08/06/2025 - DARK ANGEL + SCHIZOPHRENIA + 10 PLAGUES @ London Underworld - Londra (Gran Bretagna)

Pubblicato il 11/06/2025 da

Report di Luca Pessina
Foto di Artur Tarczewski (Facebook | Instagram)

Il ritorno dei Dark Angel a Londra, domenica 8 giugno 2025, è uno di quegli eventi che si presentano come un’occasione più unica che rara. La storica thrash metal band californiana approda in Europa per una manciata di date, giusto il tempo di far tremare un po’ le fondamenta di qualche locale e tornare alla base. Dal 2013, quando hanno deciso di rimettersi in carreggiata, i Nostri hanno sempre dato priorità alla qualità: pochi show, ma sempre mirati (non guasta che il loro cachet non sia proprio popolare, e questo spiega come mai non siano in molti i promoter disposti a rischiare).
A rendere questo ritorno nel Vecchio Continente ulteriormente interessante è poi l’avvicinarsi, dopo oltre trent’anni di silenzio discografico, della pubblicazione di un nuovo album, la cui uscita è a quanto pare prevista per gli ultimi mesi del 2025.
Va detto che, finora, i singoli pubblicati in anteprima – “Extinction-Level Event” e “Circular Firing Squad” – hanno suscitato reazioni tutt’altro che entusiastiche. I riff sono apparsi impersonali, la resa sonora digitale e spigolosa, le linee vocali di Ron Rinehart forzate e slegate dal resto. Persino le copertine, realizzate affidandosi all’AI, non hanno aiutato a creare un’immagine coesa e credibile. Con queste premesse, un po’ di tensione è palpabile già nelle ore precedenti allo show: ci si chiede se la band sarà in grado di convincere dal vivo o se certi timori, alla fine, troveranno conferma.
La buona notizia è che questo minitour mette in primo piano il capolavoro “Darkness Descends”, proposto per intero nelle date da headliner. Una scelta rassicurante: se anche i nuovi pezzi lasceranno a desiderare, ci sarà comunque di che sfondarsi le cervicali con la vecchia gloria.
E a proposito di cambi di rotta, lo spostamento del concerto dall’Electric Ballroom all’Underworld, a circa una settimana dall’evento, ha lasciato in molti più che perplessi. L’Underworld è glorioso, ma resta una sorta di buco – affascinante, certo, ma con meno della metà della capienza del Ballroom – e stasera non arriva nemmeno al sold-out. Siamo sulle quattrocento persone, una cifra dignitosa ma ben lontana dal delirio che ci si aspetterebbe per una formazione che qui manca dal 1991. Un mistero: biglietto salato? Pubblico in risparmio per i festival estivi? Una fan base un po’ invecchiata e poco rinnovata? Forse un po’ tutto. Di sicuro, il promoter avrà qualche conto in rosso da mandare giù.

La serata inizia con i 10 PLAGUES, un gruppo death-black metal locale, la cui proposta lascia emergere anche vaghe tinte industriali. Il loro show è compatto e glaciale, ma questa non sembra essere la serata giusta per un sound come questo: il grosso del pubblico resta fuori dal locale e i pochi presenti in sala appaiono più che altro in modalità “ok, facciamo passare il tempo”. Qualche testa si muove, ma nulla di più.

Tutt’altra storia per gli SCHIZOPHRENIA. Il quartetto arriva in grande spolvero, denotando subito molta dimestichezza con il palco. Del resto, ricordiamo che i ragazzi hanno supportato i Cannibal Corpse nel loro ultimo tour europeo. Death metal fortemente venato di thrash, o viceversa, è quello che ci offre il quartetto italo-belga, il cui marchio di fabbrica sta rapidamente diventando l’intensità dei propri show, in cui sembra appunto di avere davanti un gruppo thrash pompato dalla velocità d’esecuzione e dalla ferocia dei classici Morbid Angel.
È un assalto frontale che lascia poco spazio alla riflessione, eppure qualche volta la sensazione è che la band trarrebbe giovamento da un po’ più di respiro, per far sedimentare i riff. Ma questo è un dettaglio che magari matureranno col tempo, quella di oggi resta comunque una prova superata in scioltezza.
Lorenzo Vissol alla batteria, in particolare, è un fiume in piena: la sua energia trascina anche i più disattenti. Quando chiudono il set, i consensi sono convinti e meritati.

Dopo mezz’ora di cambio palco, arriva finalmente il momento tanto atteso: i DARK ANGEL si presentano davanti alla platea e la tensione si scioglie nel boato del pubblico. Si parte con “Time Does Not Heal”, l’unico brano estratto dal clamoroso disco omonimo del 1991. Un assaggio raro e prezioso, e anche un primo test per Ron Rinehart, la cui voce sui nuovi singoli è stata appunto un tema ricorrente di discussione. Vista la sua controversa performance in studio, si teme che ultimamente il frontman abbia avuto un crollo dell’ottavo grado della scala Mercalli, tipo Fabris.
Almeno oggi, il sessantenne sembra però in buona forma: non più il giovane furioso degli anni ’80 e dei primi ’90, certo, ma si difende con grinta. Ogni tanto deve rifiatare, passa il microfono al pubblico, oppure rielabora la strofa ricorrendo a una specie di growl per non sforzare troppo a livello di estensione, ma la prova resta solida e dignitosa. Più che altro, ci si chiede davvero cosa sia successo durante la registrazione dei nuovi pezzi: qui dal vivo Rinehart regge bene, mentre in studio il risultato è deludente.
Quando poi la band, nella prima metà del set, attacca le nuove “Extinction-Level Event” e “Circular Firing Squad”, i dubbi sul nuovo materiale non spariscono. È vero che dal vivo i brani guadagnano un po’ di muscoli, suonano più ruvidi e cattivi, ma restano canzoni povere di idee. È come se mancasse la personalità e quel tocco ingegnoso che ha sempre contraddistinto i Dark Angel, perlomeno nei lavori con Rinehart al microfono. Onestamente, molti qui avrebbero preferito altri pezzi storici piuttosto che questi nuovi episodi.

La storia cambia completamente con i brani da “Leave Scars” – “Never To Rise Again” e “No One Answers” – e con l’intera suite di “Darkness Descends”. Qui la band è un’altra cosa: potente, tirata, convincente su ogni fronte, nonostante – come ovvio a questa età – alcune pause tra i brani diventino abbastanza corpose. “Black Prophecies”, in particolare, è un momento di puro godimento, un viaggio all’inferno e ritorno che strappa applausi a scena aperta. Laura Christine, la nuova chitarrista e moglie di Gene Hoglan, è una rivelazione: precisa, determinata, con assoli curati e un piglio che azzera ogni scetticismo. Hoglan, inutile dirlo, è una macchina e con lui la sezione ritmica diventa un martello pneumatico che tiene insieme il tutto con vigore ed eleganza.
Non mancano i momenti toccanti: in più punti della serata, la band ricorda Jim Durkin, storico chitarrista e principale autore di molti capolavori dei Dark Angel, scomparso nel 2023. Rinehart e compagni non si stancano di sottolineare come ogni loro sforzo sia dedicato a lui, è un filo rosso che attraversa l’intero concerto, dando ancora più significato a ogni episodio.

Il locale, piccolo e sotterraneo, aggiunge quindi un fascino particolare alla serata: sembra di tornare ai primi anni della band, quando il thrash era ancora una religione underground e i concerti avevano il sapore del rito clandestino. Rinehart lo sottolinea tra un pezzo e l’altro, e il pubblico risponde con stage dive e circle pit.
L’età media è appunto alta, ma i più giovani si fanno sentire e trasformano la sala in un calderone. Il cantante sembra davvero gasato dalla situazione, gli altri un po’ meno: dopo tanti anni, non è facile passare da festival o palchi colossali a un club dove ti rovesciano la birra sulle scarpe e dove ti atterrano sulla pedaliera. A un certo punto, infatti, la band chiede di smettere di salire sul palco, come a dire “va bene la bolgia, ma teniamo un minimo di controllo”.
Ecco, il bello di stasera è proprio questo: il quintetto suona a distanza di sputo dal pubblico e tutto diventa più vero, più ruvido, più intenso. I brani storici dei Dark Angel in un posto così raccolto hanno una carica primordiale che non si ritrova nei grandi festival.
Per chi c’era, questo resterà uno di quei ricordi da raccontare agli amici, non tanto per la perfezione quanto per la sensazione di essere stati lì, dentro il cuore pulsante di una leggenda. C’è qualcosa di magico in queste serate piccole ma dense, dove il contatto tra musicisti e pubblico è diretto, viscerale, e le canzoni assumono un peso ancora maggiore.
La sensazione è che, comunque vada il nuovo album, i Dark Angel abbiano ancora tanto da dire sul palco, dove i loro classici brillano come sempre, in particolare in un contesto come questo. Ci azzardiamo anzi ad affermare che, a meno di clamorose sorprese, “Extinction-Level Event” si rivelerà inutile o comunque non all’altezza del glorioso passato, ma oggi i californiani mettono a segno l’ennesima ottima prova dal vivo, e tanto basta per tener viva la fiamma almeno per un altro giro.

Setlist Dark Angel:
Time Does Not Heal
Never to Rise Again
Extinction-Level Event
No One Answers
Circular Firing Squad
Darkness Descends
The Burning of Sodom
Hunger of the Undead
Merciless Death
Death Is Certain (Life Is Not)
Black Prophecies
Perish in Flames

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