tra i pochi che hanno veramente lasciato un’impronta nitida nella storia del thrash. Ma andiamo con ordine: dopo una lunga intro fanno finalmente ingresso in scena Steve Souza e compagni, che cominciano a sciorinare sul pubblico alcune delle song più furiose e devastanti del loro repertorio, ovvero “And Then There Were None”, “Exodus” e “Til Death Do Us Part”, mostrandosi subito in possesso di una tecnica cristallina (e suonando le canzoni praticamente al doppio della velocità usuale, attenzione!), acuita ancor di più dall’ottima tenuta acustica del locale, senza dubbio la migliore della giornata. Nella setlist c’è spazio anche per due pezzi estrapolati dal nuovo “Tempo Of The Damned”, che convincono quanto basta e vanno ad accostarsi alle sonorità del secondo periodo della band (“Pleasures Of The Flesh” e “Fabolous Disaster”) rilette in chiave leggermente più attuale, che sanno già coinvolgere a dovere il pubblico seppur alla prima esecuzione. Si ritorna poi ai grandi classici e così, dopo una totalmente inaspettata “Metal Command” (pezzo capolavoro e vero manifesto del gruppo tratto da “Bonded By Blood”, che la band non suonava ormai da troppo) è tempo di volgere al termine, con l’ottima “Brain Dead” e la divertente “Toxic Waltz”, prima del bis finale affidato alla title-track di “Fabolous Disaster” e alla fulminante “Deliver Us To Evil”, che ha dato il colpo di grazia definitivo ad un pubblico già stremato dalla violenza sonora della band. Un’ultima nota la si riserva anche in questa sede per la disponibilità dei membri della band dopo il concerto, che si sono messi a disposizione dei fan per qualsiasi richiesta, battuta o foto-ricordo, con un simpaticissimo Souza sugli scudi, a dimostrare ancora una volta che spesso la modestia di una band è un fattore importante quanto (se non più) della sua bravura.