COLISEUM
Il trio del Kentucky suona, come di solito accade agli opener, davanti a poca gente, ma a guardarli sembra non se ne accorgano nemmeno. Barba lunga e panza gonfia Ryan Patterson si danna l’anima, coadiuvato dal bassista Mike Pascal, perfetto metallaro vecchia scuola con la sua shirt dei “3 Inches Of Blood”. Non c’è che dire, la miscela di punk rock, hardcore e metal fila liscia come su disco, ruvida, energica, primordiale. Non manca la sostanza, ma la mezz’ora stiracchiata ci costringe a un saluto anticipato. Attese soddisfatte.
INTEGRITY
“Gli Integrity sono una delle band più interessanti dell’intero genere hardcore/metal, assieme ai concittadini Ringworm hanno pavimentato la strada alla musica che oggi amiamo. La loro storia turbolenta e l’esistenza misteriosa aggiungono solamente popolarità. Siamo onorati di condividere il palco con loro”. Parole sante caro Jacob Bannon (Converge), è sempre un piacere risentire gli estratti dalla sterminata discografia, tra i quali “Valpurgisnacht”, “Vocal Test”, “Kingdom Of Heaven” e “Rebirth”. Il concerto è breve ma intenso, inutile dire che la band se la cava ancora in maniera esemplare, e anche se la partecipazione del pubblico non è massima il set, chiuso con “Micha”, è eccellente. Li aspettiamo sul prossimo disco “The Blackest Curse”.
CONVERGE
Attesissimi, e a ragione, i Converge riempiono il locale di un pubblico eterogeneo ma voglioso di assistere alle scheggie di violenza della formazione di Boston. Si comincia in quarta con “Concubine”, per poi ripercorrere la ricca discografia del gruppo con diversi estratti, come ci si aspettava, dall’ultimo “No Heroes”: inutile dire che “Versus”, “Heartache”, “Hellbound”, “Sacrifice”, “Bare My teeth” in coppia con “Black Rose” e la title track sono rese alla grande de Bannon e soci, che restano ermetici, abrasivi, violenti come ci si aspetta. Il pubblico è catalizzato e pare non accorgersene, ma inaspettatamente, e aldilà di ogni comprensione, a metà del set le luci di metà Music Drome vengono accese (!) disegnando un grosso punto di domanda sulle teste dei presenti. I Converge non fanno una piega, e continuano a sputare veleno dal piccolo stage, arrivando a chiudere il cerchio con “Jane Doe”, poco prima dello scoccare dei sessanta minuti. Forse ce li saremmo goduti un po’ di più all’aperto, ma come previsto, ne è valsa la pena. Ora Nate potrà rifarsi un giro coi suoi Doomriders, Ben con gli Acid Tiger, Jake potrà pubblicare il suo disco solista e Kurt potrà rintanarsi di nuovo nei God City Studios per confezionarci qualche nuovo, bel regalino…