16/08/2011 - CANNABIS CORPSE @ Parco Delle Morelle - Rosignano Marittimo (LI)

Pubblicato il 18/08/2011 da

Chi conosce bene la costa toscana sa quello che una notte di tarda estate ha da offrire: tranquille serate sul mare, stagliati nel buio da un falò e trasportati dall’odore acre ma intenso della macchia circostante, in uno stato di lascivo abbandono figlio di organizzazioni turistiche approssimative e completato dal piacevole stordimento di un’abitudine divenuta quasi tradizione. Questo scenario offre raramente sorprese, tuttavia qualcosa ogni tanto accade: qualcosa di insolito, per intenderci, come un concerto dei Cannabis Corpse. Per molti ragazzi questo ha rappresentato un appuntamento imperdibile, perché non sempre tutti hanno la possibilità di assistere ad un concerto “vero”; è dunque chiaro come l’affluenza sia stata massiccia, relativamente all’evento (di carattere molto locale). Eravamo presenti anche noi di Metalitalia.com, che abbiamo seguito la prestazione del gruppo americano lasciandoci coinvolgere subito dalla marcata attitudine live della band, rimanendo dopo il concerto a scambiare, in amicizia, due chiacchiere con il gruppo.

LULLABIES TO DIE

Aprono la serata questi giovanissimi ragazzi alle prese con un metalcore piuttosto canonico: chiaro come l’età non favorisca il processo di songwriting e come salire su un palco serva anche per ben figurare con le ragazze, ma un po’ di personalità in più non avrebbe guastato, oltre le ben note pose: tra l’altro, durante i rituali saltelli, non erano nemmeno a tempo. Matureranno.

CARLOS DUNGA

Seguono questi onesti mestieranti del hardcore-punk fiorentino, capaci di tenere il palco grazie al loro spirito positivo e divertito: il pubblico, che in maggior parte conosce la band, si lascia coinvolgere volentieri da quello che risulta un allegro “tupatupa-show”, che si conclude con una cover degli 883 (“S’Inkazza”) che tanto ha tormentato le orecchie dei metallari attivi negli anni novanta, ma che appare perfetta per il tono scanzonato dell’esibizione.

BURN INSIDE

Penultima in scaletta, la band di Livorno giustifica la sua posizione grazie ad una certa notorietà acquisita nella zona. Si tratta di un metal fortemente novantiano, ispirato ai Pantera del periodo 1994-1996, carattere percepibile grazie alla varietà di soluzioni affini al southern sound innestate su un discreto tessuto ritmico carico di groove e riff stoppati. Il songwriting, per quanto affatto innovativo, è maturo a sufficienza da rendere ogni pezzo perlomeno fruibile: chi non conosce apprezza, chi conosce si lascia andare volentieri, trainato dal cantante in vena di emulazioni anselmiane.

CANNABIS CORPSE

I Cannabis Corpse partono un po’ trattenuti, forse per timidezza o forse per una necessaria fase di rodaggio, ma non importa: già al terzo pezzo hanno ingranato le giuste marce e scaldano lo spettacolo. Ciò che ci si para davanti è un gruppo in perfetta forma che sa come coinvolgere il pubblico con un dialogo costante e una presenza scenica degna di un gruppo thrash anni ottanta: LandPhil sembra in effetti provenire direttamente da quell’epoca, sebbene più giovane di molti degli avventori. Sbrigata l’intro strumentale, i Cannabis Corpse iniziano a sommergere il pubblico con la loro musica old school nell’anima e veicolata da suoni più che discreti, anche se non proprio perfetti nei volumi: la chitarra era un poco bassa, la cassa un poco alta (con la tendenza a coprire il resto), tuttavia – considerando anche l’occasione – si è trattato di pecche davvero minimali. Dopo un trittico di tutto rispetto (“Mummified In Bong Water”, “Fucked With Northern Light” e “Blunted At Birth”), il pubblico è già sufficientemente caldo per abbandonarsi ai rituali cori alcolici: i primi a rimanere colpiti sono proprio i musicisti, che non si aspettavano certo una tale affluenza e una tale accoglienza. Non ci mettono molto, comunque, ad adeguarsi: durante tutta la prestazione non è infrequente vedere gente che passa da bere alla band (limoncello, vinaccio toscano…tutto, tranne l’acqua!), che risponde alzando il livello della prestazione: in determinati momenti sembrava di stare dentro un vecchio video dei primi Cannibal Corpse, tant’è vero che Weedgrinder sembrava un figlio piccolo di Chris Barnes: piegato in avanti, coi capelli sulla faccia, rantolava a bassa frequenza supportato dal gradimento del pubblico, a sua volta ammaliato dall’attitudine live. Da un punto di vista prettamente tecnico si può dire che il loro show sia stato impeccabile, poiché ogni membro è evidentemente in possesso di capacità strumentistiche di alto livello, che rappresentano un valore aggiunto: sezione ritmica precisa e incisiva, prestazione vocale mai calata e soprattutto grande prova del chitarrista sia per intensità che per perizia, tanto da non lasciare spazio ad eventuali rimpianti per l’assenza della seconda chitarra, solitamente registrata su disco. Le canzoni suonate sono state estratte un po’ da tutti gli album: in particolare le quattro presentate dall’ultimo evidenziano come i Cannabis Corpse, nella loro storia, abbiano seguito un percorso evolutivo di tutto interesse che li ha portati, dal groove roccioso delle prime composizioni, alle strutture articolate dei pezzi di “Beneath The Grow Lights Thou Shalt Rise”, senza perdere in impatto ed acquisendo spessore dal punto di vista deglo arrangiamenti. Prima della fine dello show c’è spazio per due bis che il pubblico gradisce molto, seguiti dalla foto commemorativa di tutte le band insieme.

Setlist della serata:

Intro/Chronolith
Sentenced To Burn One
Mummified In Bong Water
Fucked With Northern Light
Blunted At Birth
Dead By Bong
Shit Of Pot Seeds/Staring Through My Eyes That Are Red
Sworn To The Bag
Skull Full Of Bong Hits
Where The Kind Lives
I Will Smoke You
Every Bud Smoken

bis:

Gateways To Inhalation
Disposal Of The Baggy

PS. Il modo migliore per concludere la serata è, forse, per molti ovvio: chiacchierare di death metal con Andy e Nick dei Cannabis Corpse e scoprire di avere molti punti di vista in comune sulla materia. In particolare Andy ha mostrato una profonda conoscenza della materia heavy metal tutta, al punto da citare – tra le band storiche del metal underground – il nome dei Fingernails, storico ensemble romano. Da lì in poi sono partiti gli abbracci, le birre, le pacche e tutto ciò che svincola una situazione dal tempo, immortalandola tra i ricordi migliori.

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