A cura di Marco Gallarati
In un venerdì 17 gennaio piovoso e umido ci spostiamo nella provincia bergamasca, in quel del Live Keller Pub di Curno, per assistere ad un evento underground che presenta on stage due validissime realtà italiane, una ormai storica e affermata anche all’estero – i parmensi (anche se a dire il vero di parmense è rimasto ben poco!) Dark Lunacy – e l’altra venuta alla ribalta da poco ma che al suo interno vede protagonisti musicisti molto preparati e ‘nella scena’ milanese da tempo immemore – i meneghini Wake Arkane. Il Keller, il cui palco si trova nell’ampio sottoscala ed è nell’atipica forma romboidale, ovvero in modo da fornire alla band la strana sensazione di sentirsi circondata dal pubblico piuttosto che fronteggiarlo faccia a faccia, è abbastanza gremito, nonostante la maggior parte degli avventori sosti al pianoterra, dove il locale è un ‘semplice’ pub metallaro. Attirato dall’entrata a ingresso libero della serata, però, un folto plotoncino di amici e fan delle due band si trova a scendere la rampa di scale e ad assieparsi attorno al palco per godersi da vicino le due esibizioni…
WAKE ARKANE
Sono passati quasi due anni dall’uscita del debutto “The Black Season”, ma la ‘stagione nera’ dei Wake Arkane continua in modo lento e crescente, permettendo al combo, questa sera, di regalare ai propri supporter una prestazione davvero speciale: l’esecuzione per intero del succitato full-length d’esordio, condito dalla sorprendente cover di “Kashmir” dei Led Zeppelin, eseguita in modo soddisfacente e vigoroso! Chi scrive ha avuto modo di visionare la band diverse volte in questi anni e mai i ragazzi della provincia milanese hanno deluso le aspettative. I suoni del Keller sono sicuramente potenti, ma deficitano un tantino di pulizia…e quando le trame chitarristiche sono intricate e cariche di arrangiamenti, come quelle del duo Difato-Rebughini, è un peccato non poterle apprezzare in modo migliore; diverso il discorso in sede di assolo, in quanto la definizione del suono è parsa maggiore. La sezione ritmica Belloni-De Zani, compatta e impegnata ad esortare l’audience, e l’atteggiamento semplice e low-profile del frontman Helios Ingrassano fanno dei Wake Arkane un gruppo molto piacevole da seguire, professionale, attento, coinvolgente e, oltre a tutto questo, capace di presentare un repertorio progressive melodic death metal di tutto rispetto, con le ormai note “Apophis’ Monolithes”, “Swallowed By The Afterglow” e “The Numb Experience” a trainare lo spettacolo, completato poi dagli altri pezzi di “The Black Season”, spaziando dal groove di “Human Dust Debris” al gotico splendore di “Berenice”, fino ad arrivare all’attesa perla dell’esecuzione odierna, ovvero la proposizione di “Diluvio”, riuscitissima e monolitica suite di oltre dieci minuti di durata, che, suonata in chiusura di set, ha mostrato a tutti come i Nostri tengano molto bene l’ora di concerto. Applausi, dunque, e palla passata ai Dark Lunacy!
DARK LUNACY
Cambio palco agile e veloce e i quattro Dark Lunacy salgono on stage. La band originaria di Parma è oggi un quartetto geograficamente misto, comprendente, oltre a Mike Lunacy, unico membro fondatore rimasto dopo la dipartita dello storico chitarrista Enomys, i marchigiani Daniele Galassi e Alessandro Vagnoni, rispettivamente chitarra e batteria degli schizo-metaller Infernal Poetry, e l’ottimo bassista Jacopo Rossi. Viva e vegeta, sebbene passata attraverso innumerevoli cambi di line-up, la formazione nostrana ha ottimo riscontro all’estero – citiamo Russia, Giappone e Messico, ad esempio – mentre in madrepatria, pur restando un nome apprezzato e rinomato, ha certamente raccolto meno di quanto sperato e sperabile. Ad ogni modo i Dark Lunacy non si fanno certo problemi ad attaccare l’audience con il loro death metal melodico/sinfonico, che alterna momenti altamente drammatici a sfuriate al limite del black metal. I suoni sono settati bene, con un evidenza particolare per le pulsioni avvolgenti del basso e la naturale corposità della chitarra, sulle quali si eleva con facilità la voce di Mike Lunacy, umile quanto carismatico frontman, mai sopra le righe. “Weaver Of Forgotten” è l’ultimo full-length del gruppo, ma il debutto “Devoid” è rimasto nel cuore di ogni presente al concerto: la band dunque non si limita a fornire un set incentrato sull’ultima uscita, fra l’altro ormai piuttosto vecchiotta, bensì propone uno show ricco e variegato, nel quale spiccano le primordiali “Forlorn”, “Varen’ka” e la attesissima chiusura di “Dolls”, vero e proprio brano-simbolo del gruppo. Lo spettacolo è stato diretto, quadrato, pieno di sudore e concretezza, con pochissimi fronzoli, tanta dedizione e voglia di suonare. Entità come i Dark Lunacy, che cercano di andare avanti e proseguire nonostante le croniche instabilità, resistono solo se alla base del progetto permane una forte volontà…e certo quella di Mike dev’essere eccezionale. Chapeau.