IGNOMINIOUS INCARCERATION
Dopo l’abbuffata di merch, intorno alle 22:00 si comincia con la musica. Iniziano questi esordienti dagli United Kingdom, fuori prossimamente col debutto su Earache: il melodeath con cantato brutal proposto dalla formazione è anche accettabile, sempre che siate disposti a tollerare dei musicisti con magliette bianche e orsetti in bella mostra. Il giovane Steve Brown alla chitarra poi sembra uno dei BMTH, qualità che conquista l’interesse anche delle ragazzine variopinte delle prime file. Uno showcase di meno di 20 minuti che non lascia alcun segno.
DEEZ NUTS
E va bene, lo ammettiamo. Chi scrive si è bevuto quasi 300 km per vedere i Deez Nuts sostanzialmente. Sin da quando la navigazione casuale su MySpace ha generato la scoperta della creatura di JJ Peters, ex-batterista degli osannati I Killed The Prom Queen, è stato amore al primo ascolto. Il groove-hardcore/hip hop degli australiani poi, con quelle gang vocals esplosive, è concepito per la sede live, ed è per questo che, il sottoscritto e i pochi conoscitori della formazione, non aspettavano altro che farsi sbattere il microfono in faccia ed esplodere nei cori devastanti dei party-anthem dei canguroni tatuati. Lo show, anche se striminzito per il minutaggio, ha riproposto l’intero EP “Rep Your Hood”, da “There’s A Party Over Here…” alla devastante title track. Aspettative ripagate quindi e ora non vediamo l’ora di mettere le mani sul full-length “Stay True”!.
THE RED SHORE
Balzati agli onori di cronaca per un incidente mortale nel tour australiano degli All Shall Perish del 2007, gli australiani The Red Shore saranno giovani, ma dimostrano immediatamente di sapere il fatto loro: il loro death metal è tecnico, ultraviolento e brutale, anzi “brootal”! Si sprecano infatti breakdown apocalittici, pig squeals, growl gutturali, come nella migliore tradizione di queste giovanissime formazioni estreme. C’è da sottolineare come il tasso tecnico sia ben più elevato degli opener Ignominious Incarceration, e l’aggiunta presenza scenica esuberante li rende appetibili anche ai palati più esigenti ed esperti nel locale (non che ce ne fossero molti). La foga riesce pure a far scaturire i primi focolai nel pit, reazione che non fa che sottolineare la bontà della formazione. Una simpatica rivelazione.
BRING ME THE HORIZON
Dopo la figuraccia al Live di Trezzo, quando le voci di un Oli Skyes influenzato hanno inizato a circolare fuori dal New Age, le aspettative a riguardo della serata sono crollate immediatamente sottozero. Al momento di salire sul palco però, a mezzanotte passata, il minuto e tatuatissimo frontman si è dimostrato in discreta forma, saltellante, carico e voglioso di incitare la piccola folla tutta per lui. Sin dall’opener (il nuovo singolo “The Comedown”) si fanno notare dei suoni precisi e potenti, che rendono maiuscola la prestazione degli inglesi, sorretti dal loro esercito di fedelissimi, tra i quali moltissime ragazzine, che dal labiale cantano tutte le parole delle canzoni muovendosi quasi stessero ascoltando una qualsiasi canzonetta di Rihanna. Lo show continua alla grande e dal nuovo “Suicide Season” fanno bella mostra “Diamonds Aren’t Forever” e “Chelsea Smile”, accorpandosi ai pezzi migliori del debutto, ad esempio “For Stevie Wonders Eyes Only”. A metà esibizione pure JJ Peters (Deez Nuts) salta on stage per un featuring apprezzatissimo. I BMTH sanno come tenere il palco, non c’è dubbio, e questa performance in condizioni di grazia cambierebbe l’opinione di molti detrattori, anche loro troppo interessati all’estetica e alla mercificazione. Il contrasto grottesco tra l’arcobaleno di colori, le capigliature bizzarre e il death metal del gruppo non è ancora del tutto una normalità, ma ben venga questa generazione di nuovi deathsters, nella quale, vogliamo sperare, ci sarà sicuramente qualcuno che riesce ad andare oltre ai pruriti da t-shirt e alla lacca per capelli per allargare la sua conoscenza del genere e supportare la scena.