16/02/2006 - Cathedral + Electric Wizard + Grand Magus @ Transilvania Live - Milano

Pubblicato il 22/02/2006 da


A cura di Luca Filisetti

Com’era prevedibile, al Transilvania Live di Bassano Del Grappa nonc’era il tutto esaurito per la prima data italiana dei Cathedral. Ilpubblico presente comunque, per la maggior parte della zona, ma consparuti gruppetti provenienti da mezza Italia, si è goduto unospettacolo eccellente, grazie anche alla buona performance dei GrandMagus e a quella, eccellente diremmo, degli Electric Wizard. Gliheadliner poi hanno catalizzato l’attenzione e hanno coinvolto tuttigli astanti con le composizioni che tutti conoscevano a menadito. Dopoquesta infarinatura generale, vediamo nel dettaglio com’è andatol’evento doom dell’anno.

GRAND MAGUS

Poco prima delle 22.30, quando ormai il locale aveva accolto più o menotutti i pochi presenti all’evento, salgono sul palco i Grand Magus,trio svedese autore di un ottimo stoner e divenuto famoso in quanto ilsinger JB presta i suoi servigi anche nei ben più noti SpiritualBeggars. E’ proprio la portentosa voce del cantante a fare ladifferenza tra i Grand Magus e le altre decine di band che popolano ilmicrocosmo stoner: JB è infatti in possesso di una timbrica calda epotente, particolarmente adatta al genere, e la band modella la propriamusica sulla sua voce. Nascono così riffoni grassi e blueseggianti (adopera dello stesso cantante) e pesanti divagazioni sabbathiane, maiparticolarmente pesanti però. Il loro show è piuttosto breve, poco piùdi mezz’ora, ma i ragazzi dimostrano di saperci fare, nonostantepurtroppo proprio la voce non sia equalizzata al meglio, risultando unpo’ nascosta dagli strumenti. Sul palco la parte del leone la fa ilbassista Fox, davvero bello da vedere in azione e particolarmenteefficace, mentre JB si distingue per il suo nuovo look (testacompletamente rasata e baffoni lunghissimi). Tra l’entusiasmo delpubblico vengono proposti brani estratti da tutti e tre gli album dellaband, con ovvia predilezione per gli episodi contenuti nell’ultimo”Wolf’s Return”. La band, soprattutto il leader, si sofferma ascherzare con il pubblico delle prime file che, a fine concerto,tributa loro una piccola ma meritata ovazione.

ELECTRIC WIZARD

Dopo il cambio palco troviamo i possenti Electric Wizard, paladini diun doom sludge metal pesantissimo e ricco di feedback e distorsione.Assistere ad un concerto del quartetto inglese è un’esperienza unica esublime: il drummer Justin Greaves, ex Iron Monkey, è un verocavernicolo che sevizia il proprio strumento senza pietà; Rob Al Issaal basso, con tanto di barbone e sigaretta costantemente in bocca, halo sguardo perennemente assente, impegnato in chissà quale viaggiocosmico; Liz Buckingham, peraltro bellissima, è l’elemento più mobilesul palco, mentre il leader storico Jus Osborn è il solito orcourlatore, ideale terminale di una musica senza tempo e spazio. Dopoalcuni problemi di amplificazione alla chitarra di Liz, i nostritrovano subito la quadratura del cerchio e, tra assoli lunghissimi efeedback assortiti, ci regalano quasi un’ora di musica di eccelsaqualità. Chi scrive, per la prima volta da quando frequenta concerti,si è sentito realmente trasportato dalla musica in un’altra dimensione,una dimensione nella quale si perde la cognizione del tempo e tuttoappare dilatato e lontano. Alla fine, ascoltando i commenti delpubblico, si scopre che in molti hanno avuto le stesse sensazioni. Lesingole tracce propriamente intese perdono così di significato,lasciando spazio ad un continuo e magmatico flusso musicale ipnotico espaventosamente violento nella sua lentezza. Concerto unico nel suogenere, che fa degli Electric Wizard la band migliore della serata.

CATHEDRAL

Come sempre all’arrivo degli headliner il pubblico, in precedenzasparso per tutto il locale, si ammassa sotto il piccolo palcoinneggiando ai propri idoli. La band esce ed attacca subito con unadoppietta eccellente: “Vampire Sun” e “Tree Of Life And Death”, nellequali si evidenzia la carica annichilente del quartetto. Al diavolo laperfezione dei suoni, qui si alza il volume a palla e si fa del rock,tutto il resto non conta. Agghindati come sempre da rockstarsettantiane, i Cathedral nel loro complesso offrono una performanceottima, con un Lee Dorrian sempre sopra le righe che salta da una parteall’altra dello stage, urla come un dannato e, in almeno un paiod’occasioni, prende anche delle stecche clamorose. Ma è tuttoperfettamente inquadrabile nel Cathedral style, fatto di potenza esudore, nient’altro. Bisogna dimenticare alcuni pregevoli passaggistrumentali presenti su “The Garden Of Unearthly Delights”: qui siamoalla presenza di quattro maniscalchi che ci propongono brani che hannofatto la (loro) storia: “Ride”, “Soul Sacrifice”, “Commiserating TheCelebration”, “Grim Luxuria” e la splendida “Autumn Twilight”, per ilsottoscritto apice della loro performance. Grave però il fatto chesiano stati praticamente ignorati ben quattro album (“SupernaturalBirth Machine”, “Caravan Beyond Redemption”, “Endtyme” e “The VIIthComing”) e che dalla setlist siano state escluse tracce quali “UtopianBlaster”, “Enter The Worms” e “Voodoo Fire”. In sostanza, quello chehanno fatto è stato eccelso, ma resta l’amaro in bocca per ciò cheavrebbero potuto fare. D’altra parte, con otto album e quattro EP nelcarniere (praticamente tutti di buona qualità), delle scelte sonoinevitabili. Sulle note di “Hopkins” si conclude quindi quello che,nonostante si sia solo a febbraio, è stato l’evento doom dell’anno,almeno in Italia. Tutti i presenti hanno potuto assistere a delleperformance convincenti e assolutamente non artefatte che, una volta dipiù, ci consegnano tre band sul cui spessore artistico ormai non visono più dubbi. Doom On Forever.

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