FEAR MY THOUGHTS
Poveri Fear My Thoughts! Davvero improba la loro missione, quella di conquistare almeno una decina di nuovi fan tra l’audience già invasata ed in fibrillazione per l’arrivo, di lì a breve, degli osannati headliner: venti minuti di esibizione e quattro pezzi soltanto, inoltre, non hanno certo facilitato le operazioni al quintetto di Friburgo. Ci avevano destato qualche perplessità anche al Summer Breeze del 2007, e non possiamo fare altro che confermare il giudizio di allora, accentuando i dubbi nel ricordare la netta e recente virata progressive imposta dal pur bello “Isolation”. Il primo brano totalmente castrato da dei suoni orrendi, “Blankness” e “Bound And Weakened” in parziale ripresa, il nuovo vocalist Martin Fischer ingiudicabile in così poco tempo, ma certo non convincente soprattutto nelle parti più aggressive… Insomma, decisamente rimandati dal vivo, i Fear My Thoughts restano un gran bel gruppo da studio. Per chi non li conosceva, il consiglio è quello di non farsi influenzare dallo show di stasera e di cercare i loro meritevoli dischi comunque.
POISONBLACK
Di ben altra pasta è stata la mezzora dei finlandesi Poisonblack, la band di Ville Laihiala, conosciutissimo ex-frontman dei compianti Sentenced. Il suo gothic metal innervato di groove e rock è l’ideale per introdurre i Dark Tranquillity e, nonostante il tempo sia stato tiranno anche per i cinque finnici, dobbiamo dire che la band ha ricevuto parecchi applausi ed una buona dose di ovazioni. Pochissime parole per Ville ed il solito atteggiamento da freddo tenebroso, al limite dello scocciato quando il gruppo si è congedato in tre secondi senza neanche ringraziare un po’ il pubblico. “A Dead Heavy Day” e “Rush” sono stati fra i pezzi eseguiti, in un piacevole crescendo di vigore ed atmosfera. Nulla da fare, però: rare volte si è percepita così forte l’inutilità dei gruppi di supporto, al cospetto di un’audience al 95% presente solo per i ragazzoni di Goteborg. Ville, stai tranquillo, sarà per una prossima volta: cool lo sei già, se poi in futuro ci fai addirittura ‘ciao ciao’ con la manina prima di sparire, magari ci starai anche più simpatico.
DARK TRANQUILLITY
Più che il derby di Gothenburg, sembra ormai una finale di Champions League! A pochi giorni di distanza dall’esibizione degli In Flames, transitati in quel di Milano con il loro pirotecnico spettacolo degno del Cirque du Soleil, tocca oggi ai Dark Tranquillity andare in scena. Potevano i sei svedesi essere da meno dei cugini? Certamente no, ed ecco quindi che i nostri, complice la pluri-annunciata registrazione del nuovo DVD, si presentano al Rolling Stone forti di una coreografia ‘spaziale’, composta da un fondale stellato e da un impianto luci davvero spettacolare, oltre che da uno schermo per proiezioni varie per la verità utilizzato con fin troppa parsimonia. A livello visivo nulla da eccepire dunque, anche se l’impressione è che, almeno in quest’occasione, l’Oscar per gli effetti speciali se lo siano aggiudicato i cinque Infiammati. Ma anche l’orecchio, si sa, vuole la sua parte. E qui, bisogna ammetterlo, Sundin e soci non temono rivali; ne abbiamo già avuto numerose dimostrazioni in passato e stasera non ha certo fatto eccezione, anzi: sono infatti sufficienti le prime note di “The Treason Wall” per scatenare l’inferno sotto il palco, per la gioia di uno Stanne visibilmente compiaciuto dall’accoglienza riservata alla sua band dalla platea meneghina. E proprio il rossocrinito frontman, a più riprese acclamato dai numerosi supporter accorsi stasera, si rivelerà il vero mattatore della serata, prendendo per le orecchie il pubblico durante l’esecuzione delle varie “Focus Shift”, “Lost To Apathy” e “Nothing To No One”, ideali per scaldare l’atmosfera in vista delle sorprese promesse alla vigilia, al fine di commemorare il 20° anniversario della band in arrivo l’anno prossimo. Il primo assaggio in questo senso ce lo offre il ripescaggio di “Edenspring” dal mai troppo osannato “The Gallery”: l’esecuzione della band è pressoché perfetta (forse il solo Martin Brandstrom alle tastiere appare un po’ assente, ma tant’è…) e la risposta del pubblico non si fa certo attendere, calando nel migliore dei modi il sipario su una prima metà dello show qualitativamente ineccepibile, anche se troppo incentrata sulla discografia recente del gruppo. Poco male comunque, dato che il rientro in scena dei nostri è accompagnato dalla (notevole) figura di Nell Sigland dei Theatre of Tragedy e dall’inconfondibile arpeggio di “Insanity’s Crescendo”, momento clou della serata – anche se l’effetto sorpresa non era ormai tale per molti dei presenti – di fronte al quale perfino l’immancabile “Lethe” finisce col passare in secondo piano. La devastante “Dreamlore Degenerate” chiude anzitempo il capitolo “The Mind’s I” e lascia il posto ad una non meno convicente “ThereIn”, a sorpresa uno dei momenti più intensi dello show grazie anche alla maggior presenza scenica delle tre asce di Niklas Sundin, Martin Henriksson e del bassista session Daniel Antonsson, sufficiente rimpiazzo dell’insostituibile – almeno on stage – Michael Nicklasson. Siamo quasi in chiusura ma, come da tradizione, il meglio deve ancora arrivare: ecco quindi che, introdotta dal riff di “Yesterworld” (dal lontano “A Moonclad Reflection”, secondo demo-tape datato 1992), parte la sempiterna “Punish My Heaven”, e con essa le mura del Rolling Stone iniziano seriamente a tremare di fronte all’onda d’urto scatenata dalla marea umana sotto il palco, marea che si trasforma in maretta quando sui suoi frangenti flutti veleggia leggiadra la sagoma di un sempre più scatenato Stanne. Tra gradite sorprese – l’esecuzione di una “The Mundane And The Magic” in coppia con la già citata Nell – e ancora più gradite certezze – la sempre devastante “Terminus (Where Death Is Most Alive)” – i nostri portano a termine nel migliore dei modi le due ore di show, restando poi sul palco a godersi i meritati applausi copiosamente tributati loro da un’audience visibilmente soddisfatta. Certo, probabilmente visti gli altisonanti proclami della vigilia in molti si sarebbero aspettati una scaletta meglio bilanciata tra vecchio e nuovo materiale, ed in questo senso l’assenza di estratti da “Skydancer” non ha certo giovato, ma dubitiamo che, una volta accese le luci, ci fosse qualcuno non ansioso di mettere le mani sul DVD poc’anzi registrato. Chi c’era saprà di cosa stiamo parlando, per tutti gli altri l’appuntamento con la storia è fissato ad inizio 2009…e si preannuncia come un appuntamento di quelli da non perdere. Intramontabili.