Report di Stefano Protti
Fotografie di Benedetta Gaiani
Non è ancora Dicembre eppure sembra già Natale a Milano, questa sera, perché i D-A-D sono tornati da queste parti a festeggiare i loro primi quarant’anni di attività.
Ad attendere la band danese non ci sono sicuramente le migliaia di persone contate alla Royal Arena di Copenhagen, ma possiamo assicurarvi che anche al Legend, nel suo piccolo, si sta un po’ stretti – sicuramente più stretti di quanto è capitato di sentirci recentemente in altre situazioni live – ed è cullati da questo confortante calore umano che ci prepariamo a dare il benvenuto a Jesper e Jacob Binzer, Stig Petersen e Laust Sonne.
Gli italiani SANDNESS sono probabilmente la migliore scelta possibile per preparare gli animi all’arrivo dei D-A-D; cresciuti a pane, hard rock e power pop, con un repertorio disseminato lungo sei album (il più recente è “Play Your Part”, edito da Rockshoots Records nel 2022, disco che sarebbe da recuperare almeno per la spumeggiante “High Tide”), la band allieta gli avventori con una miscela artigianale di blues riletto dai Rolling Stones, ritornelli a presa rapida, cori ed efficaci interventi di tastiera che rendono l’impasto musicale proposto se possibile ancora più appetitoso.
Trenta minuti di musica che hanno il pregio di non lasciare alcun peso nei pensieri degli ascoltatori, prima del fisiologico cambio palco per accordare strumenti e regolare i suoni.
Credere di essere ancora giovani per ilrock’n’roll non è sufficiente per esserlo davvero, perché gli anni passano, sopra e sotto il palco, e lo vediamo stasera guardandoci intorno, sbirciandoci l’un l’altro per confronto, nelle barbe brizzolate: non è affatto l’orrore raccontato in qualche novella gotica, è la vita, e in questa esistenza abbiamo visto molte band impegnate in stanche celebrazioni quaranta/cinquantennali, finti tour d’addio, reunion nate solo dalla necessità di ricordarci come si stava meglio quando gli anni non pesavano in modo così significativo.
Bene, tutte queste considerazioni da concerto funeral doom sono soffiate via dai D-A-D a due minuti dall’inizio di “Jihad”, nel momento stesso in cui Jesper Binzer lascia il microfono alla platea per il refrain, e da entrambe le parti, band e pubblico, ci si accorge che per quanto tempo sia passato, entrambi suoniamo splendidamente.
A nessuno importa stasera che Jacob Binzer appaia come un meraviglioso mix tra Maurizio Vandelli e Bono Vox, perché la resa acustica di “Laugh ‘n’ a 1/2” rende giustizia a tutte le “One” del mondo, ed è uno spasso, ovviamente, seguire Stig Pedersen mentre esibisce la sua collezione di bassi a due corde (il preferito di chi scrive è quello con corpo e paletta invertiti), ma queste cose non fanno certo dimenticare che lui e Laust Sonne, dietro le pelli, rappresentano una sezione ritmica implacabile.
Insomma, stasera non c’è nessuno che vorremmo vedere sul palco se non i D-A-D, che per ricambiare la fiducia offrono uno show sontuoso: novanta minuti quasi senza pause con la voce di Jesper che, al pari di un motore diesel, si scalda canzone dopo canzone lasciando trasparire un timbro più blues che in passato.
I pezzi del nuovo “Speed Of Darkness” (su tutti la title-track ed una “God Prays To Man” scivolata nei bis) non sfigurano al cospetto del repertorio più nobile (quanto volte abbiamo goduto di “Everything Glows” o “Sleeping My Dad Away” e quando mai ci sazieremo di farlo?), mentre Stig si ritaglia uno spazio da frontman nella doppietta punk “Jonnie”/”Riding With Sue”, omaggiando così il primordiale “Call Of The Wild”.
Un concerto trascinante, allegro, guidato da una band dalla compattezza strumentale (e vocale, va segnalato il contributo dei musicisti alle seconde voci per ravvivare anche i brani più ‘di routine’ dell’ultimo lavoro come “Keep That Mother Down”), che alla domanda “possibile che tutto ciò non ti basti ancora?”, spinge a negare con un gesto deciso mentre il quartetto ricomincia a saltare con una trascinante versione di “Monster Philosophy”.
Dopo un encore di quattro brani, si è fatto tardi per tutti, Disneyland chiude con il languore di una ballata, fuori ci aspetta una notte infida di nebbia, eppure la gente sembra indifferente al rischio di infradiciarsi, anzi, qualcuno si attarda all’uscita, vuole ancora parlare del concerto, della band, delle date che ci sono state e di quelle che verranno, di come l’audio in un locale sia meglio o peggio di un altro.
Perché stanotte è come se i D-A-D ci avessero spiegato sorridendo, in un italiano deliziosamente stentato, che c’è ancora tempo per invecchiare prima di smetterla con il rock’n’roll. Un sacco di tempo, a sentir loro.
Setlist:
Jihad
Evil Twin
1st, 2nd & 3rd
Rim of Hell
The Ghost
Grow or Pay
Jonnie
Riding With Sue
Speed of Darkness
Keep That Mother Down
Reconstrucdead
Everything Glows
Monster Philosophy
Bad Craziness
God Prays To Man
Sleeping My Day Away
Laugh ‘n’ a ½
It’s After Dark
SANDNESS
D-A-D