A cura di Claudio Luciani
Il 2014 di concerti fiorentini viene inaugurato in maniera più che convincente grazie ad un concerto ad entrata libera di Cripple Bastards, Bologna Violenta e Karl Marx Was A Broker (formazione locale di discreto richiamo, già apparsa sulle nostre pagine). Tale possibilità si deve alla scelta di commemorare – attraverso una serie di appuntamenti – la scomparsa di un giovane, Cesare Rinaldi, da parte dell’associazione Ricordo Positivo: non è quindi sorprendente che l’afflusso sia stato buono e diffuso. Il Teatro Viper di Firenze, inoltre, si conferma un locale di buon livello, sia per l’acustica che per l’organizzazione degli spazi, permettendo alla serata di svolgersi senza fastidiosi intoppi: è così che i presenti possono godersi una serata intensa e coinvolgente. Vediamo come è andata!
KARL MARX WAS A BROKER
Aprono i KMWAB ed un concetto è subito chiaro: dal vivo la loro componente metal si esalta. Se in sede di recensione avevamo sollevato questioni relative ad un suono troppo saturo e poco potente, l’esibizione di questa band è stata una risposta più che pronta, ingrassata da spessi strati di feed-back e suggellata da una versione di “DD” (apripista dell’ultimo lavoro) particolarmente robusta. Le venature heavy metal non si limitano a questo, dal momento che siamo rimasti colpiti dal rigore estetico e dalla compattezza di una prestazione che immaginavamo molto più “liquida”: è probabilmente per queste ragioni che la componente funky è passata, invece, un po’ più in sordina che su disco. Quisquilie, tuttavia, perché questi ragazzi sono dei bravi strumentisti (menzione speciale per il bassista, le cui dita danzano agili attirando la nostra attenzione) e ciò, oltre a farli “spaccare” costantemente, fa sì che sappiano imprimere efficacemente groove e carisma alle loro composizioni, di buon intrattenimento anche senza un riferimento importante come quello vocale: in questo ci hanno ricordato, sotto debite proporzioni, i Karma To Burn. L’aspetto più controverso dello spettacolo è rappresentato dall’assenza di sintetizzatori sul palco: se da un lato le parti elettroniche hanno funzionato, conferendo atmosfere dal gotico (curiosamente) ai Kraftwerk sotto “funghetti”, dall’altro è stato strano vedere un gruppo così capace suonare su delle basi registrate; comprendiamo, comunque, che l’unica possibilità di “ovviare” sarebbe aprirsi ad un altro elemento e la band potrebbe essere di diverso avviso. Comunque sia, i KMWAB confermano le qualità positive mostrate su disco, ponendosi come un gruppo da tenere sotto controllo per l’anno incipiente.
BOLOGNA VIOLENTA
Potremmo definire i Bologna Violenta come una “one man hystrionic chaos band”, coincidendo fisicamente con la figura del musicista polistrumentista Nick Manzan, ed è difficile inquadrarli in termini artistici dal momento che si trovano a ridosso di teatro e musica (dal blues al metal estremo, passando per l’elettronica). Questa doppietà rappresenta, in nostra opinione, la forza e al contempo il limite del progetto: se da un lato, infatti, è certamente suggestivo osservare Nick Manzan “istrioneggiare” sul palco, trascinati dal suo ego da attore, è altrettanto vero che dopo un po’ può causare noia, per via di una (inevitabile) autoreferenzialità e di un certo manierismo espressivo in ambito musicale. Per chi è avvezzo all’ascolto di forme estreme d’espressione musicale, che si tratti di metal o punk o industrial (quello propriamente detto, non ci riferiamo certo a Ministry o Rammstein), è chiaro come determinati linguaggi, pur rivolti al caos, conservino un certo rigore strutturale (immediatezza, nel caso del punk) che, assieme alla “deviazione”, è la ragione che può indurvi ad un amore duraturo per tali creature: nel caso di Bologna Violenta, invece, il carattere principale sembra essere una destrutturazione cieca e completa, in preda a delirio d’onnipotenza. Certamente non v’è nulla di sbagliato in ciò, tuttavia la musica assume lineamenti “dadaisti”, accusando – in nostra opinione – poca profondità al livello espressivo e di significato, da cui il manierismo cui si faceva cenno. Se sull’istante siamo riusciti ad apprezzare l’evidente potenza (sia sonora che iconografica), alla lunga abbiamo finito per rimanere indifferenti, a causa della forte impressione di “casino sconclusionato” (non ce ne voglia il Nostro!), un aspetto certamente poco attraente, per chi è interessato principalmente alla musica, e aggravato dalla presenza di basi registrate che tolgono carisma all’esibizione (siamo dell’idea che tali concetti siano più funzionali ad un ascolto da disco, piuttosto che live). E’ chiaro, a questo punto, come un’esibizione del genere non sia per tutti: chi comunque apprezza Bologna Violenta continuerà a farlo per l’istrionismo vivace di Manzan, la sua capacità di mutare pelle (dal momento che sa passare con disinvoltura dalla chitarra elettrica al violino) e quella di conferire al tutto un carattere rituale, mentre agli altri consigliamo, sostanzialmente, di rivolgersi altrove.
CRIPPLE BASTARDS
Chi è un abituale di queste pagine sa con certezza che è gradita consuetudine per i Cripple Bastards aprire i propri show con “Misantropo A Senso Unico”: è un po’ il loro modo di dirci “bentrovati!” e rovesciarci addosso un personale modo di intendere l’emotività, a senso unico anch’esso, fatto di odio torrido e torrenziale. Rispetto all’ultima volta in cui li abbiamo visti, a Prato, l’acustica è decisamente migliore: non a caso il Viper è un locale in questo senso ottimizzato, permettendoci di godere al meglio dell’impeto live di questo gruppo. Il concerto, come sempre, si articola in una tempesta di folli schegge a seguirsi senza soluzione di continuità: “Rapporto Interrotto” e “Il Sentimento Non E’ Amore” percorrono le orecchie degli astanti con dinamica folle e deviante, progenie ibrida di hardcore e thrash, mentre “Il Tuo Amico Morto”, “Quasi Donna…Femminista” e “Morte Da Tossico” alzano i toni grazie ad un Giulio che “s’incazza” ancora come fosse la prima volta. A questo punto, dopo tanta confortevole consuetudine, una piccola grande sorpresa: viene suonato un anticipo dell’album prossimo venturo, cioè la canzone “Malato Terminale” (reperibile anche in rete!); dopo un’intro lenta e apocalittica, che è insolito sentire da questa band, inizia ad agitarsi un pezzo particolarmente brutale, dinamizzato da una sezione centrale molto groovy, che fa salire la febbre dell’attesa per “Nero In Metastasi”. L’esibizione si protrae con le rasoiate inferte da pezzi come “Stupro E Addio”, “Allergie Da Contatto”, “Marchio Catastale”, “Images Of War/Images Of Pain” e l’avvelenatissima “Non Servire A Niente”, tutti classici (anche se in differenti misure), e pare chiaro come Giulio riesca a sostituire quello che per molti è il normale processo d’invecchiamento con un ulteriore abbassamento del pH della sua voce (nota: il pH è la misura dell’acidità di una soluzione, più è basso, più la soluzione è acida). All’alba del 2014 deve essere indiscutibilmente chiaro che presenziare ad un concerto dei Cripple Bastards significa essere pronti a farsi scuotere – dentro e fuori – da una rappresentazione cruda e affilata dei più sordidi istinti umani, quelli che ribollono e gorgogliano nelle bolge più buie della decadenza occidentale: è innegabile, infatti, che la lucidità e la coesione di questo gruppo si producano in un raziocinio tanto nichilista quanto affilato, mentre la scelta di cantare in italiano – lingua madre del gruppo – giovi alla crudezza del messaggio, shockante e rivolto a tutti i connazionali. Il concerto giunge a chiusura in poco più di mezz’ora, sulle note di “Italia Di Merda” (uno degli “stornelli” preferiti di chi scrive), e per alcuni questo è stato il neo più fastidioso della serata: un punto di vista certamente comprensibile, specie da parte di chi non ha avuto modo di vederli spessissimo, ma teniamo a ricordare che l’entrata era completamente gratuita.