17/10/2022 - DEEP PURPLE + JEFFERSON STARSHIP @ Mediolanumforum - Assago (MI)

Pubblicato il 24/10/2022 da

Report a cura di Elio Ferrara
Fotografie di Monica Ferrari

Brillano le stelle del rock in questa serata del Mediolanum Forum, vista la presenza di musicisti che hanno realmente fatto la storia di questo genere, scrivendo tantissime canzoni di successo, ma soprattutto influenzando intere generazioni di amanti della musica. Gli headliner sono gli intramontabili Deep Purple, finalmente sul palco dopo un paio di date rimandate (inizialmente doveva svolgersi lo scorso 19 ottobre 2020), accompagnati da un gruppo non composto certamente da novellini, ovvero gli Jefferson Starship di David Freiberg.

JEFFERSON STARSHIP
Nati negli anni ’70 da una costola degli Jefferson Airplane (quando il semplice aeroplano diventava addirittura un’astronave), gli Jefferson Starship hanno visto nel corso degli anni cambiare innumerevoli line-up e persino anche moniker, diventando per un periodo semplicemente Starship. Morto il mitico Paul Kantner, oggi il gruppo è costruito principalmente attorno alla vocalità imponente di Cathy Richardson e all’estro del chitarrista Jude Gold, ma ci sono ancora in line-up due vecchie glorie come Donny Baldwin e soprattutto David Freiberg, un autentico monumento del rock, se si pensa che prima di entrare nei Jefferson Airplane (e poi nei Jefferson Starship) era stato addirittura tra i fondatori degli straordinari Quicksilver Messenger Service. Freiberg dà ancora oggi il suo significativo contributo, accompagnando con la chitarra e supportando la voce della Richardson, ma si ritaglia un momento da assoluto protagonista con l’interpretazione di “Jane”. Va detto che il tempo a disposizione di un gruppo con un repertorio così vasto era davvero troppo poco, ma la scaletta risulta essere un po’ troppo eterogenea, con la proposta di brani classici dei Jefferson Airplane, quali le intramontabili “White Rabbit” e “Somebody To Love”, per poi passare alle settantiane “Ride The Tiger” e la già menzionata “Jane”, agli anni ’80 con “Find Your Way Back” e alcuni brani del periodo in cui si chiamavano semplicemente Starship: tra questi anche “Nothing’s Gonna Stop Us Now”, una canzone scritta da Albert Hammond per la colonna sonora del film “Mannequin”, ma registrata proprio dagli Starship e pubblicata nel loro album “No Protection” del 1987. In quel periodo la voce femminile era un’altra cantante leggendaria, ovvero Grace Slick, che peraltro ha continuato a collaborare esternamente con il gruppo, tanto che è tra i co-autori di “It’s About Time”, l’unico brano più recente proposto questa sera, tratto dal loro ultimo album “Mother Of The Sun” del 2020.
Nel complesso la loro esibizione è stata piacevole, ma come dicevamo, a nostro avviso, in qualche frangente ha risentito un po’ di un repertorio così eterogeneo, che spazia praticamente tra quattro decadi, portando avanti alcune distinte tradizioni (Jefferson Airplane, Starship, vecchi e nuovi Jefferson Starship) con delle fasi peraltro molto diverse che hanno caratterizzato la storia della band per cui, visto il poco tempo a disposizione, probabilmente non sono stati incisivi come avrebbero potuto.

Scaletta:
Find Your Way Back
Ride The Tiger
It’s About Time
Sara (Starship)
Nothing’s Gonna Stop Us Now (Starship)
White Rabbit (Jefferson Airplane)
We Built This City (Starship)
Jane
Somebody To Love (Jefferson Airplane)

DEEP PURPLE
Tornano finalmente in tour e soprattutto tornano in Italia i grandi maestri dell’hard rock, ma lo fanno con un grande assente, ovvero Steve Morse, che ormai da tanti anni avevamo apprezzato come chitarrista della band. Non era certo facile sostituire un mito come Ritchie Blackmore, ma il buon Steve, che è un musicista straordinario e una gran persona, era riuscito a farsi accettare dai fan, suonando con il gruppo britannico per ventotto lunghi anni. Purtroppo, è stato di recente costretto a lasciare a causa di gravissimi problemi familiari e allora ritroviamo al suo posto Simon McBride, chitarrista con un background magari non particolarmente importante, ma certamente scelto non a caso, come dimostrerà ampiamente nel corso del concerto.
Si parte ad altissima velocità con “Highway Star”: dietro le spalle della band c’è uno schermo gigante che proietta immagini dal sapore psichedelico in grado sin da subito immergere l’ascoltatore tutto d’un fiato nel vivo dello show, seguita a stretto giro da “Pictures Of Home”. Gillan e compagni sono pronti a eseguire i grandi classici del periodo Mark II, come d’altronde il pubblico si aspetta, ma un po’ a sorpresa viene ripreso anche un brano non eseguito spesso dal vivo come “Anya” (da “The Battle Rages On…” del 1993, ultimo album con Blackmore).
Inoltre, com’è giusto che sia, viene ritagliato qualche spazio anche per alcuni brani appunto del periodo con Morse: oltre ad “Uncommon Man”, dedicata alla memoria di Jon Lord, che ormai viene suonata con regolarità durante i concerti, in particolare la band propone anche due canzoni pubblicate sul recente “Whoosh!” (questo doveva essere in effetti il tour di promozione al full-length, poi più volte rimandato e, di fatto, resta ancora il loro ultimo studio album se trascuriamo “Turning To Crime”, composto solo da cover), vale a dire “No Need To Shout” e “Nothing At All”, portate per la prima volta in tour e che non sfigurano affatto, tanto da invogliarci a riprendere quanto prima l’ascolto di quel disco.
Ad ogni modo, non si può poi rimanere indifferenti di fronte a pezzi intramontabili come l’emozionante “When A Blind Man Cries” o la dirompente “Space Truckin”, per non parlare di “Smoke On The Water”, un classico senza tempo che non ha bisogno di presentazioni, qui preceduta da un’insolita intro pianistica. Certo, ricordavamo quando in passato queste ultime due canzoni scatenavano il putiferio generale, mentre ora spiccano più che altro innumerevoli luci, perchè la stragrande maggioranza del pubblico si limita a riprendere con i cellulari, ma d’altronde anche questa è una fotografia del nostro tempo: ci si concentra sull’esigenza di immortalare un momento, ma si perde nell’immediato la bellezza di viverlo, ci si accontenta di essere spettatori passivi piuttosto che protagonisti attivi, che contribuiscono a creare e a rendere realmente immortale e unico quell’istante.
Tornando al racconto del concerto – che, peraltro, ciascuno è liberissimo di seguire come preferisce, ci mancherebbe altro – dobbiamo certamente sottolineare che, ovviamente, al di là delle stupende canzoni, nei Deep Purple ci sono sempre stati grandi virtuosi e, nel caso specifico, oltre al nuovo chitarrista Simon McBride, che ci ha certamente convinti, una menzione a parte merita Don Airey: il tastierista è più di ogni altro protagonista della serata, con le sue inafferrabili dita che scorrono velocissime tra i tasti d’avorio. Bellissimo un suo assolo prima di “Lazy”, ma il palco rimane tutto suo per un altro assolo dove scatena il suo estro e la sua bravura, con una performance da lasciare realmente a bocca aperta persino chi lo conosce (evidentemente sta invecchiando bene come il vino buono), rendendo anche omaggio alla grande tradizione italiana con accenni a “La Donna E’ Mobile” e alla celebre romanza di Giacomo Puccini, “Nessun Dorma”.
Dopo “Smoke On The Water” la band torna sul palco per alcuni bis, in occasione dei quali McBride si diverte a giocare con il pubblico sul tema di “Hush” e, dopo un assolo di Roger Glover al basso, arriva il gran finale con “Black Night”.
Ancora una volta, i Deep Purple sono riusciti a creare uno show che va oltre il semplice intrattenimento, creando un’atmosfera magica, nella quale vivere tante emozioni, che assurgono ad un livello universale, senza tempo: non a caso, il pubblico era molto variegato e composto da persone di tutte le età, dai meno giovani ai giovanissimi, anche con tanti genitori che sono venuti insieme al proprio figlio o alla propria figlia. Questo dimostra, come sempre, la grande capacità di questo gruppo di aver saputo non solo scrivere grande musica, ma di averlo fatto immaginando e creando con i suoi suoni qualcosa che andasse oltre l’immediatezza del momento, che raccontasse, ai giovani di ieri e a quelli di oggi, quello che siamo e soprattutto quello che possiamo essere. Non è un caso se i Deep Purple hanno fatto la storia del rock e sono diventati essi stessi un pezzo della nostra storia, della nostra vita e di quella di tante persone in tutto il mondo: noi, da parte nostra, non possiamo che testimoniarlo ancora una volta.

Scaletta:
Intro: Mars, The Bringer Of War
Highway Star
Pictures Of Home
No Need To Shout
Nothing At All
Uncommon Man
Lazy
When A Blind Man Cries
Anya
Keyboard Solo
Perfect Strangers
Space Truckin’
Smoke On The Water

Hush/Guitar solo
Bass Solo
Black Night

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