A cura di Luca Pessina
It’s always time to grind. Lo sanno bene gli avventori del Chimpyfest, nuovo evento dell’estate londinese giunto quest’anno alla seconda edizione. Nato sia per saziare la fame di sonorità ultra-violente dei suoi stessi organizzatori, sia per dare a coloro incapacitati ad andare all’estero una piccola alternativa ai vari Obscene Extreme e Bloodshed Fest, il Chimpyfest è una maratona grind/hardcore/death metal di ben tre serate che quest’anno si è svolta presso il capiente The Dome, locale situato a nord della popolare zona di Camden Town. Vari esponenti dell’underground britannico si sono mescolati con alcuni ospiti stranieri, andando a formare un cartellone indubbiamente piuttosto uniforme, ma ricco di piccoli highlight per tutti gli appassionati di velocità folli ed estremismi di ogni sorta. Un’affluenza discreta e un’ottima organizzazione interna hanno offerto una cornice adeguata all’happening, anche se per il futuro ci si aspetta maggiore coinvolgimento da parte dei fan locali, a tratti surclassati nel numero da frotte di grind freak arrivati dal nord del paese, dove questi generi godono di grande popolarità nel circuito underground. Per motivi di lavoro o anche solo per andare a rifocillarci (si sa quanto può durare un concerto grindcore, no?) non siamo purtroppo riusciti a seguire le esibizioni di ogni singolo gruppo nel bill, ma di seguito troverete comunque il resoconto di gran parte del festival, che speriamo possa avere un seguito altrettanto divertente nel 2014.
Point. Click. Grind.
MARESVIN
Il primo gruppo che riusciamo a seguire nella serata di venerdì è quello dei Märesvin, quartetto danese originario di Copenhagen (a.k.a. Kill-Town). I Nostri sembrano usciti dalla più lurida delle case occupate e le sonorità che vanno a proporre rispecchiano in pieno il loro look. Nonostante possano contare su un batterista indubbiamente tecnico, i Märesvin puntano su un grindcore/crust/thrash di indiscutibile ignoranza, che alterna in maniera repentina uptempo di caos totale e rallentamenti claudicanti che inneggiano al pogo nel pit. Impossibile discernere i pezzi o trovare elementi particolarmente distintivi nel sound, ma il pubblico, noi compresi, apprezza parecchio.
CHIENS
Si sale ulteriormente di livello con i Chiens, realtà francese fautrice di un grind/powerviolence serratissimo. Ancora più difficile in questo caso distinguere i brani, ma i Nostri possono contare su dei suoni davvero ben calibrati e suonano con una precisione tale da riuscire a far passare in secondo piano l’assenza di cambi di tempo rilevanti e di varietà in generale. Il frontman Jubs, nello specifico, riesce a catturare l’attenzione con dei salti continui e una presenza scenica carismatica, ma è tutto il gruppo a girare alla perfezione e a rendersi protagonista di un set intenso, conciso e dolorosissimo. Blitzkrieg!
CAPTAIN CLEANOFF
Non vediamo i Captain Cleanoff su un palco dai tempi del Maryland Deathfest 2010, quindi ci lasciamo con estremo piacere investire dal grindcore degli australiani, fermi a livello di full-length al più che convincente “Symphonies of Slackness” (2008), ma protagonisti quest’anno di un paio di split EP. A questo punto la sala registra il massimo dell’affluenza e, dal canto suo, la band pare beneficiare del colpo d’occhio, tirando fuori dal cilindro la performance che tutti si aspettavano. Le soluzioni groove e thrash insite nel sound dei ragazzi elevano il tiro e l’impatto generale, ma tanti grind freak non aspettano altro che le consuete scariche di blast-beat, che ovviamente i Nostri elargiscono in abbondanza. Tecnicamente un filo più caotici dei Chiens, ma, al tempo stesso, più dinamici e con una serie di “hit” maggiore, i Captain Cleanoff mantengono vivo il trend della serata e regalano il concerto (sin qui) più riuscito dell’evento.
INHUME
L’atmosfera di festa viene un po’ smorzata dall’arrivo degli headliner Inhume, il cui sound pende maggiormente verso un death metal quadrato, nonostante indubbie influenze grind della prima ora. Gli olandesi sono praticamente dei veterani della scena, essendo in attività dal lontano 1994, e questa sera giustificano in pieno il ruolo di headliner con una prestazione ricca di passione ed esperienza. I Nostri non sono certamente mai stati dei cosiddetti primi della classe, ma per anni hanno portato avanti il verbo death-grind, scrivendo album più che dignitosi e suonando in lungo e in largo per l’Europa. Il frontman Dorus van Ooij dimostra l’entusiasmo di un bambino saltando da una parte all’altra del palco e invitando continuamente il pubblico a seguirlo, mentre il bassista Loek Peeters e il chitarrista Ben Janssen tengono in piedi la baracca con trame ora affilate, ora ricche di groove. Alla batteria troviamo il vecchio Roel Sanders, già in Asphyx e God Dethroned, e dalle sue parti non si registra nemmeno una svista. In una parola, definiremmo il set degli Inhume “solido”. Sapevamo a cosa andavamo incontro e le aspettative sono state completamente soddisfatte. Premio alla perseveranza e alla simpatia.
GOUT
Il sabato prende inizio all’insegna dell’underground locale. I Gout sono una presenza costante agli eventi grind e death metal della capitale e non stupisce vederli aprire anche questa seconda giornata del Chimpyfest 2013. Da sempre alle prese con un death-grind molto groovy, sulla scia di pervertiti come Impetigo, Rompeprop e Mortician, i Nostri – che si presentano sul palco in tenuta da spiaggia, con camicie hawaiane e sandali – non deludono le aspettative, palesando una spiccata confidenza col palco, esilaranti pose da scimmia/zombie e una preparazione tecnica più che buona, nonostante inizialmente si possa immaginare il contrario. I ragazzi accennano anche una cover di “Carnal Leftovers” dei Nihilist/Entombed, ma quando le cose non funzionano, tornano a proporre il loro materiale fra le risate generali.
MERCILESS PRECISION
I Merciless Precision da Bristol sono un altro nome che spunta spesso nei bill delle serate grind e death britanniche. Il quartetto stilisticamente si muove tra i Napalm Death e i Brutal Truth più evoluti, giocando molto con un riffing schizzato e ritmiche frastagliate, che non nascondono alcune velleità tecniche e cerebrali. Oggi purtroppo i suoni di chitarra si rivelano particolarmente sottili, ma ciò non impedisce al seguito della band di divertirsi e di supportare i ragazzi nel migliore dei modi. Solo qualche dozzina di persone è ora presente in sala, ma assistiamo a stage dive, crowdsurfing e invasioni di palco come se fossimo nel pieno di un concerto degli headliner. Insomma, sia pubblico che band si divertono e il Chimpyfest torna a decollare.
MAGPYES
Si prosegue quindi con i Magpyes, altra solida realtà britannica, che arriva direttamente da Liverpool per proporre il proprio grindcore tesissimo e senza troppi compromessi. Si sente qua e là qualche deriva più groovy e vagamente sludge, ma i ragazzi – che a livello di look sembrano un gruppo di hipster, con tanto di baffi curatissimi – paiono puntare particolarmente al sodo quest’oggi. Il frontman, in verità, non sembra avere una gran voglia di esibirsi e gironzola sul palco guardando spesso altrove, ma almeno non fa mancare il suo apporto in materia di screaming, mentre il drummer (che sospettiamo faccia parte anche dei Dragged Into Sunlight) si rende artefice di una prova realmente maiuscola. Come accaduto per i Merciless Precision, anche qui i suoni non agevolano il compito del gruppo, tuttavia amici e fan sembrano non farci troppo caso e il party prosegue senza grandi cali di tono.
JESUS CROST
Si entra quindi nel vivo della giornata con i Jesus Crost, una realtà ormai più che affermata della scena grind europea. Il duo ha fatto dell’attività live una costante della sua carriera e si presenta a Londra in ottima forma. Chitarra/voce e batteria: questi gli unici ingredienti del set dei ragazzi olandesi, che instaurano subito un buon dialogo col pubblico e procedono poi nel farlo a pezzi con una scarica grind dopo l’altra. Intelligentemente, i Jesus Crost sfoderano anche qualche traccia più groovy, dando allo show un taglio ben più coinvolgente e dinamico di quelli a cui abbiamo assistito sinora quest’oggi. Muovendosi fra Phobia e Rompeprop, il duo di Rotterdam riesce a conquistare le simpatie sia degli astanti maggiormente in cerca di ferocia allo stato puro, sia di coloro con ancora un minimo di “testa sulle spalle”. I suoni li aiutano sin dalle prime battute e alla fine il breve set si rivela un piccolo trionfo.
VxPxOxAxAxWxAxMxC
I VxPxOxAxAxWxAxMxC – acronimo che a quanto pare sta per Vaginal Penetration Of An Amelus With A Musty Carrot – sono il classico gruppo pseudo-grind cazzone che le prova tutte per far divertire il pubblico, ostentando pose ridicole e, soprattutto, un sound senza arte nè parte. I Nostri partono con un intro techno-hardcore e poi si lanciano in una sorta di groovy grindcore sorretto da una drum machine (che tra l’altro si impalla diverse volte). In verità, molti dei riff sanno più di metal-core/death-core che di grind, ma gli astanti non ci fanno troppo caso, ballando e saltellando qua e là per la sala, sia sulle parti “metal” che sulle arie “da discoteca” che il gruppo austriaco utilizza per prendersi delle pause. Tutti sorridono, noi compresi, ma dopo un quarto d’ora ne abbiamo già avuto abbastanza. Il gioco è bello quando dura poco. O no?
UNDERGANG
Non si scherza invece un cazzo con gli Undergang, che arrivano per la prima volta a Londra con la sola intenzione di asfaltare tutto. I ragazzi danesi ci riescono nel giro di un paio di brani, giusto il tempo di prendere confidenza col palco e di aggiustare i volumi. I Nostri sono l’unico gruppo puramente death metal del festival e chiaramente non vengono del tutto compresi da qualche crusty, ma tutti gli altri – più o meno tutti coloro che conoscono un altro tipo di ritmica oltre a d-beat e blast-beat – si lasciano pienamente coinvolgere dal set del trio, il quale riesce anche a presentare un nuovo pezzo, che per ora definiremo solamente “ignorante”. In futuro non aspettatevi grosse evoluzioni dagli Undergang, insomma… questa traccia è solo una sequela di riff uno più mostruoso dell’altro. David “Torturdød” Mikkelsen parla come una sorta di zombie affetto da Sindrome di Down durante le pause, e questi sono gli unici momenti in cui si sorride. Per il resto del tempo ci si lascia spezzare la schiena, soprattutto quando nel finale arrivano “Evigt Lidende” e “Stranguleret”.
BLOCKHEADS
Si continua a fare sul serio con i Blockheads, anch’essi a Londra per la prima volta. Il quartetto francese, che ha da poco pubblicato il suo primo album per Relapse, è un nome storico della scena grindcore europea, tuttavia arriva nella capitale con il massimo dell’umiltà. Sin dalle prime battute il frontman Xav invita gli astanti a salire sul palco quando e come vogliono, mentre gli altri membri della band ce la mettono tutta per non interrompere con troppe pause un set a dir poco incandescente. Negli anni i Nostri si sono avvicinati ad un concetto di grind che deve parecchio ai Nasum e non è perciò un caso che, minuto dopo minuto, pezzo dopo pezzo, i tempi d’oro della band svedese ci tornino più volte alla mente. I Blockheads si esibiscono con la medesima fame ed onestà, scaraventando addosso ai presenti un repertorio che suona come una motosega impazzita. Inoltre, in questo momento i suoni sono perfetti, tanto che arriviamo presto a decretare il quartetto il vincitore della giornata. “This World Is Dead”, ma i Blockheads sono più vivi e temibili che mai.
JIG-AI
La chiusura del sabato spetta ai Jig-Ai, terzetto di Praga che rientra a pieno in quella schiera di gruppi gore-porno-grind che puntualmente infestano l’Obscene Extreme e festival affini. Si torna quindi su registri più frivoli, anche se va detto che i ragazzi sono anni luce più brutali e “veri” di gente come appunto i VxPxOxAxAxWxAxMxC. I cechi si trovano ad esibirsi a tarda ora, ma hanno comunque davanti un buon numero di fan, soprattutto connazionali od originari della vicina Polonia, che fanno parte della grande comunità che da decenni risiede nella capitale britannica. Si gioca dunque in casa e il divertimento per band e audience è palese sin dalle prime note, con grande partecipazione sui midtempo e varie imitazioni di pig squeal e gorgoglii quando è il cantante/chitarrista Brain a dominare la scena. Certo, una volta ascoltato un pezzo è come averli ascoltati tutti, ma va dato atto ai Jig-Ai di tenere bene il palco e di avere riff orecchiabili a sufficienza per intrattenere anche l’avventore più distaccato. Non gridiamo al miracolo, ma la serata viene chiusa più che degnamente.
LIVING WITH DISFIGUREMENT
L’ultimo giorno del festival si apre, almeno per noi, con i Living With Disfigurement, gruppo locale in cui militano vari membri dei Gout. L’immaginario a cui si fa riferimento nei testi è più o meno il medesimo della band-sorella (gore, eccetera), ma il sound è ben più dinamico e tecnico, con forti richiami allo stile dei Carcass di metà carriera e di discepoli dichiarati come Exhumed, Impaled e compagnia bella. Preferiamo di gran lunga questa incarnazione dei ragazzi rispetto a quella visionata il giorno precedente: la band pare infatti vivere di un’ispirazione e di un impatto maggiore. Le canzoni appaiono molto ben strutturate e il guitar-work regala più di un lampo di brio, con saliscendi ritmici e soluzioni groovy piuttosto coinvolgenti. Anche la presenza di una seconda chitarra si rivela azzeccata, visto che dona al sound uno spessore maggiore. Insomma, l’ultima giornata del Chimpyfest parte nel migliore dei modi, ovvero con un concerto che infiamma sia fan che ascoltatori occasionali.
CORRUPT MORAL ALTAR
Più in là nel pomeriggio ci facciamo nuovamente sorprendere in positivo dal set dei Corrupt Moral Altar, quartetto di Liverpool fautore di un ottimo grindcore miscelato ad elementi sludge. Il sound è corposissimo e l’esecuzione dei ragazzi risulta praticamente impeccabile. In procinto di pubblicare un nuovo EP, la band ha già scomodato paragoni importanti, con Rotten Sound ed Iron Monkey in cima alla lista, ma questa sera non ci si fa prendere troppo dal gioco dei rimandi. Piuttosto, ci si lascia investire dalla verve dei Nostri, che macinano un pezzo dopo l’altro con estrema disinvoltura e creano una piccola bolgia davanti al palco, coinvolgendo fan vecchi e nuovi. Abbiamo già fra le mani il suddetto EP e presto avremo modo di ascoltarlo con attenzione, ma, per quanto ci riguarda, i Corrupt Moral Altar sono sin da ora un gruppo da tenere d’occhio. Ottima prova, questa sera.
THE AFTERNOON GENTLEMEN
I The Afternoon Gentlemen sono sostanzialmente gli headliner locali dell’evento. Band ormai famigerata, con diverse uscite minori all’attivo e un’attività live abbastanza costante, i ragazzi di Leeds sono, assieme agli Evisorax e agli ormai defunti Narcosis, una delle migliori grindcore band partorite dal Regno Unito negli ultimi anni. Diciamo “grindcore” per comodità, ma la musica dei Nostri contiene anche diversi elementi hardcore-punk e thrash, oltre ad un’inclinazione selvaggia che sfocia spesso nel powerviolence. L’accostamento più frequente è quello con gli Insect Warfare, ma i The Afternoon Gentlemen possiedono senz’altro una loro personalità, che, non a caso, li ha portati a conseguire un notevole seguito nel circuito underground. Questa sera è l’ennesimo piccolo trionfo per loro: si esibiscono di fronte al pubblico più consistente della giornata, con suoni ben mixati e un affiatamento generale che pare crescere pezzo dopo pezzo, frustata dopo frustata. Le urla lancinanti del frontman probabilmente risuonano ancora nel locale…
SUFFERING MIND
Il Chimpyfest 2013 si chiude ufficialmente con il set dei grindcorer polacchi Suffering Mind, realtà che negli ultimi anni si è fatta notare soprattutto dal vivo, con continui tour DIY in vari continenti. Il quartetto ha influenze molto classiche ed un sound complessivo decisamente concreto, incentrato su classiche trame serrate e l’occasionale bordata-breakdown che incita al pogo. Questa sera, in particolare, i ragazzi ci ricordano i Rotten Sound più schietti, quelli ancora imbevuti di crust, ma chiaramente non mancano strizzate d’occhio ai vecchi classici del genere. L’audience segue la prova del quartetto con grande attenzione – anche perchè è per discreta parte connazionale dei Nostri – e noi non ci tiriamo certo indietro, visto che questa è appunto l’ultima scarica grind che avremo modo di gustare per questa edizione del festival. Molti, band compresa, riversano le loro ultime energie sul palco e nel pogo e il tutto si conclude con un’ondata di crowd-surfing che si infrange su spie e microfoni. Conclusione adeguata di un evento deflagrante.