THE OCEAN
Suonare solo mezz’ora e in apertura non è il massimo per una band come i The Ocean. Come noto, le composizioni del collettivo di Berlino sono molto complesse e se i suoni non sono perfettamente calibrati, c’è il rischio di dar vita a un minestrone sonoro senza arte nè parte. Per fortuna che l’ingegnere del suono dietro al mixer è riuscito a evitare abilmente quest’ultimo problema, tuttavia si ha avuto la netta sensazione di assistere a uno show “mutilato”, visto che la band ha potuto eseguire soltanto quattro brani del suo vasto repertorio. Comunque ottimo il responso del pubblico e sempre più pregevole la presenza scenica dei nostri, appena tornati da un tour di un mese negli Stati Uniti, ma dopo la conclusiva, terremotante “The City In The Sea” – apice del concerto – la nostra voglia di The Ocean era davvero lungi dall’essere soddisfatta.
DEVIL SOLD HIS SOUL
Un po’ delusi dal poco tempo concesso ai The Ocean, si è tuttavia riusciti a tirarsi su di morale grazie all’arrivo dei Devil Sold His Soul, quintetto britannico per nulla noto al di fuori della sua madre patria, ma piuttosto interessante. I nostri hanno proposto poco più di mezz’ora di un post-hardcore misto a screamo che ha ricordato alla lontana certe cose presenti nell’ultimo platter degli Underoath. Una manciata di tracce vagamente epiche e dilatate, alternanti sfuriate post hardcore e lunghe sezioni melodiche e ariose, spesso in aria di post rock. Niente di strettamente innovativo, ma, complici delle melodie piuttosto indovinate, il gruppo è riuscito a intrattenere il pubblico a dovere. Cercheremo di tenerlo d’occhio.
CULT OF LUNA
Una scenografia semplice, affidata esclusivamente al classico telone raffigurante la copertina dell’ultimo album, ha fatto da contorno alla performance degli attesissimi Cult Of Luna. A dire il vero, ci sarebbe anche da segnalare la presenza on stage di ben due batterie, ma lungi da noi dare troppo peso a tale trovata, visto che, in fin dei conti, si è trattato poco più di un puro e semplice ornamento, in quanto una di esse ha fatto la sua parte soltanto durante una manciata di brani. Comunque, è bene dire che il concerto degli svedesi non è certo stato avaro di pathos: un gioco di luci esemplare ha sottolineato con grande efficacia l’evolversi di tutta l’esibizione e, dal canto loro, i nostri non si sono veramente risparmiati durante i novanta minuti loro concessi, suonando quasi come se si trattasse del loro ultimo concerto. Essendo il palco tutto sommato piuttosto ristretto, non ci si poteva aspettare chissà quali movimenti da parte del gruppo, tuttavia i Cult Of Luna hanno palesemente dimostrato di “sentire” i pezzi, coinvolgendo gli astanti in maniera notevole. La qualità di composizioni come “Finland”, “Following Betulas”, “Ghost Trail” ed “Echoes” ha poi fatto il resto: non è stato raro vedere fan con gli occhi chiusi, pronti a farsi rapire dai sottili intrecci melodici partoriti dalle chitarre di Fredrik Kihlberg e Johannes Persson. A ben vedere, sarebbe quasi stato il caso di disporre delle sedie di fronte al palco, visto che chiunque era lì non era certo venuto per pogare o fare stage diving. Non è questo che la musica dei Cult Of Luna suscita… tante emozioni, ma di tutt’altro tipo rispetto a quelle che si è soliti provare a concerti affini. Questa sera è quasi come se avessimo assisitito alla riproposizione di una lunga colonna sonora, più che a uno show post hardcore/metal. Un’esperienza fantastica, che invitiamo chiunque a provare, se mai i Cult Of Luna torneranno a suonare in Italia.