24/09/2023 - BURNING TOWER FEST II @ Supermarket - Torino

Pubblicato il 02/10/2023 da

Report di Denis Bonetti e Enrico Ivaldi
Foto di Cristina Ferrero

Torino è viva. I lettori attenti avranno sicuramente notato come nell’ultimo anno le date dei vari tour e gli eventi che si svolgono in Piemonte – in particolare nel capoluogo – si siano moltiplicati.
Un evento in particolare si è fatto notare per il concept e la struttura, il piccolo fest Burning Tower che la scorsa primavera è stato costruito attorno ad una data italiana dei ben noti Esoteric.
A poco più di sei mesi di distanza, gli organizzatori ci riprovano, organizzando stavolta una seconda edizione con cinque band italiane di valore e, nuovamente, un ampio spazio alle performance artistiche musicali e visive di generi trasversali e alle esposizioni di opere d’arte, ospitate in una sala apposita.
Nella cornice del buon live club Supermarket che ha ospitato nell’ultimo ventennio appuntamenti live anche di un certo spessore (nomi come Gamma Ray, Nightwish, The Dillinger Escape Plan e Poison The Well hanno fatto tappa da queste parti) dalla seconda metà del pomeriggio si sono alternate le performance artistiche, che hanno poi lasciato spazio alla musica attorno alle 20.30.
Al di là di pregi e difetti specifici della giornata che andremo a raccontarvi fra poco, abbiamo davvero apprezzato il concept del festival, decisamente “poco italiano”, come osserverebbe il buon Stanis La Rochelle. Battute a parte, al Burning Tower si è avvertita realmente l’esigenza di proporre non solamente uno spettacolo musicale da parte dell’organizzazione, ma un’esperienza artistica a trecentosessanta gradi. Vediamo com’è andata. (Denis Bonetti)

Le performance che si sono alternate nel pomeriggio hanno tutte avuto una loro identità ben precisa e ci rendiamo conto che l’atto del semplice raccontare fa perdere molto dell’impatto che può aver invece percepito il pubblico presente, ma decidiamo di provarci lo stesso.
Sono solo poche decine le persone all’interno del locale nel tardo pomeriggio, e quello che notiamo sin da subito è come l’atmosfera scura, le luci soffuse del Supermarket e la scelta di coprire tutte le pareti con proiezioni varie, aiutino molto a creare una cesura vera e propria con la realtà esterna, quella di una ancora calda domenica autunnale. Con il forfait per questioni di salute di ALITHIA MALTESE di Spazio Corde che avrebbe dovuto presentare uno spettacolo di shibari, l’apertura dell´evento è affidata al COLLETTIVO EKATE, progetto attivo da una ventina d’anni il quale, con un industrial ambient rituale, in grado di riportarci alla mente Inade e le band della Loki Foundation, mette in scena uno spettacolo audiovisivo fatto di cupi drone alternati da momenti quasi tribali e costruzioni sonore di field recordings, manipolate con sapienza e dal suono abbastanza immersivo.
Un ottimo inizio per entrare nel mood del festival. (Enrico Ivaldi).
Disturbante e un po’ ansiogeno è il set proposto da WOURNOS AILEEN, LAURA AGERLI e OMEGA KUNST, strutturato da basi elettroniche piuttosto claustrofobiche (di chiara scuola power electronics), da proiezioni di immagini per la maggior parte in bianco e nero e da una performance vocale e mimica che si alterna fra parlato e recitazione.
Le luci stroboscopiche impiegate aumentano il senso di disagio nello spettatore e le movenze delle artiste ricreano un’atmosfera a metà tra la visione e l’incubo. I prop di scena sono bambole, libri e catene, impiegati per dare un messaggio non completamente comprensibile ma che emotivamente non può lasciare indifferenti. (Denis Bonetti)

Con PROPAGANDA 1904 ci si sposta invece su territori molto più onirici, dato che viene presentata la sonorizzazione live di “Lucifer Rising”, cortometraggio storico del regista sperimentale Kenneth Anger. Nella mezz’ora di proiezione si passa da tappeti elettronici a parti quasi progressive, grazie anche all’apporto del clarinetto di VITTORIO SABELLI (Dawn Of A Dark Age), capace di donare un tocco occulto e psichedelico che ben si adatta alle scene del film di Anger. (Enrico Ivaldi)
L’ultima performance rivede ancora sul palco OMEGA KUNST, insieme a FRIDA GHIOZZI e LAYLA SNAKEBITE. La loro esibizione è “Libra Ritual”, ovvero un vero e proprio rituale che a livello visivo richiama alla mente progetti come gli Heilung, misto ad una estetica riportata in auge da pellicole come “The Wicker Man” e più di recente da “Midsommar” (senza dimenticarci la prima, indimenticabile serie di “True Detective”).
Da un punto di vista musicale, a differenza di altre performance, la componente sonora è quasi assente se non per una base rarefatta base ambient, scandita solamente dai suoni dei campanacci delle figure femminili che passano attraverso il pubblico ed eseguono quello che si presenta come una sorta di rito sacrificale/propiziatorio legato alla natura.
Molto belli i costumi e curata la performance, anche se rimane, come l’altra esibizione proposta da Omega Kunst, di difficile interpretazione. (Denis Bonetti)

Con circa trenta minuti di ritardo, la prima band a prendere il palco sono i sorprendenti BOSCO SACRO che hanno debuttato con un disco stimolante come “Gem”, uscito qualche mese fa. La voce della cantante Giulia Parin Zecchin ci mette poco a riportarci alla mente esperienze come quelle dei The Gathering del secondo periodo, dei 3rd And The Mortal o dei più recenti e misconosciuti Sinistro.
Il loro è un doom rock con voce al femminile (un sottogenere che periodicamente porta in superficie belle sorprese), ma ci sono anche ambient, post-rock e shoegaze nelle composizioni dei nostri che sono sempre distese, riflessive e oscure.
Giulia è in grado di creare, con la sua voce, scenari densi alla maniera dei già citati The Gathering, dal tanto (al tempo) bistrattato “How To Measure A Planet” in poi. I pezzi tratti da “Gem” sono resi, sul palco del Supermarket, in maniera egregia e il tempo scorre fin troppo veloce. (Denis Bonetti)
Dopo di loro tocca agli ZOLFO, sludge band nostrana che non avevamo mai avuto modo di vedere in un contesto simile.
Le chitarre pesanti e fangose ci mettono poco a riportarci in un’ottica decisamente più metal, in un mondo in cui Conan, Eyehategod, Dopethrone e Bongzilla la fanno da padroni. I ritmi si alzano e ci accorgiamo che i suoni che ci sta offrendo il locale sono di buona qualità.
Gli Zolfo sul palco ci credono davvero, e dimostrano di aver imparato bene la lezione dai padri del genere senza fortunatamente mai cadere nel classico tranello del copia-incolla, rischio sempre in agguato in un genere come lo sludge. (Enrico Ivaldi)
Dopo un cambio palco non velocissimo tocca agli HIEROPHANT, realtà ormai internazionale che si è consacrata in questo 2023 con diverse apparizioni di lusso, tra cui il palco dell’Hellfest. Abbiamo avuto modo di vedere il quartetto in numerose occasioni negli ultimi dodici mesi e li abbiamo apprezzati ancora una volta: con gli anni gli emiliani si sono evoluti verso un black/death metal ferale, esteticamente vicino al war metal ma mai così estremo dal punto di vista musicale, riversato senza remore ancora una volta sul pubblico presente, che ormai conta un centinaio abbondante di persone.
Serrate ma sempre comprensibili, riconosciamo le bordate di “Death Siege” e “Seeds Of Vengeance” ma il set dei nostri si conclude però dopo una manciata di pezzi, probabilmente per permettere alle band rimaste di presentare un set di lunghezza accettabile. 
Guardiamo l’orologio e ci rendiamo conto infatti che il ritardo è aumentato e temiamo un po’ il ritorno a casa, visto che si tratta comunque di una domenica sera.
Allo stesso modo però ci facciamo un giro per il locale, tra i banchi del merch e l’area espositiva, e notiamo come l’intento organizzativo sia realmente lodevole. Notiamo anche come il pubblico presente tra l’altro sia una miscela di persone appartenenti a scene differenti e non si siano presentati solo – scusateci il termine – i soliti ‘metallari’ onnipresenti ad appuntamenti simili. (Denis Bonetti)
Nel frattempo, il numero di persone sotto al palco fa capire che è il momento dei NERO DI MARTE, ormai diventati tra le band di punta del panorama metal estremo italiano, visti anche i numerosi apprezzamenti nei loro confronti di gente come Luc Lemay, uno che un certo tipo di death metal lo ha codificato.
La prestazione dei quattro è, manco a dirlo, stellare per tecnica, intensità, dinamica e groove, con un Galati alla batteria sempre da applausi per gusto ed eleganza. Con un set, che pesca dall’ultimo “Immoto”, di poche canzoni vista l’elevata durata media delle stesse, l’esibizione dei nostri ha come unica nota negativa il volume troppo basso in alcuni punti della voce, spesso soffocata dagli altri strumenti. Vista l’unicità del cantato di Sean (croce e delizia del loro suono), questo ha rappresentato un handicap non da poco.
Arriviamo alla conclusione con gli headliner THE SECRET che paiono essere tornati stabilmente in attività dopo anni di silenzio. Il gruppo triestino ha sempre raccolto molto più all’estero che in terra natia, grazie ad un suono originale e all’interesse di una etichetta che come la Southern Lord.
Il loro mix tra grindcore, hardcore e le atmosfere claustrofobiche del black metal, non sembra invecchiato di un giorno e la cattiveria con cui viene proposto dal vivo è francamente scioccante, per intensità, violenza e nichilismo.
Bordate come “Agnus Dei” o “Death Alive” risuonano come pugni sullo sterno e, a causa del poco tempo a disposizione, il set risulta asfissiante, senza pause. Si vocifera che con l’anno nuovo Michael e compagni potrebbero dedicarsi a nuove canzoni: da parte nostra, vista la forma attuale dei friulani, le aspettative sono alte.
Come da tradizione torinese l’ora si è fatta (troppo) tarda e i ritardi accumulati hanno purtroppo sacrificato un po’ le ultime band, ma torniamo a casa con la sensazione che eventi trasversali come questo manchino nel nostro paese, a volte ancora troppo standardizzato e impaurito dalla contaminazione di generi solo apparentemente distanti tra loro. Certo, qualcosa da migliorare c’è (oltre un’ora di ritardo per un evento così serrato nell’alternanza di performance e band ha rappresentato una pecca non trascurabile) ma le idee, il coraggio e la voglia di uscire dal format classico dei mini festival italiani con un concept coerente ed eterogeneo meritano un plauso.
Ci vuole uno sforzo di entrambe le parti (organizzatori e pubblico), ma speriamo che la strada si spiani per riuscire ad avvicinarci a quelli che sono ormai gli standard di molti paesi europei. Un punto di partenza è sicuramente quello di supportare eventi come il Burning Tower Fest, e per quello che ci riguarda aspettiamo la prossima edizione. (Enrico Ivaldi).

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