Report a cura di Andrea Raffaldini
Fotografie di Enrico Dal Boni
Giornata di caldo afoso a Verona, quando arriviamo di fronte all’Arena sono già presenti un paio di code di fan ansiosi di poter assistere al concerto dei Deep Purple. I meticolosi controlli della sicurezza rallentano non poco la velocità d’ingresso, tanto che le file rimarranno corpose anche durante l’esibizione dei The Temperance Movement. Come sempre l’Arena offre un contorno veramente suggestivo, soprattutto al calar del Sole, ottimo per ospitare concerti grazie al suo profondo valore storico e forte di una pulizia dei suoni ineccepibile. Una volta entrati, troviamo il personale addetto ad aiutare i presenti ad individuare il giusto posto a sedere, venditori di birra e bibite sempre pronti ad inoltrarsi per gli stretti passaggi e portare beveraggio direttamente nelle mani dei clienti. Buona quindi l’organizzazione, ora non resta che attendere l’arrivo di Ian Gillan, Roger Glover, Don Airey, Ian Paice e Steve Morse per questa nuova data italiana del loro lungo, lunghissimo, forse infinito, tour di addio.
THE TEMPERANCE MOVEMENT
Con il Sole che ancora picchia sulla testa dei presenti, obbligandoli ad un costante rifornimento idrico, i The Temperance Movement arrivano on stage alle 20:00 precise ed attaccano subito con il loro rock’n’roll. Phil Campbell intona le parole di “Caught In The Middle”, il brano di apertura del loro ultimo disco “A Deeper Cut”, e subito tutta l’Arena viene invasa dall’energia dei musicisti di Glasgow. L’esagitato Campbell salta, compie piroette, si mette in pose sornione, tanto da conquistare gran parte del pubblico in pochi minuti. Volumi e pulizia dei suoni permettono ai The Temperance Movement di dare il massimo, con quel misto di rock e blues pieno di melodie vocali che in pochi anni ha permesso alla band di farsi conoscere in lungo e in largo. Ottima la prova del batterista Simon Lea, un picchiatore dallo stile old school, classico e pieno di groove. La mezz’ora a disposizione si esaurisce molto in fretta, c’è tempo per concludere con la super orecchiabile “Built-In Forgetter”, che si stampa dritta in testa dopo poche note. Gli scozzesi si congedano e lasciano il palco accompagnati da un lungo applauso, segno che i presenti hanno apprezzato uno show all’insegna dell’adrenalina.
DEEP PURPLE
Nella pausa dovuta al cambio palco, diverse persone nelle tribune si alzano per far riprendere la circolazione negli arti inferiori, messa a dura prova dall’angusto spazio ridotto dei seggiolini – a confronto, quelli di un volo low cost sembrano dei troni imperiali! Sul maxischermo, ecco le facce dei cinque Deep Purple scolpite su un freddo ed imponente iceberg. Finalmente l’atmosfera scende sull’Arena di Verona, il primo ad entrare sul palco è Don Airey, subito seguito da Steve Morse, Ian Paice e Roger Glover. I quattro attaccano a suonare e Ian Gillan si presenta in mezzo ad un boato di applausi. “Highway Star” scalda immediatamente l’atmosfera, la band appare in gran forma: Ian Paice scandisce il ritmo con il suo tocco proverbiale, Morse macina riff su riff ed anche Gillan sembra in giornata buona. “Picture Of Home” e “Bloodsucker” seguono a ruota, eseguite alla perfezione. Il sempreverde Gillan tra un brano e l’altro non manca di fare umorismo e scherzare, i presenti apprezzano, per il resto il cantante si è mantenuto molto pacato e spesso nelle retrovie del palco. “Strange Kind Of Woman” riporta l’adrenalina a scorrere in quantità industriale, dal maxischermo vediamo spesso Roger Glover e Don Airey sorridere soddisfatti, un chiaro segnale di come a settant’anni suonati questi musicisti ancora si divertano a calcare gli stage di tutto il mondo. Non è questione di soldi, ma personaggi di questo calibro probabilmente non riuscirebbero a stare senza suonare, per questo continuano a mantenere una media altissima e invidiabile di concerti ogni anno. Don Airey alle tastiere si conferma un grande mattatore, virtuoso senza mai esagerare. Nel suo assolo il tastierista non solo accenna un passaggio della intro di “Mr. Crowley” di Ozzy Osbourne (scritta proprio da Airey), ma vuole omaggiare l’Italia con estratti da diverse opere famose, Rigoletto (“La Donna è Mobile”), l’Aida (“Marcia Trionfale”) e l’immancabile “Nessun Dorma” tratto dalla Turandot. Nella parte finale dello show la band ha giocato carte vincenti, “Birds Of Pray”, “Lazy”, “Perfect Strangers”, “Space Truckin’” e ovviamente “Smoke On The Water”, cantata da band e pubblico a squarciagola, tanto da diventare un’unica grande voce rock. Non mancano nemmeno i bis, tra cui spicca la sempre frizzante “Hush”. Quasi due ore di concerto retto molto bene dai Purple, le migliaia di presenti lasciano l’Arena con il sorriso stampato sul volto, consapevoli di aver assistito ad un grande evento all’interno di una location molto suggestiva. I musicisti che fanno la vera differenza non sono tanti al mondo e se i Deep Purple hanno scritto pagine importanti nella storia della musica, un motivo c’è e in questa occasione si è visto bene. L’età avanza e contro il tempo non si combatte, ma la gioia e la voglia di suonare, quelle non si possono controllare. Ian Gillan e compagni questa voglia ce l’hanno nel sangue, non finirà mai, per questo il lungo tour di addio in cui i Purple si sono imbarcati difficilmente metterà la parola ‘fine’ al suo scorrere in modo definitivo, per degli artisti che senza la loro musica non potrebbero vivere.