Dei nomi di tutto rispetto accompagnano i Chimaira nella calata italica a supporto dell’ultimo “The Infection”: abbiamo Unearth, Throwdown e Daath, i primi nella veste di co-headliner per il livello ormai raggiunto. L’Estragon è la cornice ideale per l’evento, che ha tutte le carte in regola per riscattare la location dal recente flop dell’Hell On Earth. L’affluenza sarà infatti molto maggiore, e la serata si rivelerà facilmente un successo…
DAATH
I Daath non hanno ancora trovato la giusta strada: troppo old school nel loro death metal serio e intricato, supportato da concept profondi, tanto da trovare pochi nuovi seguaci in tour come questo e il precedente del 2007 (con Unearth, Despised Icon e JFAC). Troppo moderni nella produzione, invece, per piacere ai fan più intransigenti del death metal. Quel che è certo è che il nuovo frontman Sean Z è un vero animale, che traghetterà degnamente la formazione negli anni a venire. Canta con tanta foga che pure i pezzi più noti, come la conclusiva “Oovum”, vengono storpiati e in una performance ancora più brutale. Perfetti nell’esecuzione e benedetti da un mixing degno di tal nome (fortuna molto rara per degli opener) i Daath hanno l’unica sfortuna di suonare davanti ad un pubblico ancora esiguo. La tenacia, con un paio di scelte più azzeccate, li premierà.
THROWDOWN
Il gruppo straight edge di O.C. segue dopo un veloce cambio palco, durato giusto il tempo di svuotare il locale per il tempo di una sigaretta e riempirlo nuovamente. In procinto di pubblicare il nuovo album “Deathless” – da cui, purtroppo, non è stata eseguita nessuna anticipazione – i Throwdown sfoggiano il meglio del loro C.V. un attacco fisico e frontale basato tanto sull’hardcore metal di Haymaker quanto sul recente Pantera-sound di Vendetta. Se molti storcono il naso per la netta somiglianza stilistica ed estetica coi Cowboys From Hell (Peters in molti casi scimmiotta Anselmo anche nelle posture) “Holy Roller” fa partire un mosh che durerà fino alla fine dell’esibizione. Se si può non passar sopra alle affinità coi Pantera si deve ammettere che i Throwdown sono una live band coi fiocchi: lo show resta preciso, potente, tirato e coinvolgente in tutti i minuti a loro disposizione, rendendoli una sicurezza dal vivo.
UNEARTH
L’Estragon è oramai alla capienza massima che raggiungerà nella serata, e gli Unearth stanno per salire sul palco: tempismo perfetto. Pochi gruppi riescono ad essere coinvolgenti come il combo del Massachussetts, è infatti trasparente quanta energia si muova sul palco, per lo straordinario affiatamento tra i componenti della band, e il genuino divertimento che essi provano nel suonare si legge negli occhi. Facile quindi uno scambio enorme di energia col pubblico, lanciatissimo in violent dance, circle pit e mosh per esaudire ogni desiderio espresso da Trevor Phipps. Tutta la formazione è, come sempre, indiavolata, a partire da quel piccoletto di Buz McGrath, tarantolato, spalleggiato da un Ken Susi esuberante, tanto da lanciarsi, oltre ai soliti passaggi con chitarra dietro la testa, in una serie di flessioni dinanzi al pubblico (!). La scaletta pesca soprattutto dal passato recente, ma tra pezzi come “Zombie Autopilot” e “Giles” la percezione è di arrivare sempre troppo presto al finale, questa volta affidato ad “Endless”. Adrenalinici, veloci, esaltanti ed ironici, gli Unearth sono all’apice della loro carriera, e rappresentano una seria minaccia per ogni gruppo che vuole portarseli in tour come opener: stasera gli headliner sono stati sicuramente oscurati!
CHIMAIRA
Come gruppo di punta della NWOAHM i Chimaira sono, necessariamente dopo dieci anni di attività, una formazione coesa, professionale e con le idee chiare. In più possono vantare una formazione stabile e dei fan fedelissimi, anche nel Vecchio Continente. Posizione da headliner più che giustificata dunque, ma stasera non è una delle serate migliori per i metallari di Cleveland. Forse si sono ingozzati troppo al Burger King a due passi dall’Estragon, ma visto che stavano con gli Unearth la tesi non è supportata. Sta di fatto che il gruppo, pur offrendo una performance di tutto rispetto, non gira al 100%, come siamo abituati a vedere. Salta subito all’occhio la presenza di Emil Wrestler, ascia dei Daath che sostituisce un DeVries volato negli States per assistere alla nascita del suo figlioletto (per la seconda volta, dopo il batterista Kevin Talley, un membro dei Daath sostituisce qualcuno dei Chimaira): nonostante le buffe pose da chitarrista neoclassico Wrestler non sbaglia un colpo, e pare anche divertirsi parecchio in questa overdose di groove. Un La Marca coi capelli corti e un Rob Arnold sempre sobrio ma tagliente e divertente guidano la formazione, mentre chi appare sottotono è il tastierista Chris Spicuzza, troppo impegnato a fare il verso al Trent Reznor dietro il suo sinth, e, fatto che pesa molto di più, il frontman Mark Hunter, quasi immobile e con lo sguardo a terra per tutto il concerto. La setlist ha pochi punti deboli come previsto, ma il meglio arriva dai pezzi più tirati come “The Venom Inside”, “Powertrip” e “Nothing Remains”. Nei pezzi più cadenzati appare evidente come Hunter, anche se impeccabile come cantante, non sia stasera un frontman particolarmente comunicativo, difetto che rallenta particolarmente i ritmi di uno show anche abbastanza corto, che terminerà dopo un’ora scarsa. Giunti ad alti livelli è giusto rispondere ad alte aspettative, per questo i Chimaira, stasera, sono stati una parziale delusione.
Setlist:
The Venom Inside
Resurrection
Power Trip
Empire
The Disappearing Sun
Severed
Everything You Love
Secrets Of The Dead
Destroy And Dominate
Nothing Remains
The Flame
Pure Hatred