Report a cura di Matteo Cereda
Tornati ad ottimi livelli compositivi con l’ultimo “Diamond Eyes”, i Deftones sono chiamati a rispondere “presente!” anche in sede live. L’assenza del bassista originale Chi Cheng rappresenta sicuramente una grave perdita per la band californiana, ma le impressioni positive suscitate dal nuovo lavoro in studio fanno ben sperare sullo stato di forma di una delle band cardine dell’ormai estinto filone nu metal.
LINEA 77
Ad aprire le danze non potevano che esserci i Linea 77, alfieri del movimento nu metal nostrano; e la band, puntando anche sul “fattore campo”, considerando l’origine torinese dei nostri, non si lascia certo pregare nè tradire dall’emozione davanti ad una simile opportunità, sprigionando tutta la propria energia sul palco. I pezzi che riscuotono maggiori consensi sono senza dubbio quelli risalenti al primo e “più incazzato” periodo compositivo della band, come dimostrano gli scombussolamenti sotto il palco provocati da “Ketchup Suicide” e “Moka”. Ma anche le ultime composizioni (“Aspettando Meteoriti”, ad esempio), più incentrate su sonorità alternative, fanno una bella figura. Così, dopo 45 minuti ad alta intensità chiusi con un’ottima versione del classico “Touch”, richiesto a gran voce dai presenti, possiamo fieramente promuovere i Linea 77, che hanno scaldato a dovere la platea di casa in attesa del piatto forte della serata.
DEFTONES
I Deftones si presentano puntuali sul palco alle 21.30: lo stage è scarno, privo di qualsiasi scenografia, oltre all’ottimo impianto luce non restano che i quattro ragazzacci di Sacramento con la loro musica a catturare l’attenzione del pubblico. Si parte subito con le note liete dell’ultimo disco in studio “Diamond Eyes”, dal quale vengono eseguite con fedeltà la titletrack e “Rocket Skates”; ma a scatenare il primo delirio sono i classici “Feiticeira” e “Knife Party”, in cui possiamo subito apprezzare un Chino Moreno che, oltre alla forma fisica (avrà perso una ventina di chili), canta come non lo si sentiva da tempo. A dimostrazione che la band statunitense vive un periodo di forma positivo, vengono eseguite con brillanti risultati due canzoni nuove di zecca come “CMND/CTRL” e “You’ve Seen The Butcher”, con la prima che picchia duro lasciando alla seconda il compito di ipnotizzarci con un groove dal retrogusto grunge. Chino Moreno si mantiene su ottimi livelli anche con il passare dei minuti, limitando al minimo i colloqui con il pubblico e scorrazzando da una parte all’altra o salendo su una pedana posta davanti al palco. Anche il resto della band si dimostra in buone condizioni, con Carpenter a macinare riff ed il nuovo ingresso Sergio Vega, al basso, che se la cava egregiamente. Chino e soci continuano la grande performance passando in rassegna le varie sfaccettature della band, alternando con sapienza sfuriate nu metal del calibro di “Elite”, “Around The Fur” e l’immancabile “My Own Summer” ad episodi più rilassati caratterizzati da melodie sognanti come “Sextape”, “Beauty School” e “Minerva”. Nel finale grande entusiasmo suscita “Passenger”, in cui Moreno dimostra di cavarsela egregiamente su partiture tutt’altro che semplici, mentre prima di ritirarsi il quintetto californiano esegue per la gioia dei presenti l’immancabile “Change”. Pochi minuti d’incitamento e i Deftones sono già sul palco per chiudere definitivamente lo spettacolo, sganciando due bombe del calibro di “Root” e “7 Words”, che scatenano l’ultimo inferno prima dei saluti. Un’ora e mezza di grande intensità che ci conferma il buono stato di salute dei Deftones: il loro stile si è indubbiamente evoluto negli anni, ma la classe dopo un periodo di appannamento sembra tornata quella dei vecchi tempi.