25/02/2025 - COLOUR HAZE + THE RUBBER SNAKE CHARMERS + MATHEW’S HIDDEN MUSEUM @ Legend Club - Milano

Pubblicato il 28/02/2025 da

Per i cultori della scena stoner rock, i Colour Haze rappresentano una specie di istituzione: nata a Monaco di Baviera nel 1994, la band ha pubblicato quattordici album e, soprattutto, è nota per la sua intensa attività dal vivo: la dimensione live, infatti, è quella più ideale per il terzetto, il momento in cui può far sfoggio di tutte le proprie abilità virtuosistiche, con tanto di sfondi colorati ed effetti ipnotici.
In questo tour, i tedeschi festeggiano l’importante traguardo dei trent’anni di attività, portando in giro per l’Europa tutti i loro brani più noti.

La serata – l’appuntamento per noi è al Legend Club di Milano – all’insegna delle sonorità più calde e torrenziali è completata da The Rubber Snake Charmers, l’ennesimo gruppo messo in piedi da Mario Lalli, icona della scena californiana praticamente fin dalla nascita, e Mathew’s Hidden Museum, progetto solista del leader degli inglesi Josiah. A voi il report della serata.

Il primo gruppo a presentarsi sul palco del Legend Club è MATHEW’S HIDDEN MUSEUM, il progetto solista di Mathew Bethancourt, cantante del gruppo stoner inglese Josiah. Il musicista britannico, che ha pubblicato l’album d’esordio nel 2023, è affiancato da un altro personaggio di cui non conosciamo l’identità e con il quale si alternerà alla voce per tutta la durata dell’esibizione.
La proposta è inquadrabile in uno stoner rock suonato solamente con chitarra e basso su basi elettroniche impostate in maniera elementare; questa impostazione conferisce allo show un taglio artigianale, ma il carico di effetti e distorsioni è tale da sopperire a questo difetto con il necessario vigore. Decisamente singolari ma convincenti.
In quanto a peculiarità, non è da meno la seconda formazione della serata: THE RUBBER SNAKE CHARMERS sono una delle tante creature di Mario Lalli, fondatore degli Yawning Man e per questo motivo considerato il padrino di tutta la scena californiana del cosiddetto ‘rock del deserto’.
La band ha origine nel 2010, con lo scopo di diventare una sorta di spazio libero per gli artisti di quell’area che fossero disposti a mettersi in gioco con improvvisazioni e sperimentazioni, e da qui la composizione mutevole che ha sempre avuto, con una lunga sfilza di membri vecchi e nuovi.
L’incarnazione attuale vede Lalli ed il figlio Dino alle chitarre ed il cantante/poeta Sean Wheeler dei Throw Pag alla voce: proprio quest’ultimo sarà il protagonista principale dello spettacolo, con il suo improbabile look alla Tom Waits, le movenze teatrali ed un carisma decisamente sopra le righe.
Uno spoken word su un tappeto di rumori che sulla carta poteva risultare noiosissimo si trasforma nel monologo di un predicatore dai toni apocalittici, che per mezz’ora sbraita e si dimena scaldando un pubblico in principio piuttosto scettico. Il lungo brano di chiusura, con la partecipazione del bassista dei Colour Haze Mario Oberpurcher in qualità di ospite, è delirante, con Wheeler che si ritrova ad inveire a torso nudo. Qualcosa simile alla follia degli Swans, che esula decisamente dal tema stoner dell’evento, ma anche, a modo proprio, una piacevole ed inattesa sorpresa.

Arriviamo alla portata principale di questa serata: mancano pochi minuti alle 22 quando ad entrare in scena sono i COLOUR HAZE. Un ingresso timido e silenzioso, senza nessuna introduzione, e subito i tedeschi attaccano con “Turquoise”, brano di apertura del loro ultimo disco, “Sacred”.
La provenienza geografica non è certo sinonimo di palme e luoghi assolati, ma la tendenza a trasformare ogni pezzo in una jam senza fine li posiziona musicalmente in quell’angolo di mondo dove la psichedelia e lo stoner rock sono nati, con un’attitudine antica mutuata da mostri sacri quali i Grateful Dead, interpretata secondo un approccio personale che negli anni è diventato il punto di riferimento per diversi altri gruppi.
Una torrida cascata di note esce dalle casse a volumi altissimi e ciò che si nota fin da subito è che, a lato di un audio davvero ottimale – aspetto sotto il quale il Legend è veramente cresciuto negli anni – gli schermi alle spalle della band sono troppo piccoli per valorizzare i colorati ed ipnotici visual che da sempre costituiscono un tratto distintivo delle esibizioni dei Colour Haze, togliendo qualcosa a livello di impatto visivo.
Terminato il primo pezzo, il cantante/chitarrista Stefan Koglek fa una breve presentazione ed annuncia che non ci saranno più interruzioni fino al termine dello spettacolo, poiché a parlare deve essere la musica: il suo stile alla sei corde è piuttosto retrò, a tratti hendrixiano, con riff pesanti e reiterati, assoli pieni di effetti e momenti pacati che sanno di krautrock (e qui entrano in gioco le origini del gruppo), ma da sempre caratterizza il suono della band, dal vivo ancora più efficace per l’energia che sa sprigionare.
La perizia tecnica di tutti i musicisti è evidente nelle estese parti strumentali, con il batterista Manfred Merwald che detta i ritmi in maniera impeccabile, gestendo con fluidità variazioni di tempo e progressioni, senza mai perdere di vista il groove, ma importante è anche il contributo del tastierista Jas Faszbender, fondamentale nel creare la base necessaria a sostenere le peripezie chitarristiche di Koglek e nel dare respiro a pezzi come “Aquamaria” e “Love”, proposte con arrangiamenti rinnovati.
L’accoppiata “Skydancer”/”Skydance”, tratta da “In Her Garden”, mette in mostra il lato più prog dei teutonici, con incursioni nel jazz e nel funk, mentre il tripudio di wah-wah e fuzz di “Labyrinthe”, dallo stesso album, è quanto di più lisergico si possa immaginare; “Tempel”, title-track del loro disco più noto, è un crescendo trascinante, mentre i diciassette minuti abbondanti di “Transformation”, con esplosioni vigorose mitigate da parti più diluite e sognanti, sono la botta che tramortisce i presenti in modo definitivo.
Uno show di quasi due ore che sintetizza in maniera perfetta trent’anni di carriera, grazie anche ad una selezione dei brani in scaletta che va a pescare con cura, per quanto possibile, da tutti gli episodi di una discografia mastodontica. La forma e l’entusiasmo sono quelli dei giorni migliori e la partecipazione del pubblico, inaspettatamente numeroso per un freddo e piovoso martedì sera, è indicativa della popolarità di un gruppo che ha sempre portato avanti le proprie idee senza cedere alle mode del momento.

Setlist Colour Haze:
Turquoise
Goldmine
Aquamaria
Labyrinthe
Skydancer
Skydance
Tempel
Ideologigi
Überall
Transformation
Love
Pulse

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