05/08/2009 - BRUTAL ASSAULT OPEN AIR 2009 @ Jaromer - Jaromer (Repubblica Ceca)

Pubblicato il 26/09/2009 da

A cura di Luca Pessina

Con uno dei bill più validi (almeno in campo estremo) allestiti negli ultimi tempi, il ceco Brutal Assault quest’anno è entrato definitivamente nella rosa delle alternative serie ai noti festival tedeschi, assieme ovviamente a Hellfest e Graspop. Vero, sul fronte logistico c’è ancora un pochino da lavorare: il campeggio, ad esempio, è apparso un po’ "rustico" e di certo non vi erano servizi igienici a sufficienza per tutte le persone accorse all’evento (va però detto che questi ultimi venivano puliti con regolarità). A livello di concerti e di vera e propria area festival – posta ancora una volta all’interno della suggestiva fortezza di Jaromer – non ci sentiamo però di appuntare nulla all’organizzazione. Gli orari delle esibizioni sono infatti stati sempre rispettati, i suoni sono quasi sempre risultati molto curati e la presenza di stand – gastronomici e musicali – è stata massiccia. Abbiamo poi apprezzato il fatto che questi ultimi siano stati collocati a breve distanza dai palchi, in modo tale che nessuno si sia dovuto sorbire vere e proprie scarpinate per rimediare qualcosa da mettere sotto i denti. Da non sottovalutare affatto, infine, la quasi totale assenza di code ai vari stand e, soprattutto, il prezzo medio di bevande e cibo: con circa un euro (questo l’equivalente di un gettone all’interno dell’area) era possibile acquistare mezzo litro di ottima birra ceca, mentre panini o piatti anche più elaborati di rado erano venduti a più di €3. Diciamo insomma che ci si è divertiti molto anche perchè non abbiamo dovuto pensare troppo al nostro portafoglio, cosa che invece a volte avviene in altri festival. Se perciò il prossimo anno il bill risulterà interessante come nel 2009 (o anche solo la metà), state certi che Metalitalia.com organizzerà nuovamente una calata in Repubblica Ceca. Complici anche le ottime condizioni atmosferiche, l’esperienza di quest’anno è stata davvero soddisfacente!

WAR FROM A HARLOTS MOUTH

Dopo un paio di opener di poco conto, tocca ai tedeschi War From A Harlots Mouth destare una volta per tutte l’interesse della platea. Di certo il gruppo di Berlino rende al meglio su palchi di dimensioni più contenute, tuttavia va segnalato come il suo entusiasmo riesca comunque ben presto a contagiare le prime file, che aprono mosh pit e accennano a una serie di crowd surfing. Il gruppo esegue sia brani dal recente “In Shoals” che dal debut “Transmetropolitan”, puntando quindi sia su sonorità più stratificate e ricercate, sia su qualche bordata/breakdown che in un contesto come questo riesce sempre a fare la sua figura. Solo mezzora a disposizione di Nico e soci, ma i ragazzi e il loro math-core scendono dal palco da vincitori: non era facile, considerato che buona parte del pubblico si stava ancora acclimatando e prestando più attenzione agli stand che alla musica.

DARKANE

Dalla bella performance dei War From A Harlots Mouth si passa invece a quella decisamente incolore dei Darkane, che si presentano on stage fiacchissimi e pergiunta con dei suoni confusi. Il gruppo svedese quest’oggi pare proprio l’ombra di sè stesso e praticamente incita gli astanti ad andare ad esplorare il metal market piuttosto che a seguire la propria prova. Il frontman Jens Broman non canta male, ma sul fronte presenza scenica ha ancora molto da lavorare; gli altri ragazzi della band invece suonano come al solito, ma al tutto sembrano proprio mancare incisività e trasporto. I Darkane non risultano compatti e affiatati nemmeno per un momento, tanto che pure pezzi sulla carta assai efficaci come “Layers of Lies” e “Innocence Gone” lasciano la folla quasi indifferente. Avevamo un ricordo del gruppo on stage a dir poco differente, ma pare che la scarsa attività live e forse anche i mediocri riscontri ottenuti dall’ultimo “Demonic Art” abbiano fatto perdere del tutto l’entusiasmo a quella che una volta era una vera macchina da guerra thrash-death…

BRUTAL TRUTH

La prima giornata del festival si chiude con uno show letteralmente tritatutto da parte dei Brutal Truth, recentemente passati da queste parti per mettere a ferro e fuoco anche il palco dell’Obscene Extreme Festival. Dan Lilker e compagni si presentano senza troppi giri di parole e fanno loro la platea con quello che verrà ricordato come uno dei migliori “best of” show degli ultimi tempi: si parte dai pezzi del recente “Evolution Through Revolution” e si arriva a quelli ignorantissimi del mitico “Extreme Conditions…”, passando ovviamente per le gradite chicche di “Sound Of The Animal Kingdom” e “Need To Control”. Come già constatato di recente, la forza dei Brutal Truth dal vivo è la straordinaria precisione del batterista Rich Hoak, che dal vivo riesce praticamente da solo a tenere in piedi la cosiddetta baracca anche quando gli altri membri della band perdono qualche colpo o semplicemente si distraggono (a un certo punto sul palco si presenterà un ragazzo su una sedia a rotella, privo deelle gambe, che finirà per rotolarsi da una parte all’altra sino alla fine dello show). Questa sera, comunque, di sbavature se ne segnalano poche: i Brutal Truth danno l’impressione di essere decisamente “in palla” e, galvanizzati forse anche da una resa sonora strabordante, finiscono per suonare anche più del previsto.

OBSCURA

Nella mattinata di venerdì c’è grande attesa per gli Obscura, protagonisti in primavera dell’exploit di “Cosmogenenis” e ora alle prese con le prime date live europee di una certa importanza della loro carriera. Il pubblico che accorre a seguirli è in effetti piuttosto nutrito e fra le prime file la curiosità di vedere il quartetto all’opera è quasi palpabile. Una volta iniziato il concerto, due concetti si fanno immediatamente strada nelle menti degli astanti: il primo è che le capacità tecniche messe in mostra sul disco ci sono tutte (in particolare, il bassista Jeroen Paul Thesseling si rivela un vero e proprio mostro). Il secondo è che i ragazzi, come band, devono ancora fare esperienza e trovare il giusto affiatamento sul palco. Intendiamoci, un brano come “Incarnated” anche dal vivo regala bellissime sensazioni, ma, nel complesso, gli Obscura non danno ancora l’impressione di trovarsi pienamente a loro agio in questa dimensione, palesando appunto una scarsa dimestichezza nel muoversi e, per quanto riguarda Steffen Kummerer, una certa difficoltà nel suonare la chitarra e cantare allo stesso tempo. Non tutte le strofe vengono infatti cantate dal Nostro, il quale tuttavia si riscatta alla grande negli assoli e sul fronte strumentale. Comunque, in tutta onestà, ci aspettavamo una prova di questo tipo, considerato lo stringato curriculum del gruppo in sede live. Aspetteremo i prossimi tour per esprimere un giudizio definitivo.

PSYCROPTIC

Quando gli Psycroptic salgono sul palco, la scarsa esperienza dal vivo degli Obscura risulta ancora più evidente. Entrambe le band suonano un death metal tecnico e articolato, ma, a differenza degli Obscura, il quartetto tasmaniano ha avuto modo negli ultimi anni di andare in tour molto spesso, cosa che ovviamente influisce parecchio sul suo modo di comportarsi on stage. La band è sciolta, suona anche i brani più complessi con grande disinvoltura e interagisce spesso con il pubblico. Il frontman Jason Peppiatt ovviamente ha grande libertà di movimento e non lesina energia, interpretando inoltre i pezzi con notevole fedeltà. A proposito di questi ultimi, gli Psycroptic a inizio show rispolverano addirittura la vecchissima “The Isle of Disenchantment” per la gioia di tutti i fan della prima ora. Onestamente non ce lo si aspettava… forse anche la stessa band ha capito che la sua ultima prova in studio, “Ob(servant)”, non possiede esattamente lo stesso fascino dei primi lavori. In ogni caso, un gran bel concerto per una formazione che dal vivo ha davvero molto da offrire.

VOMITORY

Dalla tecnica e dalle finezze di Psycroptic e Obscura all’ignoranza totale dei Vomitory: non si poteva chiedere di meglio! Del resto, il caldo inizia a farsi sentire e, in tutta sincerità, non si ha più troppa voglia di concentrarsi per cogliere le evoluzioni di veri e propri mostri della tecnica. Ora è tempo di sciogliersi i capelli e di lanciarsi in una bella sessione di sano headbanging! E per questa pratica non c’è niente di meglio dell’old school death metal dei Vomitory, che senza battere ciglio iniziano a massacrare la folla a colpi di “The Carnage Rages On”, “Ripe Cadavers” e “Chaos Fury”. I suoni di chitarra non sono nitidissimi, ma va bene lo stesso: il pogo si accende e le prime file iniziano a ondeggiare avanti e indietro. Curioso notare come il gruppo affidi al chitarrista Peter Östlund il compito di presentare i brani… a quanto pare, il bassista/cantante Erik Rundqvist è un tipo assai timido. Non che la cosa ci importi molto, comunque… siamo qui per ascoltare death metal e sotto questo aspetto non si possono davvero fare appunti ai Vomitory quest’oggi. Volevamo essere annientati e i quattro svedesi ci hanno assolutamente accontentato.

GADGET

L’organizzazione del Brutal Assault fa un regalino di tutto rispetto a tutti i grind freaks accorsi al festival offrendoci l’opportunità di vedere i Gadget dal vivo. Il gruppo svedese non suona live tanto spesso, quindi è con grande curiosità che assistiamo alla sua performance nel pomeriggio di venerdì. Ci si aspetta una prestazione molto movimentata, ma purtroppo si rimane un pochino interdetti quando il frontman Emil Englund si presenta davanti alla folla con le stampelle. A quanto pare il nostro non può proprio camminare senza, quindi decide di piazzarsi in mezzo e di lasciare agli strumentisti il compito di animare il palco. Cosa che però non avviene granchè: pur essendo indubbiamente molto compatti quando si tratta di suonare, i Gadget non sono infatti esattamente degli animali da palco. Pazienza… ci si accontenta della musica e la band, lo ribadiamo, da questo punto di vista ha poco da imparare. I brani con influenze death metal fanno scapocciare intere file, mentre quelli più veloci e diretti generano un paio di circle pit niente male. Il pubblico quindi, aldilà di tutto, si diverte e non sembra dare troppo peso alla strana situazione sul palco. Bene così.

NOVEMBERS DOOM

Dopo tanto death metal e grind, decidiamo di tirare un po’ il fiato andando ad assistere al concerto dei Novembers Doom, un nome che in Europa è solito esibirsi una volta ogni cosiddetta morte di Papa. Purtroppo al gruppo americano è stato concesso uno slot nel tardo pomeriggio, quando il sole è ancora ben alto in cielo e la calura lungi dal dare tregua. L’atmosfera, insomma, non è delle migliori per proporre il doom-death metal caro alla formazione. Senza contare che i nostri, a livello di immagine, capelli lunghi a parte, danno l’impressione di essere un gruppo di impiegati di mezza età con il pallino della musica. Comunque, estetica a parte, la band fa una bella impressione per l’impegno che ostenta sul palco e per la sua sincera attitudine. Il frontman Paul Kuhr non compie un solo passo lontano dall’asta del suo microfono, però canta ogni singola strofa con grande fedeltà e trasporto. Idem il resto della band, statica, ma formalmente ineccepibile. Davanti ai nostri il pubblico è piuttosto numeroso, segue con interesse e canta anche alcune parti. “Rain” addirittura accende un piccolo pogo e questo visibilmente emoziona i ragazzi della band, che successivamente non perderanno più occasione per ringraziare i presenti dell’accoglienza tributata loro. In definitiva, uno show “particolare”… di sicuro un festival open air non è il contesto più adatto a ospitare una realtà come i Novembers Doom. Speriamo di poter avere la possibilità di vederli in un club per poter poi esprimere un giudizio più approfondito.

PESTILENCE

Dopo aver girato l’Europa in lungo e in largo con il tour primaverile, è ora tempo per i Pestilence di concedersi ai grandi festival, dove si ha la possibilità di esibirsi davanti a un pubblico più vasto e dalle varie estrazioni. Quest’oggi il gruppo di Patrick Mameli sfodera una prestazione coi fiocchi, riuscendo a tratti a far quasi dimenticare la pochezza del nuovo album “Resurrection Macabre”. Peter Wildoer dietro le pelli si riscatta alla grande dall’opaca prestazione offerta da suoi Darkane, Toni Choy fa ridere metà platea presentandosi on stage in tuta, ma ovviamente non sbaglia una nota, e Patrick Uterwijk e Mameli alla chitarre macinano riff con una precisione disarmante, coadiuvati tra l’altro da dei suoni nitidi e corposi. Come prevedibile, gran parte del pubblico è qui per i classici e quando partono “Lost Souls” e “Out Of The Body” sembra quasi di tornare agli inizi degli anni ’90 tanto la band viene acclamata e incitata a dare il massimo. E’ comunque la gran giornata di Mameli, che, rispetto a qualche mese fa, si dimostra nuovamente del tutto a suo agio con il growling e, come dicevamo, davvero un ottimo chitarrista. Le maggiori ovazioni sono soprattutto per lui e non si può certo dire che il nostro oggi non se le sia meritate.

ULVER

Superfluo sottolineare come il concerto degli Ulver sia il più atteso in assoluto per buona parte del pubblico accorso a questa edizione del Brutal Assault. Il progetto norvegese ha recentemente portato a termine la sua prima esibizione in 15 anni in madrepatria e ha ora deciso di concedersi anche a platee estere. Prima tappa di questa sorta di mini tour è appunto il Brutal Assault, happening sulla carta non esattamente consono all’attuale proposta di Kristoffer Rygg e soci. L’organizzazione tuttavia mette a disposizione degli Ulver uno slot in tarda serata e una produzione di tutto rispetto, che dà modo agli artisti norvegesi di esibirsi in un’ambientazione particolare. Quando il gruppo sale sul palco i giochi di luce risultano infatti veramente affascinanti e, sullo sfondo, è impossibile non notare un mega schermo che inizia a mostrare immagini sempre più enigmatiche (la prima, comunque, è la scritta “FORGIVE US”… andiamo bene!). Tocca quindi alla musica fare la sua comparsa… e ciò che gli Ulver decidono di offrirci questa sera è, come prevedibile, una selezione del loro materiale più recente, con estratti da “Shadows Of The Sun”, Blood Inside” e “Perdition City”. Godiamo soprattutto nell’ascoltare una versione quasi del tutto riarrangiata di “Porn Piece or The Scars of Cold Kisses”, la cui parte cantata (Rygg ha una voce strabiliante anche dal vivo) ci fa letteralmente venire la pelle d’oca. Interessante, se non fondamentale, l’abbinamento musica/immagini, dato che nessuno dei musicisti osa muoversi sul palco e che lo stesso Rygg assume una posizione piuttosto defilata. Come dicevamo, probabilmente non è un festival il contesto più appropriato per l’esibizione di una band come gli attuali Ulver: durante i momenti più soffusi, il rumore della folla si fa inevitabilmente fastidioso e il perenne andirivieni di gente rende difficile la concentrazione. Ci piacerebbe insomma rivedere il gruppo in un teatro o in una location simile. In ogni caso, non si può certo dire che la performance di questa sera non ci abbia affascinato… anzi!

EVERGREEN TERRACE

I melodic hardcorers Evergreen Terrace sono il classico pesce fuor d’acqua in un bill come quello del Brutal Assault. Tuttavia, c’è una folla nutrita ad attenderli quando salgono sul palco come ultimissimo gruppo della giornata di sabato. I ragazzi appaiono subito molto carichi e sfoderano una prestazione davvero divertente. L’ultimo “Wolfbiker” viene saccheggiato dei suoi brani più riusciti e il pubblico risponde alla grande, avviando immediatamente mosh pit e crowd surfing. Notevole la performance del chitarrista/cantante Craig Chaney: tutte le sue parti in pulito risultano intonate e spesso letteralmente identiche a quelle udibili su CD. Tanti presunti vocalist della scena hardcore/metal-core dovrebbero prendere esempio. Dal canto suo, il vero e proprio frontman Andrew Carey salta da una parte all’altra del palco, occupandosi dello screaming e di interagire con la folla. Onestamente, non ci si aspettava granchè dall’esibizione dei cinque floridiani, ma dobbiamo ammettere di essere rimasti piacevolmente colpiti dalla carica profusa dai ragazzi, che si sono dimostrati sia professionali che simpatici. Ora aspettiamo di ascoltare il nuovo album “Almost Home”, in dirittura d’arrivo!

THE RED CHORD

Letteralmente spaventosa la prestazione dei The Red Chord di quest’oggi. Il gruppo calca il palco all’ora di pranzo, ma impiega giusto un paio di secondi per attirare su di sè l’attenzione di chiunque. I volumi sono altissimi e Guy Kozowyk, nonostante la sua importante stazza, corre da una parte all’altra incitando la folla ad animare il pit. Detto fatto: quando partono “Black Santa” e “Nihilist” assistiamo ai primi calci volanti della giornata, per la gioia del frontman, che come suo solito non smette un attimo di ridere e di sfoderare il suo tipico humor. Fa poi piacere notare come i nostri, ridotti a un quartetto in seguito al licenziamento del chitarrista Mike Keller, non paiano affatto in difficoltà nel replicare dal vivo le loro schizofreniche trame: Mike “Gunface” McKenzie si dà un gran da fare alla sei corde e alle backing vocals, mentre il bassista Greg Weeks copre anch’egli metri e metri di palco, dando manforte a Kozowyk nell’aizzare i fan. Nella frenetica mezzora concessa alla band, trovano inoltre spazio due brani destinati a comparire nel nuovo “Fed Through the Teeth Machine”, in uscita a breve su Metal Blade Records. Non siamo riusciti a cogliere con precisione i titoli, ma, musicalmente parlando, ci sono sembrati più in linea con il materiale di “Clients” che con quello dell’ultimo “Prey For Eyes”. Abbiamo già l’acquolina in bocca…

CRIPPLE BASTARDS

Tocca ai Cripple Bastards rappresentare l’Italia a questa edizione del Brutal Assault. Quello di Giulio e compagni è un nome da tempo molto popolare in Repubblica Ceca, dunque non ci stupisce vedere accorrere parecchie persone di fronte al palco per la loro esibizione. Dal canto loro, i Cripple Bastards sfoderano la consueta performance adrenalinica e senza fronzoli, graziata tra l’altro da dei suoni più che decorosi sin dalle prime battute. Vecchi classici come “I Hate Her” e “Italia Di Merda” vengono alternati alle nuove perle di “Variante Alla Morte” per un mix di vecchio e nuovo che non fa letteralmente prigionieri. Tra le prime file si scatena un bel pogo e buona parte degli astanti dimostra inoltre di conoscere quasi a memoria le liriche (persino quelle in italiano!), cosa che rende l’atmosfera decisamente calda. Solo mezzora a disposizione del quartetto nostrano, ma più che sufficiente per annientare tutto e tutti. Anche in questa occasione, i Cripple Bastards si dimostrano una delle migliori grindcore band in circolazione.

THE FACELESS

Dopo aver assistito agli show di Obscura e Psycroptic, ovviamente non possiamo esimerci dal seguire quello dei The Faceless, una delle rivelazioni techno-death degli ultimi anni. I ragazzini californiani sono al loro primo (mini) tour europeo, ma, avendo suonato spessissimo negli USA di spalla a gente del calibro di Cannibal Corpse, Meshuggah e Nile, appaiono tutto fuorchè alle prime armi. Anzi, a livello di impatto e coesione, la band sembra in grado di poter insegnare qualcosina persino a realtà ben più longeve. I pezzi di “Planetary Duality” e del debut “Akeldama” vengono infatti proposti con una naturalezza invidiabile e anche se non tutti i membri della formazione paiono avere molta voglia di muoversi on stage, la performance risulta assai piacevole e coinvolgente. Il chitarrista/leader Michael Keene si occupa con efficacia anche delle clean vocals e, al contempo, non perde un colpo alla sei corde, mentre il frontman Derek Rydquist si dimostra ciarliero e piuttosto a suo agio nel suo ruolo. Umili e molto preparati, i The Faceless lasciano quindi una bella impressione fra il pubblico del Brutal Assault. Diamo sicuramente appuntamento loro al prossimo tour europeo.

EVILE

Quando andiamo a seguire il concerto dei thrashers britannici Evile rimaniamo un po’ disorientati: conoscendo il vecchio repertorio del quartetto, ci aspettiamo un concerto molto movimentato, all’insegna di rasoiate come “Thrasher” e “Armoured Assault”. Il gruppo invece appare subito un po’ stanco o comunque poco concentrato, tanto che anche i suddetti brani finiscono per risultare assai meno incisivi rispetto al solito. Inoltre, la band decide di presentare qualche pezzo che comparirà sul nuovo “Infected Nations” e questi fanno tutto fuorchè infiammare la folla. Al momento non sappiamo se tutta la nuova opera dei ragazzi inglesi suonerà come le tracce proposte quest’oggi, ma è certo che i midtempo fiacchi e ridondanti di cui i nostri si rendono protagonisti non fanno certo salire la voglia di ascoltare il loro prossimo lavoro. Ci si guarda attorno e si vedono solo facce dubbiose… che sta succedendo a questa band? Una semplice giornata storta o qualcosa di più? Lo sapremo a breve, quando avremo modo di ascoltare con attenzione il disco e di rivedere i ragazzi on stage nel prossimo tour europeo.

RAUNCHY

Quello dei Raunchy è proprio quel che si dice un concerto divertente. Il gruppo danese non si prende troppo sul serio e sin dalle prima battute inizia a scherzare con i fan, creando subito un’atmosfera goliardica e rilassata. Addirittura, fra i primi brani viene proposta la cover della hit pop “Somebody’s Watching Me”, che viene cantata perfettamente dal tastierista Jeppe Christensen e sorretta dai cori del pubblico durante l’inconfondibile ritornello. Per il resto, lo show è un “best of” degli ultimi due lavori in studio, che i fan dei modern metallers danesi dimostrano di conoscere a menadito. I chorus vengono puntualmente cantati da tutte le prime file e qualcuno arriva persino a intonare le parti di tastiera. Il gruppo comunque picchia duro, ma, ad un certo punto, sembra quasi di trovarsi a una festa negli anni ’80 tanto l’atmosfera sa di kitsch: tutti aspettano gli interventi di voce pulita e le melodie più tamarre e qualcuno inizia addirittura a ballare. Il frontman Kasper Thomsen se la ride di gusto e alla fine per la band è un piccolo trionfo!

IMMORTAL

Spiace un po’ ammetterlo, ma lo show degli Immortal di questa sera ci lascia un po’ freddini. Intendiamoci, il terzetto si presenta da vero trionfatore, attirando su di sè l’attenzione di praticamente tutta la folla radunatasi al Brutal Assault; inoltre, suona e tiene il palco con consumata esperienza, non lasciando nulla al caso. Ciò che non ci convince è sostanzialmente la scaletta. Tutto sommato, sembra di assistere a un concerto del tour di supporto a “Sons Of Northern Darkness”, cosa non esattamente negativa, però – se si considera che a oggi gli Immortal non hanno alcun nuovo album da promuovere e che da tempo hanno deciso di tenere solo poche date selezionate – era forse lecito aspettarsi qualche chicca in più dal vecchio repertorio. Certo, sia “Blashyrkh” che “Unsilent Storms In The North Abyss” trovano il loro spazio durante la performance, ma tutto il resto dello show sa un po’ troppo di prevedibile, essendo solo basato sul materiale degli ultimi tre full-length. Dejavu anche per il siparietto dello sputafuoco e per i fuochi d’artificio all’altezza delle trame più marziali. Insomma, niente di formalmente scadente, però l’impressione è proprio quello di stare assistendo a un concerto degli Immortal come tanti altri visti in passato. Altro che evento speciale…

MARDUK

Di ben altra pasta il concerto dei Marduk, che invece possono tranquillamente permettersi di puntare sul loro materiale recente, dato che rientra senza alcun problema fra le cose migliori della loro intera discografia. In ogni caso, Morgan e soci lo fanno solo in parte, concedendosi infatti anche delle scorribande nel passato, dal quale estrapolano solidi episodi come “On Darkened Wings”, “With Satan And Victorious Weapons” od “Of Hells Fire”, tutti suonati senza sbavature e interpretati da un Mortuus che dà sempre più l’impressione di essere il miglior vocalist che il gruppo abbia mai avuto. Il pubblico, dal canto suo, reagisce ottimamente, scatenando un pogo di dimensioni massicce che si protrarrà praticamente sino alla fine dello show. Ancora una volta, fa piacere vedere una band che agli inizi della decade sembrava decisamente in declino essersi ripresa in maniera tanto evidente, sia dal punto di vista compositivo che sul fronte popolarità. Nonostante i quasi vent’anni di attività, i Marduk nel 2009 sono una delle black metal band più esaltanti sulla piazza e questa sera al Brutal Assult lo hanno confermato alla grande.

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