11/06/2014 - COPENHELL 2014 @ Copenaghen - Copenaghen (Danimarca)

Pubblicato il 23/06/2014 da

A cura di Igor Belotti e Lorenzo Santamaria
Foto: Peter Troest, Lykke Nielsen/Rockfreaks.net
Introduzione a cura di Lorenzo Santamaria

Copenhell: allo stato attuale, il più grande e più importante festival della Scandinavia giunge quest’anno alla sua quinta edizione. Tre giorni, due dozzine di band, decine di migliaia di partecipanti da tutto il mondo, tre stage (dai nomi che non hanno davvero bisogno di commenti: Helviti, Hades e Pandemonium), tantissimi stand a tema (persino un’area dedicata, chiamata Destruction Land, dove i metal fan più ‘bellicosi’ possono dare sfogo ad un po’ di sana aggressività accumulata durante i concerti prendendo a martellate carcasse di macchine ad libitum): questa sembra essere la ricetta per un evento da ricordare. Per celebrare un traguardo tanto importante, gli organizzatori hanno pensato di fare le cose in grande e non hanno badato a spese. Viene l’acquolina in bocca a leggere il bill del festival, con un numero così cospicuo di headliner storici. Gruppi che hanno scritto le pagine fondamentali del metal come lo conosciamo oggi, quali Iron Maiden, Anthrax, Sepultura, Twisted Sister, più altri nomi altisonanti come Black Label Society, Monster Magnet, Arch Enemy, Bad Religion e molti, molti altri (anche i cari Megadeth avrebbero dovuto fare la loro comparsa, ma hanno dato forfait all’ultimo minuto a causa del lutto familiare che ha tristemente colto il bassista David Ellefson). Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti in questa quinta edizione del festival danese. Al grido di Copen-FUCKING-Hell, ci siamo buttati nella mischia per voi, e adesso vi raccontiamo cosa è accaduto nel corso di questa 3-giorni di metallo…

COPENHELL 2014

11 GIUGNO

TYR 16:30 (Stage Hades)
La band faroese ha il non facile compito di aprire le danze in questa quinta edizione, essendo la prima vera band di spessore a suonare, e lo fa in maniera più che egregia. Coadiuvati dal loro status di ‘quasi locali’ (ricordiamo, per chi non lo sapesse, che le Isole Far Oer fanno parte del Regno di Danimarca), i Nostri regalano uno show epico e divertente, prendendo a piene mani, come da consuetudine, dalle atmosfere della mitologia norrena. I faroesi aprono con “Blood Of Heroes”, uno dei pezzi più power oriented della loro discografia, scaldando il pubblico in questa uggiosa giornata estiva. La performance dei ragazzi vieni un po’ inficiata da dei fastidiosi problemi relativi all’acustica, problemi che, però, vengono risolti verso metà della setlist. Lo show tutto sommato scorre senza intoppi e la band, tra bordate folk e inni da sing-along, riesce a creare uno show che ci trasporta indietro di mille anni, all’epopea vichinga. E la pioggia scrosciante che ci sorprende a metà concerto contribuisce ancora di più a ricreare un’atmosfera da Valhalla.
(Lorenzo Santamaria)

MONSTER MAGNET 18:00 (Stage Hades)
Dave Wyndorf ed i suoi Monster Magnet sembrano essere tornati definitivamente in carreggiata dopo alcuni anni di confusione, tra cambi di formazione e sopratutto l’overdose di psicofarmaci del cantante nel 2006. L’assenza più vistosa é indubbiamente quella di Ed Mundell, che ha definitivamente abbandonato il gruppo nel 2010, dopo ben diciotto anni nella band, mentre la sezione ritmica odierna dei Monstar Magnet é curiosamente la stessa degli Atomic Bitchwax, progetto creato originariamente (sebbene poi abbandonato) proprio da Mundell: al basso troviamo, infatti, il nuovo entrato Chris Kosnik, mentre alla batteria Bob Pantella, da anni attivo in entrambe le band, quasi come a rimarcare quanto l’universo Monster Magnet/Atomic Bitchwax sia più interconnesso che mai. Il concerto del Copenhell si apre con “Superjudge”, dall’omonimo disco del 1993, e non si può che notare subito quanto i problemi di qualche anno fa di Dave Wyndorf abbiano lasciamo un segno sul fisico del cantante, da qualche anno decisamente appesantito. La scaletta del concerto é di fatto incentrata solo sugli album classici degli anni ’90, tralasciando i lavori seguenti, escludendo quindi anche i due album più recenti pubblicati dalla band americana. Il concerto scorre piuttosto velocemente, il set dei Monster Magnet é di circa un’ora, e lascia l’impressione di una band comunque in buona forma.
(Igor Belotti)


OF MICE AND MEN
18:00 (Stage Pandemonium)
In tutto questo marasma di mostri sacri del metal e di band old school, hanno trovato spazio anche i giovani, trendy metalcorer Of Mice and Men. I ragazzi di Costa Mesa non solo riescono a tirare fuori uno show con gli attributi, pescando tutte le principali hit della propria storia recente ma, sorprendentemente, notiamo come tutti i metalhead attorno a noi, dal più navigato al giovincello con il berretto dei Suicide Silence, vengano trascinati in uno dei moshpit più selvaggi del festival. La band capitanata da Austin Carslile, il quale si è dimostrato vocalmente ineccepibile e capace di adempiere brillantemente al proprio ruolo di frontman, ci ha proposto molti pezzi dal nuovo album “Restoring Force”, lavoro che ha segnato una svolta più nu metal per la band californiana. Dobbiamo dire che il piglio live di questi pezzi è davvero impressionante. Grande show per una giovane band che si è dimostrata meritevole di avere il proprio nome accanto a quello dei sacri numi tutelari del metal.
(Lorenzo Santamaria)

ANTHRAX 19:00 (Stage Helviti)
Oltre a quella degli Iron Maiden, l’unica altra apparizione della giornata sull’Helviti, il palco principale del festival, é quella dei thrasher americani Anthrax. Purtroppo una delle colonne del gruppo, il batterista Charlie Benante, non é della partita in questo tour estivo targato 2014. Lo sostituisce temporaneamente Jon Dette, già all’opera negli anni ’90 con Slayer e Testament, e già sostituto di Benante lo scorso anno. Preciso e potentissimo, il batterista é indubbiamente un rimpiazzo più che convincente, nonostante Benante sia, insieme a Scott Ian, la chiave di volta che regge la band da trent’anni. Il concerto si apre con la classicissima ‘Caught in a Mosh’, tratta da ‘Among the Living’, album che in questo tour estivo viene proposto in alcuni concerti per intero, in occasione delle date da headliner. La scaletta di questo concerto ripercorre invece classici del gruppo newyorkese tratti dai diversi album, senza però presentare grandi sorprese, mentre la produzione più recente viene rappresentata da due brani tratti dall’ultimo ‘Worship Music’: ‘In The End’ e l’efficace ‘Fight ‘Em Till You Can’, per chi scrive il pezzo più convincente dell’intero album, in grado di coniugare il più tipico Anthrax sound con un tocco di modernità. Durante ‘In The End’ vengono invece scoperti due banner ai lati del palco, raffiguranti gli scomparsi Dimebag Darrell e Ronnie James Dio (quest’ultimo autentica ossessione del cantate Joey Belladonna), ai quali si presume che il brano venga dedicato. Non mancano nemmeno le due cover più famose del repertorio Anthrax, ‘Got the Time’ di Joe Jackson e ‘Antisocial’ dei francesi Trust, ormai parte integrante nella setlist del gruppo di New York. A queste si aggiunge “TNT” degli AC/DC, tratta dalla pubblicazione più recente dei thrasher, l’EP di cover ‘Anthems’. Segnaliamo che, durante ‘Antisocial’, il brano che ha chiuso il concerto, si é unito al gruppo Rob Caggiano, ex chitarrista degli Anthrax ora in forza ai danesi Volbeat, che i piu’ attenti avranno notato aggirarsi nel retropalco già dalle prime note dello show.
(Igor Belotti)


ARCH ENEMY
20:00 (Stage Hades)
Ed eccoci finalmente ad un altro dei main act di questa prima giornata di Copenhell, gli Arch Enemy. La band svedese, una delle più importanti all’interno del panorama melodeath mondiale, è stata al centro dei riflettori a causa dell’avvicendamento al microfono tra la storica singer Angela Gossow e la new entry Alissa White-Gluz, precedentemente in forza ai canadesi The Agonist. Non vi nascondiamo la nostra curiosità nel saggiare di cosa sia realmente capace la bellissima fanciulla dai capelli color puffo, e questa kermesse ci sembra un’occasione più che ghiotta per darvi la nostra opinione a riguardo. La giovane sembra incredibilmente a proprio agio on stage, saltando e ruggendo come una leonessa. Se dobbiamo essere onesti, il growl assassino della vecchia Angela era tutta un’altra storia, almeno in sede live, ma la nostra Alissa riesce comunuque a compensare grazia ad una presenza scenica senza eguali, e assolve al non facile compito di aizzare e muovere una folla impressionante con grande naturalezza. I pezzi presi dal nuovo “War Eternal” sembrano piacere molto ai fan, anche se il vero delirio si scatena sulle note di “Nemesis”, dove il pubblico del Copenhell si lancia in un pogo selvaggio e sfrenato che ci ingloba nostro malgrado. Sicuramente uno degli show più validi fino a questo momento.
(Lorenzo Santamaria)


IRON MAIDEN
21:00 (Stage Helviti)
Questo Maiden England Tour 2014 non differisce in nulla se non per un brano in scaletta dallo stesso tour dello scorso anno. Tuttavia rappresenta un’occasione per chi se li fosse persi nel 2013, o semplicemente volesse fare il bis. Come noto, questo tour si ispira alla tournée di ‘Seventh Son of a Seventh Son’ del 1988, senza esserne la replica esatta. L’Helviti, il palco di principale del festival, é di dimensioni leggermente ridotte rispetto ai mega palchi su cui la band si esibisce normalmente negli stadi in giro per il mondo, offrendo così una fantastica occasione per chi vuole spingersi nelle prime file per ammirare la band di Steve Harris da vicino, anziché sugli schermi o dalle retrovie. Oltre alla consueta ‘Doctor Doctor’ degli UFO suonata nell’impianto, una intro introduce gli accordi di chitarra acustica di ‘Moonchild’ e lo spettacolo ha inizio. Purtroppo dalle prime file il volume delle chitarre risulta troppo basso durante le prime canzoni, inconveniente che viene corretto nei pezzi successivi. La band appare in gran forma, e nonostante qualche leggera sbavatura qua e là, i Maiden si dimostrano sempre in grado di produrre un grande show, con un Bruce Dickinson come sempre padrone assoluto della scena. Rispetto al 2013, ‘Afraid to Shoot Strangers’ viene sostituita dalla fantastica ‘Revelations’, brano decisamente più in linea con il carattere retrospettivo del tour. Rimane invece presente ‘Fear of the Dark’ dall’omonimo disco del 1992, di certo apprezzata dal pubblico più qualunquista della band inglese, ma che c’entra poco o nulla con una scaletta basata su brani degli anni ’80. Per il resto, nulla da eccepire: un concerto dei Maiden é sempre un concerto dei Maiden, semplicemente spettacolare.
(Igor Belotti)


BLACK LABEL SOCIETY
23:00 (Stage Hades)
Uno degli ultimi show di questa prima giornata del Copenhell vede il caro vecchio Zakk Wylde e i suoi Black Label Society fare un ingresso di prepotenza, senza troppi fronzoli. Cominciano subito con “My Dying Time”, trascinata da uno dei soliti riffoni a tutto groove del nostro iconico guitar hero del New Jersey. Si procede poi sulle stesse coordinate con “Godspeed Hell Bound”, “Destruction Overdrive” e “The Rose Petalled Garden”, per poi giungere al super-mega-solo di rito: ovviamente parliamo di una decina buona di minuti di ‘sboronate’ al fulmicotone ma, in fin dei conti, è esattamente quello al quale il biker dalle braccia più muscolose del West ci ha abituato (non essendo il nostro assolutamente un usignolo dietro il microfono, per usare un delicato eufemismo, cerca in qualche modo di compensare). In conclusione, il nostro barbuto shredder ci saluta con “Concrete Jungle” e “Stillborn”, riuscendo comunque a coinvolgere e ad intrattenere un pubblico onestamente spompato dai precedenti show di Arch Enemy e Iron Maiden. Muscoli e mestiere.
(Lorenzo Santamaria)


12 GIUGNO

BAD RELIGION 16.30 (Stage Helviti)
Una delle vere sorprese di questa quinta edizione del Copenhell, la storica band hardcore punk capitanata dall’ormai canuto frontman Greg Graffin, apre questa seconda giornata di festival qui a Copenhagen, con un clima finalmente soleggiato e fresco. Nonostante la proposta musicale dei Nostri sia ‘lievemente’ diversa rispetto al resto del bill della kermesse, i fan accorsi a vederli sono moltissimi (principalmente gente con qualche primavera alle spalle), ed il resto del pubblico del Copenhell sembra gradire questo break dalla cascata di metallo del giorno precedente. Vista la brevità dei pezzi, suonare punk rock ha indubbiamente tra i suoi pregi quello di poter infilare ben ventidue classici in una scaletta di solo un’ora. Dall’apertura di ‘Fuck You’, estratta dall’ultimo ‘True North’ dello scorso anno, fino alla chiusura di ‘American Jesus’ (da ‘Recipe for Hate’, 1993), la band americana spazia in lungo e in largo per il proprio repertorio, dai classici degli anni ’90 fino agli album più recenti, inclusa una rivisitazione dell’album ‘Suffer’ del 1988, con il trio ‘You Are The Government’/’Best for You’/’Suffer’. Il cantante Greg Graffin sembra impegnarsi particolarmente nel suo ruolo di anti-frontman, con il suo atteggiamento sarcastico. Il look odierno, con i pochi capelli che gli rimangono ormai bianchi e con gli occhiali, gli viene senz’altro in aiuto. I Bad Religion dal vivo sono però una garanzia e la band mette a segno un brano dopo l’altro. Dispiace solo notare l’assenza di Greg Hetson, nome storico della scena punk/hardcore americana, già nei Circle Jerks e da più di venticinque anni nella band, ora sostituito permanentemente da Mike Dimkich (The Cult, Steve Jones).
(Lorenzo Santamaria/Igor Belotti)


FINNTROLL
18:00 (Stage Hades)
Dopo il commiato dei Bad Religion, scappiamo in fretta e furia verso lo stage accanto, dove si apprestano a suonare i finnici folk metaller Finntroll (per coloro tra di voi che non lo sapessero, parliamo di una band che canta scientemente in svedese, perché suona più ‘Troll’. E non aggiungiamo altro). Non vediamo l’ora di saggiare le capacità live di questa band di troll dalle orecchie a punta, notoria per i suoi show coinvolgenti e coreografici. Vi diciamo subito che, per quanto le nostre aspettative fossero alte, questi folli finnici sono comunque riusciti a spazzarle via. Veniamo trascinati di peso in un vortice fatto di orchestrazioni dal sapore norreno, sviolinate irresistibili, cavalcate di doppia cassa a 200 all’ora e cori da festa vichinga d’altri tempi. Il frontman Vreth, come un veterano generale di guerra, aizza il pubblico in un mosh saltellante senza freni, e non vi nascondiamo con quanto piacere noi stessi abbiamo deciso di tuffarci nella mischia, incuranti della sorte delle nostre (tutt’altro che economiche) birre. Senza ombra di dubbio uno dei momenti più divertenti di questo Copenhell finora.
(Lorenzo Santamaria)


SEPULTURA
19:00 (Stage Helviti)
Nemmeno il tempo di riprendere fiato e di asciugarci dal vortice di birra nel quale siamo capitati, che i Sepultura fanno il loro ingresso nel main stage. Gli storici thrash metaller brasiliani non hanno mai fatto mistero del loro amore nei confronti del proprio paese di origine, e anche questa volta, tra un giro di percussioni latine e magliette del Brasile sfoggiate con orgoglio, riusciamo a percepire una palpabile atmosfera ‘amazzonica’. Tralasciando il kick off con “Kairos”, la setlist è letteralmente dominata da pezzi presi dalla storia passata della band di Belo Horizonte, pescando a piene mani da “Chaos A.D.” e “Roots”. Inutile dire quanto il pubblico presente abbia gradito questa scelta. Il frontman dal collo taurino Derrick Green si mostra da subito ben carico, e si dà da fare anche con le percussioni quando lascia il microfono ad Andreas Kisser. Spettacolo discreto, ma decisamente ben distante dai fasti di un tempo.
(Lorenzo Santamaria)


WITHIN TEMPTATION
21:00 (Stage Helviti)
Cala finalmente la sera, ed eccoci arrivati ad uno degli act più attesi di questo Copenhell 2014, i Within Temptation. La band olandese ha saputo attirare nel corso degli anni, insieme ad una solida fanbase, una cospicua serie di detrattori, data la ‘facilità’ della loro proposta, unita al look decisamente piacente della super-frontwoman Sharon Den Adel. Noi abbiamo provato ad accostarci a questo show senza pregiudizi e, con la massima oggettività, possiamo dirvi che la professionalità di questa band on stage è incredibile. I Within Temptation, a livello di sound, orchestrazioni, presenza scenica e coreografie, tra giochi di luci e dragoni sputa fuoco, non hanno sbagliato di un millimetro (riuscendo anche ad inserire di straforo la pacchianissima cover di “Summertime Sadness” di Lana Del Rey). La nostra Sharon, stasera bella come non mai, è sempre impeccabile; puntuale, potente e aggraziata su ogni nota. Il resto della band accompagna con perizia e mestiere, consentendo ad un pubblico stanco ma ancora attento, di rilassarsi e dondolare tra atmosfere sognanti e romantiche. Bella presenza.
(Lorenzo Santamaria)


TAAKE
23:00 (Stage Pandemonium)
In un’atmosfera sulfurea, scura e tenebrosa, veniamo avvolti tra le roventi fiamme dell’inferno, assunte dalle sembianze della band norvegese Taake, capitanata dal cattivissimo frontman Hoest, figlio prediletto del Diavolo, nonché avido consumatore di cerone. Il nostro ci sputa addosso le sue liriche al vetriolo con inaudita ferocia, restando sempre incappucciato per mantenere l’aura di malignità tanto cara al personaggio. Gli unici momenti in cui il Nostro sembra decidere di tornare ad avere sembianze di essere umano sono i (numerosi) momenti in cui si prende un break per sorseggiare la sua fida bottiglia di vodka (liscia, ovviamente). Il concerto prosegue sulle solite coordinate atmosferiche, rabbiose e melodiche, alle quali la band norvegese ci ha da tempo abituato, pur non scadendo mai in un certo tipo di teatralità pacchiana. Gli astanti, ad ogni modo, si gustano lo show compiaciuti e regalano un sonoro applauso ai blackster di Bergen.
(Lorenzo Santamaria)


TWISTED SISTER
00:00 (Stage Helviti)
Ed eccoli qua, dall’assolata California, rispuntare i Twisted Sister, storica hair metal band dei mai troppo compianti Eighties. Il glam dei nostri, fatto di pantaloni attillati, cotonature vertiginose e aste rosa shocking, sembra stonare un po’ in questo contesto di nordica mascolinità a tutto metallo, ma a quanto pare niente di tutto ciò si è rivelato un ostacolo per la prestazione dei Nostri, i quali ci hanno regalato probabilmente lo show più spettacolare, interattivo e divertente dell’intera kermesse. I pezzi scelti sono tutti abbastanza veloci e accattivanti, fatta eccezione per qualche midtempo più ragionato che fa capolino qua e là all’interno della setlist. Quando finalmente sopraggiungono i due inni “We’re Not Gonna Take It” e “I Wanna Rock”, la situazione diventa insostenibile: non abbiamo mai visto un coinvolgimento tale di voci e cuori verso un palco in questi giorni: anche il più nerboruto dei metallari accanto a noi si è tolto la maglietta ed ha cominciato a saltellare e a cantare come un ragazzino. Menzione a parte va fatta per quel mito intramontabile che risponde al nome di Dee Snider, giunto ormai al traguardo delle cinquantanove candeline, ma che sembra ancora avere energia, fiato e carisma da fare impallidire frotte intere di nuove leve. Non sappiamo davvero come faccia ad avere ancora un fisico da Baywatch, il nostro Dee, il quale ci dimostra nel corso di questa ora di show, come non sia assolutamente necessario avere una tecnica sopraffina per tirare fuori uno spettacolo coi fiocchi. Trova spazio anche una sorprendente cover di “Born To Raise Hell” dei Motorhead sul finire, la quale riscuote un successo che dire strepitoso risulterebbe un eufemismo. Rockstar così non ne fanno veramente più. Leggende.
(Lorenzo Santamaria)


13 GIUGNO

BEHEMOTH 16:30 (Stage Helviti)
Ultimo giorno di festival e altri grandi nomi attendono di fare la loro comparsa. In questa ventosissima giornata, abbiamo il piacere di iniziare con i Behemoth, black/death metal band polacca capitanata dall’enigmatico e oscuro Nergal. Come da pronostico, lo stage è addobbato, come da migliore tradizione esoterica, con corna, teschi, pentacoli, serpi e chi più ne ha più ne metta, e la scelta di iniziare con “Blow Your Trumpets, Gabriel”, il bellissimo singolo preso dall’ultimo capolavoro “The Satanist”, si rivela quanto mai azzeccata, riuscendo subito a trascinarci nell’oscuro mondo del frontman e a farci scendere un brivido lungo la schiena. La band polacca sembra ancora più minacciosa quando suona in un contesto diurno e soleggiato come quello di quest’oggi. Il successo riscosso con “The Satanist” sembra proprio farsi sentire all’interno di questa setlist (oltre all’opener, i Nostri hanno suonato “Ora Pro Nobis Lucifer”, “The Satanist”, “Ov Fire and the Void” e, in conclusione, “O Father O Satan O Sun!”). Il carisma tenebroso di Nergal trascina il pubblico di questo pomeriggio ed il resto della band accompagna con mestiere e con quel pizzico di teatralità oscura che non guasta mai in questo tipo di show.
(Lorenzo Santamaria)


OBITUARY
18:00 (Stage Hades)
Con un profilo leggermente in declino negli ultimi anni, ritrovare gli Obituary in ottima forma si é rivelata una delle sorprese del festival. La band dei fratelli Tardy oggi é efferata quanto mai: intenso e feroce, il death metal della compagine floridiana non fa prigionieri. La scaletta pesca a piene mani dai classici ‘Cause of Death ‘ e ‘Slowly We Rot’, quest’ultimo decisamente privilegiato nella scelta dei pezzi di questa sera. I nuovi innesti nella band, il bassista Terry Butler e il chitarrista Kenny Andrews, integrano alla grande il trio composto da Trevor Peres e dai fratelli Tardy, da sempre colonne della band. Fa indubbiamente piacere, poi, ritrovare un veterano della scena come Butler, già con Death, Massacre e Six Feet Under, piuttosto che un illustre sconosciuto. Prima che la band si congedi, trova spazio una nuova canzone, l’inedita ‘Inked in Blood’, eseguita nei bis insieme alla title-track dell’esordio ‘Slowly We Rot’, che chiude il concerto.
(Igor Belotti)


GRAVEYARD
19:00 (Stage Helviti)
Gli svedesi Graveyard, campioni della scena retro rock, capaci di mandare nel 2011 ‘Hisingen Blues’, il loro debutto per la major Universal, direttamente al primo posto della classifica di vendite in patria, si sono sempre contraddistinti per dei live show particolarmente intensi. Il concerto di oggi, per quanto buono, non raggiunge invece i livelli di intensità a cui la band svedese ci ha abituato, colpa forse dei troppi pezzi lenti inseriti nella scaletta. Il songwriting della band é superiore alla maggioranza dei gruppi a loro affini, ma il concerto di Copenhell risulta nell’insieme troppo morbido. Nonostante ciò, la classe del quartetto di Gothenburg traspare e canzoni come ‘Hisingen Blues’ o la veloce ‘Ain’t Fit to Live Here’ risultano sempre coinvolgenti. Il concerto é in larghissima parte incentrato sui pezzi degli ultimi due dischi della formazione, con l’omonimo debutto rappresentato dalla sola ‘Satan’s Finest’. Chiude il concerto la sempre stratosferica ‘The Siren’, con la sua epicità inarrivabile.
(Igor Belotti)


DAWN OF DEMISE
20:00 (Stage Pandemonium)
Neanche il tempo di goderci la ventata di freschezza rock portata dai Graveyard che ecco veniamo colpiti dall’ennesima badilata in pieno viso. I death metaller danesi Dawn Of Demise non amano scendere a compromessi e lo impariamo a nostre spese. Una setlist monolitica, fitta e brutale che non lascia spazio ad alcun tipo di azzardo stilistico. In fin dei conti, infatti, la band dello Jutland non si è mai contraddistinta per le proprie velleità sperimentative o per le contaminazioni. Death metal old school duro e puro, ed il pubblico presente, numeroso a dispetto del piccolo stage, non chiede di meglio. Concerto cattivo e brutale, che non lascia prigionieri.
(Lorenzo Santamaria)


SUICIDE SILENCE
21:30 (Stage Helviti)
Ed eccoci finalmente all’ultima (almeno per noi) grande band di questa quinta edizione del Copenhell, festival che si è rivelato fino a questo punto ben al di sopra delle nostre già alte aspettative. I Suicide Silence, orfani del mai dimenticato Mitch Lucker, fanno il loro ingresso on stage guidati dal nuovo frontman Eddie Hermida (una volta in forza agli All Shall Perish). In tutta onestà, senza voler essere irrispettosi nei confronti della memoria del buon Mitch, possiamo dirvi quanto la band californiana abbia guadagnato, in termini di potenza e versatilità vocale, dall’ingresso in formazione di Eddie. Il nostro pluritatuato singer si giostra con disinvoltura tra scream al vetriolo e ruggiti gutturali profondi, riuscendo a spezzare quella lieve monotonia che affligeva il caro Mitch. Oltretutto, Eddie dimostra una capacità da frontman navigato nel gestire la folla ed appunto, nel corso di questo show, assistiamo al più violento e sconsiderato moshpit dell’intera manifestazione. In aggiunta, il nostro Mr. Hermida è riuscito a convogliare ed organizzare la folla in un Wall of Death estremente coreografico e selvaggio (all’interno del quale abbiamo deciso di lanciarci anche noi al grido di “YOLO”, quanto mai azzeccato nel caso di questa band). Non essendo noi più dei ragazzini, abbiamo accusato il colpo, ma è con un sorriso a trentadue denti che abbandoniamo questa ricchissima e riuscitissima edizione 2014 del Copenhell, sperando di rivedervi l’anno prossimo. Horns Up!
(Lorenzo Santamaria)

3 commenti
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