A fianco dei grandi eventi e dei festival classici esiste davvero un numero imprecisato di piccoli festival di grande valore, organizzati con attenzione nella scelta delle band, con una connotazione grafica riconoscibile e un seguito fedele che ne garantisce una certa longevità.
Era un po’ che volevamo partecipare ad una rassegna musicale di questo tipo, pensata e realizzata per un numero di appassionati ridotto e se possibile – allo stesso tempo – dotata anche di qualche comfort in più del solito: l’austriaco Celebrare Noctem ci è parso essere esattamente quello che stavamo cercando e quindi a fine Novembre ci siamo recati in quel di Wels – fra Salisburgo e Linz – per assistere ad una due giorni di black metal piuttosto tradizionale e sicuramente underground, visti i nomi coinvolti.
In cartellone al Celebrare Noctem nel tempo abbiamo infatti visto nomi scelti secondo due direttive: headliner di un certo richiamo, seppur appartenenti all’underground, e nomi più recenti ma realmente ‘di culto’. Quest’anno nel bill oltre a realtà in giro da molti anni come Tulus, Khold, Koldbrann e Aura Noir, sono apparsi gruppi collegati ad etichette discografiche dal curriculum importante come Terratur Possessions, Invictus Productions, World Terror Committee e Nuclear War Now! che eravamo veramente curiosi di vedere esibirsi su un palco.
A voi il resoconto di come è andata.
VENERDÌ 29 NOVEMBRE
La nona edizione del festival viene divisa su due giorni, con la volontà precisa di offrire al pubblico poche band per giornata ma con scalette piuttosto corpose: è una scelta abbastanza inusuale se vogliamo, soprattutto pensando all’ossatura principale del fest, dedicato solamente ad un genere, il black metal.
In ogni caso, sei sono i gruppi del venerdì e altrettanti quelli del sabato, con inizio verso le cinque del pomeriggio. Mentre attendiamo la prima band, riusciamo a prendere la prima birra ed acclimatarci presso l’Alter Schlachthof di Wels che altro non è se non uno dei tanti, bellissimi centri di aggregazione giovanile con sala concerti annessa presenti nella zona mitteleuropea.
Un paio di bar, servizi, un bel cortile, dello street food e una stanza con alcune distro locali non potranno far altro che allietare la nostra esperienza. Appena sentiamo le prime note, entriamo nella sala concerti quasi completamente buia (fatta eccezione qualche luce fioca nella zona merch) e ci godiamo l’esibizione dei MYSTERIUM XARXES, formazione a cinque dedita ad un raw black metal molto classico e veloce che ha già una piuttosto nutrita discografia di stampo ultra-underground con EP e full usciti in quantità e formati limitati.
L’impatto è molto piacevole, sostenuto dall’estetica occulta di mantelli, bracciali borchiati, teschi e candele mostrata dal leader Homvnkvlvs e dai quattro musicisti che, nella quasi totale oscurità, lo affiancano dal vivo. La loro proposta scivola via magari senza particolari guizzi ma è sicuramente riuscita e crea una certa atmosfera.
Nel frattempo la sala concerti si va riempiendo progressivamente e per l’inizio dei norvegesi SYN, pur essendo solo le sei di un venerdì pomeriggio, almeno duecento persone sono presenti all’Alter Schlachthof e aumenteranno ancora. Ce li eravamo persi, i Syn, con il loro unico di “Villfarelse” uscito per Terratur Possessions. L’approccio è decisamente meno occulto (manca il corpsepaint e solo il cantante ha il volto coperto in stile Mgla), ma la band dimostra un tiro esecutivo decisamente notevole.
Il loro è un black metal classico che ci ha ricordato un po’ i vecchi Kampfar: quasi sempre veloci, le canzoni di “Villfaerese” si caratterizzano anche per i testi in norvegese, alcuni midtempo molto riusciti e l’innesto di qualche vocalizzo in pulito. Tra l’altro, sia con la precedente band che con i Syn siamo di fronte a due progetti legati ad un solo compositore nella dimensione da studio e quindi non abbiamo nessuna informazione sull’identità degli altri componenti. C’è da dire che, per la prova offerta, il quartetto norvegese ci è sembrato ben più che una studio band.
Dopo di loro tocca agli svedesi MORTUUS, correntemente parte del roster della World Trade Committee che ha pubblicato l’ultimo “Diablerie” nel 2022. Questa è una band che conoscevamo da tempo e, onestamente, non ci ha mai fatto impazzire per via della scelta di comporre pezzi molto lunghi, basati quasi interamente su tempi medio-bassi e sostenuti da tappeti di doppia cassa.
L’ultimo loro lavoro citato, un disco di tre quarti d’ora, è composto da solamente tre (!) pezzi e l’esibizione dal vivo a nostro modesto parere risente degli stessi problemi, dopo una quindicina di minuti: non neghiamo una certa intensità e atmosfera nell’esibizione dei Mortuus, ma non possiamo nemmeno fare a meno di evidenziare una staticità compositiva che ci ha fatto calare l’attenzione, soprattutto in relazione ad una setlist di quasi cinquanta minuti.
Dopo un paio di band visivamente scarne, l’allestimento di palco per i polacchi MANBRYNE è invece interessante, con candelabri, clessidre, simboli occulti e una sorta di palchetto dietro cui si posiziona Pawel ‘Sonneillon’ Marzec, anche voce dei più noti Blaze Of Perdition.
Come alcuni di voi sapranno, Pawel è su sedia a rotelle e possiamo dire che i Manbryne sono riusciti incorporare visivamente questa caratteristica in modo più che adeguato, visto che il singer sembra esibirsi da una sorta di pulpito/leggìo. La loro proposta per chi scrive è la migliore della serata al pari degli headliner, una vera sferzata di black metal sia classico (ci vengono in mente paragoni importanti come Mayhem, Tsjuder o 1349) che in stile polacco come ci hanno abituato i migliori Mgla. La voce si Sonneillon è realmente particolare, né un growl né uno scream, per un risultato che riesce a rendersi immediatamente riconoscibile.
Dopo aver cenato con gusto e fatto un giro alle distro, è ora dei redivivi KOLDBRANN, band che abbiamo seguito nel tempo e che davamo un po’ per dispersa fino all’anno scorso e all’EP “Den 6. Massedød”, uscito dopo una decade di silenzio o quasi.
I nostri non sono mai stati un gruppo di prima fascia in Norvegia: si sono formati solamente negli anni Duemila e non hanno mai sfornato capolavori assoluti del genere, anche se si deve loro riconoscere una certa coerenza stilistica legata al black metal della prima ora.
Nel 2024 i Koldbrann vedono ancora alla voce Mannevond, che nel frattempo è entrato anche nei Craft e nei Faustcoven, mentre risultano concluse le esperienze con Djevel e Urgehal. La loro scaletta si concentra sul nuovo “Ingel Skansel” più qualche puntatina al passato. Mannevond è uno che di palchi ne ha calcati tanti (e si vede), la band lo sostiene egregiamente e seppur non abbiamo sentito nulla di originale nei cinquanta minuti a loro concessi, possiamo dire di aver visto un vero show black metal old school.
Con una puntualità encomiabile, l’organizzazione fa salire i TULUS alle undici e un quarto in punto ed è realmente piacevole vedere il trio esibirsi in pezzi vecchi e nuovi. Prima di tutto, i nostri sono privi di qualsiasi make-up od orpello black metal; il leader Sverre ‘Blodstrup’ mostra immediatamente un’evidentissima attitudine rock’n’roll che ben fa il pari con la rilettura di Venom e Bathory che emerge dagli ultimi lavori in studio.
Il basso di Stian Krabol è subito in evidenza e fa il pari con la batteria di Sarke precisissima: insieme, creano un groove continuo che non può non ricordare Cronos e soci ai tempi d’oro.
Anche le incursioni nella prima parte di carriera – rilette con un suono così scarno – si incastrano perfettamente nella scaletta dei nostri che è realmente divertente e divertita. Magari sarà stata un’attitudine poco black metal, ma i Tulus ci sono sembrati realmente felici di essere sul palco del Celebrare Noctem.
SABATO 30 NOVEMB RE
Il secondo giorno inizia alla stessa ora, poco prima delle diciassette, con gli irlandesi COSCRADH e il loro ibrido di black e death metal che li ha fatti esordire su Invictus un paio di anni fa.
L’estetica è da manuale, con face painting sporco, gilet in pelle e collane di ossa al collo e la setlist conferma tutto quanto: furibonde cavalcate black/death stile Diocletian, Teitanblood o anche i nostri Hierophant.
L’oscurità della sala li aiuta molto nel creare un’atmosfera di oscurità e disagio che riesce a coprire, in qualche modo, una staticità compositiva legata proprio al genere di appartenenza.
Dopo di loro è ora dei FAUSTCOVEN e per la prima volta in due giorni vediamo proprio come l’Alter Schlachthof si riempia parecchio di fan in attesa: la band norvegese vede ancora alla voce Mannevond (già visto coi Koldbrann) ma è da sempre la creatura del chitarrista Gunnar Hansen e del batterista Johnny Tombthrasher.
La loro proposta è un occult doom di chiara derivazione Saint Vitus e Pentagram, appesantito nelle sonorità ed estremizzato nelle voci al punto di avvicinarsi anche a Barathrum e Mortuary Drape.
Attivi da un ventennio, i nostri si sono fatti largo di recente con gli ultimi due album, prodotti tra l’altro dalla Nuclear War Now!. Abbiamo riconosciuto diversi pezzi, tra cui le belle “Barbarian Assault”, “Under The Pagan Hammer” e “Castle Of The Tyrant”.
Rispetto alle versioni su disco, i suoni dei Faustcoven sono meno distorti, la voce meno effettata e così la band tradisce molto di più le proprie origini occulte e doom. Piacevolissima esibizione, la loro.
Gli altrettanto attesi CHAOS INVOCATION hanno purtroppo dato forfait qualche giorno prima e vengono sostituiti dai WEATHERED CREST, gruppo austriaco della zona.
Il terzetto ci è completamente sconosciuto ma si mostra subito adeguato con il proprio suono nerissimo e paludoso. Ennesima one-man band (nella versione studio) di cui si hanno pochissime informazioni, quella a cui assistiamo è una setlist di black metal vecchia scuola che mantiene però una certa attenzione per le lead di chitarra squillanti a sufficienza per distinguersi nel suono complessivo.
Con le dovute cautele, ci sentiamo di paragonarli a quel movimento raw black che negli ultimi anni sta arrivando dagli Stati Uniti e che può essere rappresentato dai primi Lamp Of Murmuur, per esempio.
Alle venti e trenta in punto è ora dei BEYOND MAN, ennesimo progetto della cerchia di musicisti della scena Nidrosian black metal. Ne fanno parte membri di Mare, One Tail One Head, Aptorian Demon e molte altre realtà della zona di Trondheim.
A guidari è Wraath, già con Darvaza, Behexen, Fides Inversa, Mare e mille altri ancora: se il curriculum è altisonante, dobbiamo invece dire di aver assistito ad un buon black metal, sicuramente molto attitudinale, ma anche altrettanto scolastico.
Il carisma sul palco di Wraath, qui solamente alla voce, permette ai Beyond Man di lasciarsi ascoltare, ma non possiamo di sicuro dire che sia in grado di distinguersi. Il loro unico album, del 2021 su Invictus, ci aveva lasciato la stessa impressione. Come dire, in un contesto così monotematico se non avessimo saputo chi avevamo di fronte, non li avremmo notati più di tanto. E non ci riferiamo alle scarse luci sul palco.
Puntualissimi, rivediamo sul palco praticamente tutti i Tulus della sera prima.
Solamente il bassista Stian si presta a preparare i suoni e poi scende dal palco, mentre Sarke (batteria) e Blodstrup/Gard (chitarra e voce) rimangono accompagnati da Steinar e Rinn. Per chi non lo sapesse, i KHOLD sono nati dagli stessi musicisti dopo il primo scioglimento dei Tulus – negli anni Duemila – per poi affiancarsi alla band precedente negli ultimi anni con entrambe le formazioni attive.
Non eravamo mai riusciti a vederli dal vivo e la curiosità era parecchia. Vista l’esibizione della sera prima, sappiamo di essere di fronte a musicisti di alta classe, in qualche modo più composti però nel proporsi al pubblico, principalmente per il suono dei Khold, più propriamente ‘black metal della seconda ondata’ rispetto invece ai Tulus.
Gard si presenta col classico trucco con la testa bianca dal naso in su e nera in basso e dirige il set anche in questo caso, anche se in modo più statico. Abbiamo riconosciuto alcuni brani vecchi e nuovi estratti dagli ormai otto dischi dei Khold ma soprattutto apprezzato, ancora una volta, l’evidente perizia tecnica dei musicisti, completamente a loro agio sul palco di Wels.
E’ il nome più celebre della due giorni a chiudere la serata, ovvero gli AURA NOIR di Aggressor, Apollyon e Blasphemer.
Abbiamo potuto vederli diverse volte nel tempo e notiamo subito il passare degli anni per i nostri: Aggressor ormai ha i capelli corti e bianchi e anche Apollyon mostra qualche ruga in più.
Non è per niente cambiata la proposta musicale però: si parte subito con “Black Thrash Attack”, seguite da “Blood Unity”, “Upon The Dark Throne” e “Condor”. Il pubblico reagisce subito entusiasta e ammettiamo che anche noi, dopo una due giorni di black metal, apprezziamo il thrash teutonico vecchio stampo proposto dai quattro.
Alla voce, come sempre, si alternano ovviamente Aggressor e Apollyon, mentre Blasphemer rimane un po’ in disparte e si occupa delle chitarre. Genuini, divertenti, magari un po’ col pilota automatico (assistiamo grosso modo allo stesso show da molti anni ormai, canzone più canzone meno) ma sicuramente professionali e incuranti del tempo che passa.
Poco dopo la mezzanotte, rispettando completamente gli orari, anche la nona edizione del Celebrare Noctem si conclude, ci lascia completamente soddisfatti e nemmeno troppo stanchi. Certo, non è un evento propriamente dietro l’angolo per chi proviene dall’Italia, ma ne è valsa la pena per lo spirito, l’atmosfera, la qualità di suoni e le band coinvolte.
Non ci resta che dire un telefonatissimo – ma realistico – “all’anno prossimo!”.