A cura di Thomas Ciapponi
E’ giunto il tempo di chiudere anche questa ricca annata concertistica. Lo facciamo con uno show molto atteso, quello dei Converge, impegnati in un interessantissimo tour europeo di supporto al sorprendente nuovo album, “All We Love We Leave Behind”. Grande affluenza per la data meneghina: l’evento è stato pubblicizzato da mesi nel migliore dei modi, complice la fresca apertura del locale e la possibilità di vedere all’opera quattro formazioni appartenenti a sottoboschi diversi, per un riuscito mix di buona qualità. Inoltre, non trascuriamo l’importanza degli headliner, che, oltre ad aver convinto con l’ultima fatica in studio, affermandosi come nome storico, latitano da palchi importanti oramai già da diverso tempo, essendo stati spesso relegati in piccoli locali di provincia decisamente più difficili da raggiungere rispetto alla comoda location del copoluogo lombardo. A dare una mano agli statunitensi troviamo poi le band di supporto: i nostrani The Secret, anche loro intenti a pubblicizzare la loro ultima fatica, “Agnus Dei”, gli A Storm Of Light – che incuriosiscono nel vedere all’opera Josh Graham, da poco “licenziato” dai Neurosis – e i giovani Touché Amorè, vere e proprie calamite per le fette di pubblico più giovani e femminili, attivissime, tra l’altro, durante l’esibizione della band di Los Angeles, la più acclamata della serata. Una nota finale per la nuovissima location, abbastanza semplice da raggiungere e sufficientemente spaziosa e comoda da ospitare concerti dall’affluenza piuttosto elevata. Altalenanti i suoni, a tratti accettabili e a tratti da rivedere. Male, infine, l’impossibilità di recuperare cibo all’interno della struttura e il discorso parcheggi, quelli gratuiti troppo dispersivi e lontani e l’unico a pagamento abbandonato a sé stesso in condizioni pessime. Ora lasciamo parlare la musica, l’appuntamento è per il vicino 2013…
THE SECRET
All’attaccare delle note dei triestini, il locale è ancora freddo e semi-vuoto. Un’atmosfera gelida accompagna i ragazzi per tutta la durata del set, esaltandone la cattiveria e il proprio nichilismo sonoro, ma smorzando gli animi ai pochi astanti, probabilmente poco preparati di fronte alla proposta della band sotto Southern Lord. In questo contensto, i The Secret sono ancora poco conosciuti e questo si vede. Poco male, loro lo ne sono consapevoli e l’obiettivo di questo tour è, appunto, quello di accaparrarsi una nuova fetta di pubblico, travolgendo tutti quanti con una mezz’ora precisa di bordate sonore sempre più black metal e sempre meno hardcore. Dal fortunatissimo “Solve Et Coagula” e dal nuovo “Agnus Dei” viene pescata l’intera setlist dei brani proposti, a tratti prolungati per conferire ai singoli pezzi un’aura più abissale e malevola. Le numerose date nel corso degli ultimi anni hanno sicuramente fatto trovare al quartetto una sorta di dimensione live stabile e ricca di consapevolezza: sia Marco Coslovich che il resto della band, infatti, hanno tenuto il palco in maniera professionale, valorizzando una prova urgente e assolutamente sporca. Il rammarico della loro parentesi è quello di non aver trovato i suoni sui propri scudi, ancora in fase di rodaggio e confusionari a tratti. Nel complesso, però, l’esibizione è piaciuta e i The Secret potranno andarsene a casa con qualche curioso in più. Ogni tanto, qualche orgoglio ce lo prendiamo anche noi.
A STORM OF LIGHT
Come pesci fuori d’acqua, gli A Storm Of Light sono l’unica band che fatica a muoversi all’interno della line-up hardcore-oriented di questo tour europeo. Accompagnata dall’inizio alla fine da proiezioni di guerriglia urbana e di disastri nucleari, la band dell’ex-Neurosis Josh Graham risulta fin da subito bella da vedere (aiutata anche dalla presenza di Andrea Black, precedentemente in forza agli Howl) e un po’ meno bella da sentire, svantaggiata da una proposta non proprio in linea con la serata e, a dire il vero, anche poco conosciuta dai presenti, impazienti di sentire all’opera i Converge o i giovani Touché Amoré, soprattutto per quanto riguarda le fette di pubblico femminili e “giovani”. Certo, il quartetto newyorkese non può neppure contare su una classe decisamente sopra la media: il suo stoner-doom ha poca inerzia e ancora meno personalità, troppo derivativo a tratti e piatto per gran parte del suo incedere, aiutato dalle proiezioni, sì, ma spento da una presenza scenica essenziale e, anzi, ricca di cliché del genere. L’impressione, insomma, è quella di assistere ad un concerto dignitoso di una cover band che si impegna nel proporre brani di Isis e Crowbar. Nel complesso, comunque, non ci sentiamo di bocciare completamente lo show, apprezzabile come parentesi doom in una serata movimentata, ma più simile ad un buco nell’acqua se lo si intendeva come possibilità di accaparrarsi nuovi fan.
TOUCHE’ AMORE’
Attesi da molti, i Touché Amoré si sono tolti lo sfizio di strappare ai Converge il titolo di “band più coinvolgente della serata”. Sì, molti erano li per loro e questo si è visto fin dall’inizio. La band californiana, inoltre, può contare sulla sua limitata discografia, avantaggiando il livello di preparazione dei presenti, più che partecipi a livello canoro per tutta la durata dello show. Vittima di qualche imperfezione sonora di troppo, il quintetto riesce comunque nell’intento di mettere in piedi una mezz’ora di musica movimentata e urlante, sospinta dall’entusiasmo dei presenti e aiutata dalla buona presenza scenica del frontman Jeremy Bolm, non solo un bravo screamer ma anche un abile coinvolgitore. La band è affiatata e la sezione strumentale è coesa e decisa (nota di merito per il chitarrista Clayton Stevens e per la sua maglietta dei Dead Can Dance): il risultato è uno show convincente sia sotto l’aspetto tecnico che scenico, professionale ma assolutamente a stretto contatto con il pubblico, ottimo se si considera che parliamo di un gruppo di ragazzi assieme da soli cinque anni. Certo, le critiche non mancano e l’hardcore melodico vestito da screamo non fatica a suscitare fastidio da parte dei puristi presenti alla serata. Sicuramente non stiamo parlando di una formazione che intende rivoluzionare un genere o di risultare originale e ricca di sfaccettature, tuttavia il brio con il quale è stata portata avanti questa divertente parentesi musicale è stato l’elemento in più che ha permesso alla band di lasciarci un allegro ricordo. Probabilmente non vedremo mai i Touché Amoré cimentarsi in qualcosa di diverso rispetto a quello che sono in grado di fare, ma vedere queste cinque trottole all’azione sul palco e farci anche un po’ prendere dalla contagiosa allegria trasmessa non può fare altro che farci piacere. Molti presenti sembravano essere di questo avviso, i pochi intolleranti, probabilmente, hanno trovato qualcosa di meglio da fare. Per loro, un piccolo trionfo e un futuro ricco di soddisfazioni davanti.
CONVERGE
I Converge entrano, fanno il loro soundcheck, suonano meritatamente per un’ora e poi se ne vanno a casa. Potremmo riassumere così la serata degli headliner, vissuta in punta di piedi ma non per questo poco esaltante. Alla band non piace farsi annunciare e tantomeno atteggiarsi da rock star; al contrario, Bannon si diverte nell’ironizzare su questo aspetto, divertendosi nell’estremizzare pose più o meno improbabili da idolo delle folle. Bastano pochi secondi per buttarci a testa bassa nel vortice di suoni schizofrenici e imprevedibili ai quali ci hanno abituato fin da sempre: “Heartache” e “Concubine” potrebbero tranquillamente mettere le idee in chiaro sul trauma sonoro al quale sono stati sottoposti i presenti. Il quartetto appare in forma smagliante e la nuova uscita discografica, “All We Love We Leave Behind”, sembra avere dato ulteriore vigore alla formazione di Salem, questa sera particolarmente concentrata sulla resa sonora dei propri pezzi, ben suonati e valorizzati da volumi piuttosto equilibrati. In ogni caso, non è certo la perizia tecnica il cavallo di battaglia dei Converge, ma piuttosto le letali dissonanze partorite dal guitar work impazzito di Kurt Ballou che, assieme alle urla disumane di Bannon, conferiscono ai singoli brani una carica sismica micidiale per una resa sonora a tratti disturbante e in altri vagamente ipnotizzante, soprattutto all’altezza di brani possenti e cadenzati come la titletrack del nuovo album, “Sadness Comes Home” e “Worms Will Feed / Rats Will Feast”. Con gli estratti da “Jane Doe” (troppo pochi) sembra di trovarsi dentro una centrifuga impazzita in procinto di perdere qualche arto, mentre pezzi nuovi come “Trespasses” e “Glacial Place” fanno la loro bella figura. Quest’ultima introduce una parte di concerto piuttosto atmosferica, caratterizzata da pezzi poco veloci ma più indirizzati verso una resa sonora criptica e disturbante, un aspetto che la band ha sempre incorporato nel proprio scheletro sonoro. La risposta del pubblico tradisce il buon lavoro svolto: fredda e distratta, l’impressione è quella che dopo l’esibizione dei Touché Amoré una buona parte di audience abbia snobbato il piatto forte della serata, complice forse una proposta certamente più impegnativa e meno assimilabile rispetto a quella dei compagni d’etichetta. Un peccato, ma non siamo certo nuovi ad episodi del genere. Poche parole e un treno impazzito di pezzi macinati l’uno dietro l’altro sembrano essere il segreto di questa ottima prestazione, conclusa con l’accoppiata d’effetto “First Light”/”Last Light” e limitata alla sola ora di durata, una tempistica tutto sommato giusta se si considera l’effetto stordente provocato da una delle sezioni ritmiche più spietate in circolazione. I Converge sono chiaramente passati ad un livello superiore e questa sera ce l’hanno dimostrato, con umiltà, una grande attitudine e professionalità.
Setlist:
Heartache
Concubine
Dark Horse
Heartless
Aimless Arrow
Trespasses
Bitter And Then Some
All We Love We Leave Behind
Sadness Comes Home
Glacial Pace
Cutter
Worms Will Feed/Rats Will Feast
On My Shield
Damages
Axe To Fall
Empty On The Inside
Eagles Become Vultures
The Broken Vow
First Light
Last Light