02/05/2006 - Carpathian Forest + Bloodthorn + Hate @ Alpheus - Roma

Pubblicato il 07/05/2006 da
A cura di Claudio Giuliani
 
Il tour europeo dei Carpathian Forest alla sua terza data passa per Roma. Al seguito dei cinque norvegesi troviamo i Bloodthorn (che hanno sostituito i defezionari Keep Of Kalessin) e i polacchi Hate. La sala non è piena e, che ci crediate o no, molto dipende dalla concomitanza dell’evento con la partita della Roma allo stadio: il connubio heavy metal – As Roma è una cosa che va molto, qui nella capitale. Il bill è abbastanza vario, gli Hate hanno già suonato in Italia mentre per i Bloodthorn si tratta della prima volta; i Carpathian Forest invece tornano a calcare il palco dell’Alpheus dopo circa un anno dalla loro apparizione in compagnia dei Tsjuder. Tre volte mi è capitato di vederli e per ben tre volte Nattefrost è salito sul palco brandendo, non la classica croce da capovolgere ma una bella bottiglia di vino bianco. Questa volta la bottiglia gli è stata pure rubata prima della fine da un fan che è salito sul palco e se l’è scolata. Un ottimo concerto per la band norvegese, ma anche per i Bloodthorn, prestazione tutto sommato sufficiente quella dei polacchi Hate, che hanno dimostrato di necessitare di un po’ di esperienza e quindi di meritare il ruolo di opener del tour. Il tour era anche la prima occasione per comprare il nuovo CD degli headliner, “Fuck You All” (al modico prezzo di 15 euro), ottimo album che segue la scia dei predecessori, ma nel banco del merchandise era possibile comprare anche perizomi marcati Carpathian Forest e, udite udite, un paio di mutande usate da Nattefrost al prezzo di 6,66 euro. Dev’essere un piacere esporle e riporle sul banco ogni volta…

HATE

La giovane band polacca ha da poco rilasciato sul mercato il suo nuovo album, “Anaclasis – A Haunting Gospel of Malice & Hatred”. Fedeli al loro “ossessionante vangelo di odio e malizia”, i quattro giovani musicisti ripropongono sul palco abbastanza fedelmente le canzoni dell’ottimo ultimo loro lavoro. Il loro brutal death metal (che risente un po’ dei suoni non eccezionali a disposizione) è d’impatto, ma, di certo, ha una resa migliore in studio rispetto alla sede live, dove qualche lacuna affiora inesorabilmente. Voce poco potente rispetto a quanto si può ascoltare sull’album e, per di più, la band ha risentito, in negativo, del cambio di drummer. Il giovane picchiatore dietro le pelli, infatti, non è lo stesso che ha registrato le parti di batteria di “Anaclasis” e questo si percepisce. Tale Hexen ha arrancato nelle parti di batteria veloci, rendendo più fiacche le buone composizioni della band. La scaletta è stata incentrata sul nuovo album da cui sono state estratte ben cinque canzoni. “Anaclasis”, “Necropolis”, “Malediction”, “Razorblade” e la finale “Hex” dotata di un break centrale da puro headbanging che ha conquistato i fan. Prova tutto sommato discreta, un buon riscaldamento.

BLOODTHORN

I suoni migliorano con l’ingresso dei norvegesi Bloodthorn che, nel corso della loro carriera discografica, sono passati da un black death metal farcito di voci femminili e tastiere ad un death metal brutale molto d’impatto. Il loro nuovo album “Genocide”, uscito da poco, è un ottimo esempio di death metal brutale che taglia definitivamente i ponti con il passato. Sulle note della intro più abusata della storia metal (molto pacchiana), salgono sul palco e con “Nightmare of Violence”, estratta dal nuovo album, iniziano la loro ottima performance. Il batterista, tale Jehmod, picchia duro sulle pelli, la band mostra un’ottima compattezza che si riflette appieno nella qualità dello show. Il pubblico gradisce ed accompagna l’esecuzione delle canzoni con un mosh da brividi che, di certo, sorprende anche i quattro norvegesi, abituati a suonare di fronte ad un pubblico immobile o poco più. Sulle note di “Blood And Iron” si scatena il finimondo, come anche su “Give Me Blood”, vecchia traccia che il pubblico ha cantato a squarciagola almeno nel ritornello, complice il cantante Krell che nel coro passava il microfono alla prima fila del pit. “Invoking The Apocalypse” e “Forced Selfmutilation” le altre tracce estratte dal “Genocide”. Chiusura con “Monolith Of The Dead”, pezzo potentissimo e spaccaossa che ha chiuso l’esibizione del combo. Personalmente mi sono tornati in mente i vecchi Angelcorpse. Il death metal dei norvegesi segue la scia della band americana, sciolta da anni: tempi serrati e velocissimi, voce graffiante su un muro di chitarre che sparano riff molto veloci. Se devo indicare i loro eredi, scelgo questi Bloodthorn. Ottima prova.

CARPATHIAN FOREST

Non credo di sbagliare se dico che Nattefrost e compagni incarnano l’essenza più rock and roll del black metal. Solamente gli ultimi Darkthrone, se suonassero dal vivo, potrebbero eguagliare (e superare) il coinvolgimento che la band norvegese propone nei suoi concerti. La band ha suonato per un’ora e un quarto facendo pochissime e brevissime pause. Quella romana era la terza data del tour e questa freschezza si riflette nella prestazione dei cinque. Scaletta incentrata sugli ultimi album, mentre dal nuovo “Fuck You All” è stata estratta solamente una canzone, “Diabolism”, un’ottima song che ha confermato l’imprenscindibilità dalla venatura thrash nelle composizioni della band. Caratteristica saliente della band, è che nelle esibizioni dal vivo non ha una scaletta. Questo mi è stato confermato in un’intervista dal bassista Vrangsinn, che ha detto che la band è capace di suonare sul palco una setlist scelta sul momento fra quaranta pezzi. Era possibile infatti durante il concerto vedere Nattefrost che chiedeva continuamente a Tchort quale pezzo proporre. Si sono alternati sul palco quindi pezzi come “Skjend Hans Lik” e la bellissima “The Angel And The Sodomizer” per poi passare a “Morbid Fascination Of Death”. Tchort è indeciso su che canzone eseguire e quindi cosa succede? Ecco Nattefrost che decide la scaletta e tutte di fila arrivano “He’s Turning Blue”, “Carpathian Forest” e “Knokkelmann”. Fanno la loro comparsa anche “Suicide Song” e “It’s Darker Than You Think”, nel bis prima fintato, e poi proposto dalla band. C’è ancora un minuto forse e quindi ecco arrivare “Bloody Fuckin Necro Hell” a chiudere un’esibizione coinvolgente e convicente per questa band che dal vivo non delude mai. Suoni buoni, musicisti in palla, Kobro sempre di livello superiore rispetto a tutti, e, last but not least, un frontman carismatico come Nattefrost che tiene il palco molto bene, si prende a calci col bassista mentre canta e non manca di coinvolgere tutti gli esagitati che salgono sul palco e bevono e scherzano con lui. Una band nata per suonare dal vivo, speriamo duri a lungo.

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