A cura di Giacomo Slongo e Maurizio “MorrizZ” Borghi
Foto di Francesco Castaldo
A un anno esatto dal Full Of Hate e a pochi mesi dalla performance del Gods Of Metal 2012, è di nuovo tempo di passare in Italia per i Cannibal Corpse. Questa volta il contorno sarebbe dovuto essere interamente ‘made in the United States of America’ ed anche abbastanza variegato (per molti deathster addirittura ‘modaiolo’!). Non per colpa dei The Black Dahlia Murder ovviamente, ma piuttosto per la presenza ‘scomoda’ di formazioni come Devildriver (colpa dell’eretico Dez Fafara) e Winds Of Plague (mischiare hardcore e black sinfonico è un reato imperdonabile agli occhi dei puristi). Questi ultimi però hanno dato buca all’ultimo momento, forse preoccupati per la propria pellaccia, lasciando spazio all’orgoglio nazionale Hour Of Penance, che si sono trovati in uno slot non prestigioso ma comunque irrinunciabile. L’Alcatraz in configurazione ‘Palco B’ accoglie un pubblico affamato da una pausa invernale decisamente troppo lunga…
HOUR OF PENANCE
Spetta agli Hour Of Penance, lanciatissimi dopo le tournée americane con The Black Dahlia Murder e Cannibal Corpse, calcare per primi le assi del palco e dare ufficialmente il via alla serata. I Nostri sanno bene di giocare in casa, di fronte ad un pubblico esagitato e pronto a mettere a repentaglio la propria incolumità nel pit, partendo a razzo con una “Sedition Through Scorn” che fuga immediatamente qualsiasi dubbio sullo straordinario livello di professionalità ed affiatamento raggiunto dalla band, con le chitarre di Giulio Moschini e Paolo Pieri ad inseguirsi in un turbinio di riff al cardiopalma e la sezione ritmica di James Payne e Marco “Cinghio” Mastrobuono dei Buffalo Grillz (sostituto temporaneo dello ‘storico’ Silvano Leone, impossibilitato a seguire i propri compagni) a dettare con fermezza i tempi della setlist. Come già avevamo avuto modo di constatare durante la performance al Metalitalia.com Festival, la parte da leoni viene affidata agli estratti del recente, acclamatissimo “Sedition”, accolti con un boato dalla stragrande maggioranza degli spettatori radunatisi contro le transenne: dal groove contagioso di “Ascension” alle bordate iconoclaste di “Decimate The Ancestry Of The Only God” (a detta di chi scrive, la canzone-manifesto del quartetto capitolino), il concerto assume presto i connotati di un’autentica carneficina, conclusa sulle note di “Misconception” e con decine di corpi vittime di un circle-pit implacabile. Realtà imprescindibile del firmamento death metal mondiale.
(Giacomo Slongo)
Setlist
Sedition Through Scorn
Paradogma
Slavery In A Deaf Decay
Ascension
Decimate The Ancestry Of The Only God
Misconception
THE BLACK DAHLIA MURDER
In attesa di “Everblack”, in uscita a giugno su Metal Blade, i The Black Dahlia Murder sono sicuramente dei gregari di rilievo per questo European Torture Tour 2013: si sono già fatti conoscere anche dagli estimatori del death melodico nel Bel Paese e possiedono tecnica, savoir-faire e una cartucciera ben fornita. “A Shrine to Madness” dà il via ad un set asciutto e veloce (nel senso che gli interventi extra-musicali saranno ridottissimi, come le pause), composto da nove canzoni che rappresentano in egual modo tutti gli album, escludendo del tutto solo l’acerbo debutto “Unhallowed”. Il frontman Trevor ci sembrava anche dimagrito un pochetto nella sua tenuta all black, fino a quando ha deciso di levarsi la maglia come suo solito, facendo bella mostra del ventre flaccido in un turbinio di mosse goffe e bizzarre. Come sempre è lui il jolly dei TBDM: potendo contare su una controparte musicale di tutto rispetto, anche stasera molto precisa e super affidabile, Trevor si lascia andare completamente risultando simpatico e coinvolgente, di conseguenza i presenti cominciano a movimentare seriamente le prime file. “Everything Went Black” e “I Will Return” chiudono un’esibizione che non offre alcun inedito (è ancora presto per pretenderlo, ma un po’ ci speravamo) davanti alla quale Milano non può che battere le mani.
(Maurizio Borghi)
Setlist
A Shrine To Madness
Moonlight Equilibrium
Statutory Ape
Miasma
On Stirring Seas Of Salted Blood
What A Horrible Night To Have A Curse
Necropolis
Everything Went Black
I Will Return
DEVILDRIVER
Un cambio palco abbastanza lungo, una pre-intro di svariati minuti che scombussola (simile a un canto gutturale) e il bombardamento mediatico sulle freschissime elezioni politiche hanno concorso al siparietto comico di un gruppo di persone che, prima che iniziassero i Devildriver, si è lanciato in un folle e contagioso ‘Chi non salta Berlusconi è!’. Come sempre la ‘California Groove Machine’ è introdotta dal lungo incipit strumentale di “End Of The Line”, presentazione perfetta per la band che, almeno in Italia, è percepita come la più distante dal credo death metal professato nel cartellone. Abbiamo fatto in tempo a sentire i primi commenti post-concerto e, dal punto di vista di chi scrive, non si capisce il motivo di tanto astio nei confronti di Dez Fafara. Sorvolando sui gusti personali, le impressioni oggettive sono le seguenti: il gruppo ha goduto finalmente di suoni ottimi (almeno così si percepivano dal mixer), che gli hanno permesso di far breccia tra gli appassionati di prime file e non; e se così non fosse, il caos di fronte al palco sarebbe solo una manifestazione atletica e sportiva, visto che la partecipazione è stata continua, incessante e condita da applausi. Secondo parere oggettivo: anche se i Coal Chamber lo privano di integrità ideologica, Dez Fafara è il miglior comunicatore della serata, sta a voi identificare se questo significa aver carisma o meno, sta di fatto che a un gesto delle sue mani i circle pit si aprivano, si allargavano, aumentavano di velocità o si spegnevano. Terzo: la band in toto è stata la più dinamica e violenta sul palco, anche grazie al contributo del nuovo arrivo Chris Towning (Bury Your Dead), assunto a tempo indeterminato dopo pochissimo tempo, grazie alla sua energia strabordante. “Chi è mai stato in California? Vi manca? A me mancano l’erba, le pistole, e la miglior fica a pelo rosso che possiate trovare…”, ed ecco che “Clouds Over California”, seguita da “Meet The Wretched”, chiude un set da veri e propri co-headliner. Menzione particolare per il bellissimo microfono in mano a Fafara: uno Shure 55s vintage customizzato da una luce rosso fuoco all’interno…stupendo!
(Maurizio Borghi)
Setlist
End Of The Line
Cry For Me Sky (Eulogy Of The Scorned)
Dead To Rights
These Fighting Words
Head On To Heartache (Let Them Rot)
Not All Who Wander Are Lost
I Could Care Less
Horn Of Betrayal
Hold Back The Day
The Mountain
Clouds Over California
Meet The Wretched
CANNIBAL CORPSE
Dopo venticinque anni di carriera, dodici dischi in studio e chissà quante centinaia di concerti alle spalle, comincia a diventare difficile parlare dei Cannibal Corpse. Granitica? Incurante dello scorrere del tempo? Come altro descrivere la band di Buffalo dopo la prova data in pasto al pubblico meneghino questa sera? I Nostri si presentano sul palco alla loro maniera, senza il benché minimo preambolo e con il solo logo sanguinolento a fare da scenografia, partendo a testa bassa con un trittico di brani estratti dalla loro ultima fatica discografica, “Torture”: “Demented Aggression”, “Sarcophagic Frenzy” e “Scourge Of Iron” si abbattono sulle teste degli astanti come colpi inferti da una mazza ferrata, tese fino allo spasmo le prime due – con un George “Corpsegrinder” Fisher da subito sugli scudi – ultra-groovy e rocciosa la terza, macigno di inaudita pesantezza la cui esecuzione è da annoverarsi tra gli apici di questo martedì di fine febbraio. Dei suoni perfetti dal primo secondo hanno fatto il resto, consentendo alle chitarre di Rob Barrett e Pat O’Brien e alla sezione ritmica di Alex Webster e Paul Mazurkiewicz di erigere un wall of sound spaventoso, ‘grasso’ ed incredibilmente impattante. “Disfigured” (ripescata dopo anni di latitanza), “Evisceration Plague” e la tellurica “The Time To Kill Is Now” proseguono il discorso sopra citato, fungendo da introduzione per il primo, vero salto nel passato della formazione statunitense: “This song is about shooting blood from your cock…”, occorre aggiungere altro? Basta la prima manciata di riff da “I Cum Blood” per permettere allo show di decollare una volta per tutte, spianando lo strada alla seconda infornata di brani: dall’antichissima “A Skull Full Of Maggots” al siparietto posto in apertura di “Stripped, Raped And Strangled” (non sarebbe il caso di cambiarlo?), la performance del Cadavere Cannibale è un continuo crescendo, tra deliri sanguinari degni del migliore film di Lucio Fulci ed un pubblico che sembra non averne mai abbastanza, incitante a più riprese i propri beniamini. In definitiva, il solito, efficientissimo concerto ad opera di cinque ragazzoni il cui stile e la cui dedizione continuano, alla faccia degli anni e delle mode, a fare scuola. Stupiti? Noi no, per niente.
(Giacomo Slongo)
Setlist
Demented Aggression
Sarcophagic Frenzy
Scourge Of Iron
Disfigured
Evisceration Plague
The Time To Kill Is Now
I Cum Blood
Encased In Concrete
Pit Of Zombies
A Skull Full Of Maggots
Priests Of Sodom
Unleashing The Bloodthirsty
Make Them Suffer
Hammer Smashed Face
Stripped, Raped And Strangled