BLACK TIDE
Più volte il tecnico al mixer stuzzica il pubblico, che ha già riempito il locale (configurazione “palco B”), staccando la musica di sottofondo per far esplodere il boato non appena qualche roadie compariva sul palco. Quando arrivano davvero i Black Tide l’accoglienza è dunque calorosissima, e l’entusiasmo riesce agevolmente a superare le prime file. Qualcosa però manca della carica del debutto che tanto ha fatto discutere (un gruppo su major, di minorenni, che debutta all’Ozzfest prima di pubblicare il primo disco?): la formazione questa sera è ridotta a trio, per l’assenza non comunicata di uno dei chitarristi. Tocca allora a “Little Gabe” Garcia, quindici anni, prendersi sulle spalle l’audience intera, sporcando le sue corde vocali di adolescente e aizzando un pubblico che li ha sostenuti dall’inizio alla fine. Inevitabile il paragone coi primi Metallica, forse cercato di proposito: considerando l’handicap e la poca esperienza però questo debutto italiano non può che considerarsi più che discreto.
BULLET FOR MY VALENTINE
Al momento i Bullet For My Valentine salgono sul palco il locale è pieno, anche al piano rialzato, e la partita è già iniziata. Spesso il pubblico si volta a sbirciare gli schermi sopra il bancone dell’Alcatraz, e non manca di sussultare ed esultare al rigore di Pirlo. Lo spettacolo dei gallesi parte in quarta, e da subito sono dissipati tutti i dubbi della immatura prestazione al Flamefest 06. La band è cresciuta parecchio e sa dosare le energie e dominare lo stage con perizia: “Scream Aim Fire” infatti, è veloce e rabbiosa, tutti cantano “Over The Top, Over The Top” e le urla delle ragazzine quasi sovrastano tutto il resto. Salta subito all’occhio come il frontman Matt Truck abbia abbandonato il growl quasi del tutto, affidando il “lavoro sporco” al bassista Jason, in un’organizzazione che equilibra miracolosamente i dispendi di energia e permette alle delicate corde vocali del frontman di reggere tutto lo spettacolo. Dopo “Disappear” e “4 Words” è già tempo del singolo di successo “Tears Don’t Fall”, che fa alzare in alto accendini e display illuminati di cellulari, traghettando l’audience verso il cuore dell’esibizione. Anche se il pubblico è presissimo, appaiono evidenti alle orecchie più allenate i limiti attuali della formazione: i pezzi hanno tutti la stessa struttura e i ritornelli melodici non sono sempre vincenti, inoltre la maturità dei gallesi sul palco è attualmente inferiore a quella dei loro concorrenti Trivium ed Avenged Sevenfold, i primi decisamente più heavy e capace di essere accettati anche da un pubblico più adulto, i secondi assolutamente smaliziati in virtuosismi e ambizioni elevatissime. Dopo circa cinquanta minuti senza scivoloni ma scevri di emozioni forti è tempo di chiudere lo spettacolo, con il nuovo singolo “Waking The Demon” ovviamente, come qualsiasi formazione mainstream dovrebbe fare per compiacere l’etichetta discografica. Non è ancora finita: i quattro restano sul palco e, certi di poter lasciare tutti a bocca aperta, attaccano con “Creeping Death” dei ‘Tallica (cover che il gruppo esegue abitualmente), generando un’indegna la reazione del pubblico, che tra lo spaesato e l’interrogativo resta praticamente inerme. A questo punto viene da chiedersi: queste nuove teen-sensation serviranno davvero ad introdurre al metallo le nuove generazioni? Ai posteri l’ardua sentenza…