A cura di Luca Pessina
Foto di Chiara Ceccaioni – Flickr / Tumblr
Derek Archambault, già in Gran Bretagna da qualche giorno per promuovere il debutto del suo progetto Alcoa, viene raggiunto dal resto dei “suoi” Defeater per dare il via al primo tour del Vecchio Continente di supporto al recente “Letters Home”, ultima fatica dei melodic hardcorer di Boston. Il cantante/musicista statunitense pochi giorni prima ha annunciato di soffrire di necrosi dell’anca, chiedendo ai fan di essere meno “calorosi” del solito nei suoi confronti nel corso dei futuri concerti; tutt’altro che un’esagerazione, visto che all’interno dell’Underworld – che questa sera fa registrare un sonoro sold out – lo vediamo zoppicare vistosamente e sorreggersi con un bastone. A ben vedere, è insomma quasi un miracolo che il gruppo abbia deciso di confermare il tour! Si respira comunque aria di festa e, visto che la serata verrà aperta da un paio di noti gruppi di casa, la gente inizia ad accorrere all’Underworld molto prima del solito…
GOODTIME BOYS
Gli opener sono i Goodtime Boys, giovanissima realtà di recente entrata a far parte del roster della Bridge Nine. Questi nuovi compagni di etichetta degli headliner hanno suonato praticamente ovunque negli ultimi tempi, maturando un’esperienza invidiabile e tutto sommato inusuale per un gruppo che non ha ancora raggiunto il traguardo del primo full-length. Stilisticamente, i Nostri propongono un melodic hardcore ricco di chitarre pulite e tentazioni screamo/emo vecchia scuola, avvicinabile, non a caso, all’operato di varie formazioni facenti parte delle scuderie Bridge Nine (appunto), Deathwish e Topshelf. Gli strumentisti sembrano praticamente suonare per loro stessi, mentre il frontman stupisce con una performance esagitata, sentitissima e quasi degna di un gruppo propriamente hardcore. I suoni non sono brillantissimi, ma davanti ad una platea già piuttosto nutrita, il quintetto riesce a portare a casa numerosi applausi.
MORE THAN LIFE
I veri special guest delle date britanniche del tour sono i More Than Life, gruppo seguitissimo da queste parti che, dopo aver annunciato lo scioglimento un paio di anni fa, si è successivamente rimesso in carreggiata, tornando a suonare live e arrivando addirittura a completare i lavori su un nuovo full-length, il quale verrà rilasciato a breve. In grado di riempire un locale come l’Underworld da soli, i Nostri stasera svolgono il semplice ruolo di supporter, ma vengono accolti praticamente da re della serata. Molti astanti, del resto, sanno i testi a memoria e nella sala si respira una gran voglia di ascoltare dei brani inediti; brani che il gruppo puntualmente propone, fornendo importanti indicazioni sulla sua prossima fatica. In generale, pare che i ragazzi inglesi vogliano muoversi in una direzione più “indie” e ariosa, senza però rompere del tutto i ponti col proprio passato melodic hardcore. Sono tuttavia vecchi pezzi come “I’ve Lost Track Of Everything” o “Fear” a scatenare il cosiddetto delirio tra la folla: la gente salta, si sbraccia, urla… e, davanti a tanto amore, il frontman James si toglie la maglietta, per la gioia di buona parte delle ragazze presenti. Un piccolo trionfo.
CASPIAN
I pre-headliner sono invece i Caspian, concittadini dei Defeater che qualcuno magari avrà già visto da queste parti con gli HIM pochi mesi fa. C’è curiosità di assistere allo show di un gruppo (post) rock principalmente strumentale davanti ad una platea tutto sommato hardcore, sia per vedere se la band adatterà il suo set alla particolare circostanza, sia per carpire la reazione degli astanti. Di certo, il fan medio dei Defeater non è esattamente lo stesso hardcore kid che stravede solo per i Madball, però, come si suol dire, non si sa mai… A concerto iniziato, per nostra sorpresa, il gruppo di Boston riesce però a mietere ampi consensi, almeno dalle prime file. In fondo alla sala qualcuno non sembra essere abituato a simili sonorità e si sente varia gente chiacchierare e “coprire” i momenti più pacati, ma, nel complesso, sia pubblico che band sembrano trovare presto un punto di incontro. Il sestetto suona con grande partecipazione e riesce a toccare le giuste corde emotive, proponendo tracce mai troppo diluite, che nei passaggi chiave riescono sempre a smuovere con brevi ma decise pennellate di pura melodia. Tra 65daysofstatic e Junius, con a tratti una vena più dark. E’ più che probabile che questa sera i Caspian abbiano guadagnato qualche nuovo fan.
DEFEATER
Giunge quindi il momento degli headliner. Chi si aspetta un’entrata ad effetto viene ovviamente deluso: nonostante il crescente successo, i Nostri rimangono un gruppo dalle fiere radici hardcore, che cura il soundcheck in prima persona e non si fa annunciare. Archambault come prima cosa invita gli astanti a divertirsi, ma ricorda loro il suo problema fisico: evidentemente la voglia di portare a termine il tour è tanta, ma anche la paura di rompersi qualche osso! Il messaggio, comunque, viene recepito: per quasi tutto lo show nessuno osa mettere piede sul palco; giusto un esagitato riesce ad irrompere ad un certo punto verso la fine, ma questo viene prontamente placcato dalla security – cosa che pare divertire parecchio il frontman. Abbiamo avuto modo di vedere i Defeater all’opera dal vivo già alcune volte e il gruppo di Boston ha sempre dimostrato di essere un’ottima live band; questa sera non fa eccezione: il quintetto è reduce da un lungo tour nordamericano e si presenta più affiatato che mai. Archambault è chiaramente meno mobile del solito (spesso si appoggia all’asta del microfono, cosa mai fatta in passato), ma la sua voce è quella di sempre, così come risulta immutata la verve dei suoi compagni, che occupano il palco con grande sicurezza e disinvoltura. Con tutto il rispetto per le support band, siamo davanti ad una performance di un’altra caratura, sia in termini di presenza scenica che di repertorio. I Nostri partono con la nuova “Bastards”, ma subito dopo sfoderano un trittico di classici che stampa un sorriso sul volto di tutti i presenti: “Warm Blood Rush”, “Dear Father” e “The Red, White and Blues”. A questo punto la folla è già in estasi e il quintetto deve fare davvero poco per prolungare il momento. Il nuovo “Letters Home” è stato accolto benissimo, esattamente come tutti i lavori precedenti, quindi, a livello di setlist, qualsiasi cosa venga pescata garantisce urla di approvazione ed applausi. Archambault sembra quasi emozionarsi nel tragico finale di “A Wound and a Scar”, forse il momento topico dello show, ma lo stesso si può dire di alcuni presenti, che arrivano anche alle lacrime sulle note della dolce “I Don’t Mind”, suonata dal solo frontman con la chitarra acustica. Intensa anche “But Breathing”, riarrangiata in chiave più elettrica, e sempre toccante la conclusiva “Cowardice”, lunga e mesta, dedicata per l’occasione ai vecchi amici Dead Swans. Melodic hardcore ricercato e ricco di sfumature, ma pur sempre hardcore: in quarantacinque minuti è tutto finito. Uno show breve, intenso, appassionato e appassionante. Come da tradizione per il genere e, ormai, per gli stessi Defeater. Ancora una volta ci salutano lasciandoci la voglia di rivederli il prima possibile.
Setlist:
Bastards
Warm Blood Rush
Dear Father
The Red, White and Blues
Rabbit Foot
A Wound and a Scar
I Don’t Mind
But Breathing
No Savior
No Shame
Empty Glass
Bled Out
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Cowardice