Dopo un periodo di appannamento, la Candlelight Records pare essere tornata a essere un punto di riferimento per tutti gli amanti delle sonorità underground. Certo, il roster attuale probabilmente non regge del tutto il confronto con quello degli anni ’90, quando l’etichetta britannica promuoveva formazioni come Emperor e Opeth, ma, tutto sommato, pure oggi i “colpi” non mancano, soprattutto se si pensa a stili blackeggianti. Sull’onda di questa “rinascita”, è dunque nato il Candlefest, mini-festival patrocinato dalla label che vede esibirsi alcune delle realtà più in vista del roster che hanno base in Gran Bretagna e zone limitrofe. Metalitalia.com ha avuto il piacere di assistere all’edizione londinese dell’evento, che ha coinvolto svariati gruppi sin dal primo pomeriggio di un freddo sabato novembrino. Purtroppo, causa impegni lavorativi, ci è stato impossibile seguire le prove di October File, Xerath, Eastern Front e Falloch, ovvero ben metà del bill, ma ci siamo rifatti con le performance della serata, che, oltre a essersi tutte rivelate di buon livello, hanno potuto anche godere di un’affluenza di pubblico importante.
THE ROTTED
Il nuovo “Ad Nauseam” non ci ha convinto troppo, ma dal vivo i The Rotted continuano a fare la loro figura. Il gruppo ha esperienza e può contare su un frontman abile come Ben McCrow, che sa bene come tenere il palco e coinvolgere la folla. L’impianto sonoro dei nostri è poi piuttosto semplice da replicare in sede live, di conseguenza la band si vede subito dotata di suoni enormi e ben definiti, che senza dubbio aiutano a lasciare il segno. Anche i pezzi del nuovo lavoro, insomma, decollano in men che non si dica, scatenando un bel pogo e continui moti di approvazione sia fra le prime file che nel retro. Per omaggiare qualche ex membro presente tra il pubblico, viene anche riproposta la vecchia “Only Tools And Corpses”, vecchia hit del repertorio dei Gorerotted che, assieme alla ficcante “Surrounded By Skulls”, si rivela l’apice di questa piacevole mezzora a base di death’n’roll.
WINTERFYLLETH
I Winterfylleth sono probabilmente una delle pagan black metal band più sobrie in circolazione: capelli corti, jeans e maglietta. Nessun orpello extra. Anche il modo di tenere il palco è abbastanza inusuale per i canoni del genere: i ragazzi di Manchester sorridono in continuazione e hanno un modo di fare molto rilassato. È la musica a parlare… e quest’ultima sembra andare dritta al cuore dei presenti, visto che probabilmente i Winterfylleth si portano a casa i consensi maggiori della serata. Proponendo un sound che stilisticamente sembra una via di mezzo tra Primordial ed Enslaved, con parti in voce pulita ben cantate e un certo dinamismo a livello ritmico. Buona parte del pubblico pare essere qui soprattutto per loro e in breve tempo tra le prime file inizia a spandersi una sorta di fervore eroico che porta in molti a stringere d’assedio il palco, con gente letteralmente schiacciata gli uni contro gli altri in un grande abbraccio. Vengono continuamente invocati titoli dei brani e la band sembra sempre pronta ad accontentare tutti, anche se viene dato maggiore spazio al recente “The Mercian Sphere”, dalla quale viene estratta la lunga suite “The Wayfarer”. Decisamente uno show riuscito, quello del quartetto, che in poco meno di quaranta minuti impressione praticamente chiunque all’interno dell’Underworld.
ALTAR OF PLAGUES
I “post” black metallers Altar Of Plagues giungono a Londra nel pieno di un tour che per la prima volta li ha portati in quasi tutti i territori europei. Avendoli già ammirati varie volte in passato, sappiamo bene cosa aspettarci dai ragazzi irlandesi e, in effetti, la performance ci soddisfa esattamente come avevamo previsto. Si notano comunque continue migliorie nei loro concerti: la presenza scenica è più sciolta e curata, la preparazione tecnica pare consolidarsi con ogni tour e l’idea di portare dal vivo alcuni degli strumenti artigianali utilizzati nelle registrazioni del recente “Mammal” si rivela azzeccata… non sempre l’acustica dell’Underworld permette di saggiarne a pieno le potenzialità, ma senz’altro questa trovata dà ulteriore colore a un’esibizione già di per sè particolare. Come sempre, i quattro non rivolgono una sola parola ai fan durante la performance: l’attenzione è orientata solo sugli strumenti, sui quali i nostri si contorgono quasi come se fossero posseduti da qualche spirito. Viene dato grosso spazio a feedback e rumori, che spesso vengono utilizzati per legare fra loro le varie tracce. Non vi sono infatti vere e proprie pause negli show degli Altar Of Plagues: il gruppo suona senza soluzione di continuità, in un’atmosfera che sa quasi di jam session. Si riconoscono “Earth: As A Womb” e “Feather And Bone”, ma viene anche improvvisato qualcosa. Il batterista, comunque, detta le tempistiche, quindi il gruppo riesce a mantenere il proprio “rito” all’interno dei quaranta minuti concordati. Esplodono gli applausi e i nostri se ne vanno senza degnare di uno sguardo la platea… per saluti e chiacchierate ci sarà tempo al banco del merchandise. Sul palco, gli Altar Of Plagues non sono di questo mondo.
ANAAL NATHRAKH
Un’altra band di “alieni” arriva sul palco un quarto d’ora dopo. Sono gli Anaal Nathrakh, giustamente headliner della manifestazione, avendo da sempre un seguito invidiabile, che si è ulteriormente rafforzato negli ultimi anni con il passaggio alla Candlelight. Notiamo subito che nella lineup non compare il leader del gruppo, Mick Kenney, ma non facciamo in tempo a porci delle domande che il buon V.I.T.R.I.O.L. spiega la situazione: a quanto pare, Kenney è al momento bloccato negli Stati Uniti, dove ultimamente risiede, per problemi con il visto e il governo americano non gli ha concesso il permesso di uscire dal paese. I nostri hanno deciso di esibirsi senza di lui solamente perchè la data era da tempo pubblicizzata, quindi per evitare di mancare di rispetto ai fan che avevano già comprato il biglietto. Fatta questa precisazione e presentato al pubblico il turnista scelto per sostituire Kenney alla chitarra, la band dà vita al suo consueto marasma sonoro, potendo contare su una formazione che, nonostante tutto, è ormai piuttosto affiatata. Si nota qualche imperfezione nell’esecuzione, ma, considerata la particolare circostanza, nessuno sembra darci più di tanto peso, anche perchè l’affabilità di V.I.T.R.I.O.L. e la ferocia con cui il gruppo si getta nella performance riescono tutto sommato a compensare tali pecche formali. Dal canto loro, i fan non fanno certo mancare il loro supporto al quintetto, il quale ben presto vede il proprio spazio sul palco invaso da numerosi esagitati che innescano una gara di stage-diving, ulteriormente sostenuta dal frontman con numerosi incitamenti. “Lama Sabachthani” e “Satanarchrist” aprono anche un vero e proprio pogo nel mezzo della sala, mentre “In The Constellation Of The Black Widow” manda tutti in visibilio e sprona a cantarne il chorus. Dopo mezzora abbondante è già il turno dei saluti: forse il set è stato abbreviato per il succitato inconveniente, forse no… resta il fatto che il gruppo, nonostante tutto, anche questa sera è riuscito a divertire e che i fan hanno dato l’impressione di essere soddisfatti. E, in fin dei conti, ciò era la cosa più importante in una serata come questa.