06/06/2018 - DEAD CROSS + ZEUS @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 08/06/2018 da

Report a cura di Simone Vavalà
Fotografie di Michele Aldeghi

Quando l’album di esordio di una band vede tra i suoi membri, tra gli altri, nomi del calibro di Mike Patton e Dave Lombardo, non stupisce che per la sua prima tournée tocchi, in quel di Milano, il prestigioso palco dell’Alcatraz; prestigioso, in particolare, in termini di capienza, anche se a conti fatti non ci si è trovati propriamente stipati: per questa occasione viene infatti allestito il palco secondario, e a occhio e croce i presenti sono qualche centinaio. Poco male: menefreghisti verso qualunque definizione musicale, e ancor più verso qualunque tipo di accondiscendenza verso il pubblico, i Dead Cross sono pronti a restituirci quella fresca furia hardcore (quando non più violenta) che caratterizzava il loro disco omonimo. Ma prima spazio agli Zeus, duo italiano che si è fatto ormai un nome nella scena sperimentale e che vanta collaborazioni con lo stesso Justin Pearson dei Dead Cross.


ZEUS
Ci è chiaro fin da quando entriamo all’Alcatraz che la band emiliana ci sa fare, eccome; il curriculum di Luca Cavina e Paolo Mongardi del resto parla chiaro, con l’esperienza tra band come Calibro 35, Ronin e Fuzz Orchestra. Di tutto il loro trascorso, i due – rispettivamente basso e batteria – compiono una sintesi e un’evoluzione che vira decisamente verso il versante più sfrenato e sperimentale, tra ritmiche serratissime, tempi in continuo mutamento e una violenza sonora quasi ininterrotta. Per farvi un’idea del loro impatto sonoro, immaginate gli Zu senza sassofono ma con l’aggiunta delle linee vocali di Cavina: grida di matrice hardcore tutt’altro che delicate e melodiche, e ben venga. L’unico difetto, nonostante la complessità dei loro duetti e la capacità tecnica indiscussa, sta nella durata dell’esibizione: quasi un’ora piena, che oltre a risultare sproporzionata rispetto agli headliner (come vedremo tra poco) riesce a far scendere un po’ l’entusiasmo, dato l’impegno richiesto dietro il puro impatto.

DEAD CROSS
Per chiunque abbia dimestichezza con gli ultimi vent’anni di attività musicale di Mike Patton, e sappia cosa aspettarsi, in particolare, quando mette la sua ugola magica a disposizione di Dave Lombardo, il concerto di stasera ha ben poco di sorprendente, o quasi. Sicuramente va sottolineato come, fin dal primo brano “Seizure And Desist”, sia evidente che il capitano di questo vascello fatto di ossa è proprio Dave Lombardo, perfettamente coadiuvato da un peso massimo come Justin Pearson al basso, dal suo frequente compagno di avventure Mike Crain (in particolare nei geni del noise Retox) e, appunto, da Mike Patton, il quale si limita ad eseguire quanto lasciato in eredità da Gabe Serbian, cantante designato in origine per questo gruppo. E proprio per questo non ci sono particolari scossoni, se non nell’unico momento in cui i Dead Cross abbandonano una scaletta pedissequamente basata sulla tracklist dell’omonimo esordio. Allorché, infatti, dopo la splendida cover di “Bela Lugosi’s Dead” dei Bauhaus (un pezzo vincente sia in studio che dal vivo), Patton presenta un pezzo nuovo: si sente la differenza e come Mike abbia probabilmente partecipato anche in fase compositiva; si tratta di “My Perfect Prisoner”, singolo di lancio del recente EP pubblicato dalla band, che mostra un lato leggermente più cupo e variegato rispetto all’approccio in-the-face che caratterizzava il loro primo album.  Per arrivare a sfiorare l’ora di esibizione, comunque, servono questo nuovo brano e diversi brevi intermezzi in italiano di Patton – e francamente, anche nell’ottica del fan trentennale, non risulta più così divertente sentirlo sbeffeggiare l’accento locale o dare del frocio con sorrisino sardonico al suo bassista. Ah, e come dimenticare le due cover proposte nei bis? La prima, “Nazi Punks Fuck Off”, restituita a metà strada tra l’originale dei Dead Kennedys e la cover già fatta dai Napalm Death, è la perfetta sintesi delle loro radici musicali e del loro impatto punk/grind; arriva poi il momento di uno dei giri di batteria più iconici della storia del Metal, il pubblico riconosce senza problemi “Raining Blood” e trattiene il fiato e l’orgasmo, ma… a Crain viene lasciato solo il tempo di eseguire le prime quattro battute, Patton vi innesta una breve strofa di “Epic” e la sensazione di beffardo coitus interruptus è perfetta. Uno scherzo ben riuscito verso chi, nel pubblico, inneggia a questi due mostri sacri solo per il loro passato, rispettivamente, negli Slayer e nei Faith No More (a torto? Chissà!).

Setlist:
Seizure And Desist
Idiopathic
Obedience School
Shillelagh
Skin Of A Redneck
Bela Lugosi’s Dead
My Perfect Prisoner
Divine Filth
Grave Slave
The Future Has Been Cancelled
Gag Reflex
Church Of The Motherfuckers

Nazi Punks Fuck Off
Raining Blood/Epic

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