Report a cura di Valentina Mevoli
Fotografie di Francesco Castaldo
A poco meno di un anno dal sold out al Live Music Club di Trezzo sull’Adda, tornano i Deftones con il loro Gore Tour 2017. L’appuntamento di venerdì 21 aprile è al Fabrique di Milano. Ancora una volta sono tantissimi i fan sedotti dall’ammaliante richiamo di Chino Moreno e compagni e la serata è ben presto al limite del tutto esaurito. I Deftones, con otto album in studio all’attivo e un’intensissima attività live, sono stati in grado di conquistare negli anni un pubblico estremamente eterogeneo, il cui minimo comun denominatore si esprime nell’attesa di vivere un live pregno dell’inesauribile energia e dell’ampio carisma, imprescindibili marchi di fabbrica della band di Sacramento. Ad aprire le danze, gli Skyharbor, band originaria di Nuova Delhi, con frontman dell’Ohio, che rappresenta una novità per molti dei presenti.
SKYHARBOR
Salgono sul palco alle nove in punto gli Skyharbor e, sicuramente complice l’orario, in molte occasioni riservato agli headliner, si ritrovano a suonare davanti ad una platea già piuttosto gremita. Non è la prima volta per la band in Italia, conosciuta per essere stata un side project di Daniel Tompkins (Tesseract), sostituito poi nel 2015 dall’americano Eric Emery. Non aprono con il botto, anzi scelgono come primo brano forse il più soft di tutta la scaletta, tuttavia riescono a catalizzare l’attenzione del pubblico, che rimane con gli occhi puntati sul palco per tutti i tre quarti d’ora della loro esibizione. Già dal secondo brano i ragazzi dimostrano di avere un bel tiro: sonorità djent, tempi spesso dispari, evocazioni ambient, che riescono musicalmente ad avvolgere l’atmosfera e coinvolgere l’audience che ascolta e applaude. Ciònonostante, ci saremmo aspettati più urlato e più grinta dal frontman che, invece, opta per un cantato quasi sempre melodico e pulito, che ci dà a volte l’impressione di non amalgamarsi perfettamente con il resto dell’insieme. L’impatto visivo scenico dei cinque rimane tenue, soprattutto per una scelta di luci e dell’uso del fumo che, dalla posizione in cui ci troviamo, li fa apparire come poco più che ombre sul palco, fatta eccezione per la glitteratissima chitarra sulla sinistra, che dà una sfumatura glam all’esibizione.
DEFTONES
Tornare a suonare nel giro di dieci mesi praticamente nella stessa città e, soprattutto, dopo uno strepitoso sold out potrebbe per molti essere un azzardo. Non per i Deftones, una di quelle poche band che è riuscita a evolvere distaccandosi da un’immagine legata principalmente agli anni Novanta, rinforzando, al tempo stesso, l’affetto e la fiducia dei fan storici e acquisendone di nuovi negli anni. Non stupisce, quindi, che il Fabrique di Milano sia quasi del tutto pieno e che si avverta nell’aria quella sensazione di trepidante attesa propria dei grandi eventi. Si chiama Gore Tour 2017, tuttavia Moreno ha avuto modo di dichiarare in diverse occasione che ai fan europei avrebbero servito un piatto ricco di reminiscenze del passato. Quando si spengono le luci e udiamo le prime note, è ben chiaro che la promessa è stata mantenuta. L’atmosfera offerta da “Korea” è inconfondibile, subito seguita da “Elite”, e questa doppietta da “White Pony” scatena immediata la risposta del pubblico: un’esplosione di emozioni, sing along, teste che si muovono e gambe che saltano. Chino Moreno è in forma, si diverte e si vede. Dalle sue pedane improvvisa movenze di ballo buffe, sorride ai fan e si sporge verso le prime file. Lo show continua con un balzo in avanti in direzione “Diamond Eyes”, il sesto album della band, e poi si ripiega su atmosfere più intime, rarefatte ed emozionali offerte da brani come “Tempest”, la title track dell’ultimo “Gore”, e “(L)MIRL”, sempre dallo stesso album. In uno show che sembra celebrare la più che ventennale carriera della band, è lo stesso Moreno ad accennare alla loro prima volta in Italia: “Era il 1998, ma noi tre anni prima avevamo già rilasciato il disco ‘Adrenaline’…”. È così che il frontman introduce il grande ritorno sul palchi europei, dopo dieci anni di assenza, di un brano come “Minus Blindfold”, che riporta subito indietro nel tempo, a quegli anni Novanta che furono decisivi per un genere come il nu-metal, al quale i Nostri sono inevitabilmente legati a doppio filo. I repentini spostamenti temporali a bordo della navicella Deftones diventano ancora più sorprendenti grazie all’incredibile tocco di Stephen Carpenter, che, con i capelli perennemente esposti alla forza del ventilatore, ci fa viaggiare con ogni singolo riff, come fossimo sulle montagne russe della storia di un certo tipo di metal dell’ultimo ventennio. Abe Cunningham, alla batteria, e Sergio Vega, al basso, danno vita a una sezione ritmica la cui potenza trasforma i suoni della band in una macchina da guerra, che si esprime al suo meglio proprio in club come il Fabrique, sebbene dobbiamo segnalare che proprio i suoni sono stati meglio calibrati in corso d’opera, a discapito dei primi brani del concerto. “Digital Bath”, che ancora rappresenta uno fra i pezzi più carichi di pathos dell’intera discografia del gruppo, fa emergere in maniera ancora più sensibile la presenza di Frank Delgado, figura che rimane spesso in disparte, nonostante sia su una pedana laterale ben visibile, ma che negli anni ha forgiato profondamente quel suono che fa parte del DNA della formazione. Il colpo di coda finale infila uno dietro l’altro tre brani che non possono mai mancare: “Change (In the House of Flies)”, cantata a gran voce da tutti i presenti, “Be Quiet and Drive (Far Away)” e “My Own Summer (Shove It)”. Mentre, a chiudere il sipario prima dell’encore è la potenza tagliente di “Headup”, direttamente da “Around The Fur”, che, se possibile, rinvigorisce l’incredibile entusiasmo del pubblico, sinceramente ricambiato da chi è sul palco. I Deftones ancora una volta regalano una serata degna di nota, di sudore e di emozioni, riuscendo a mantenere sempre altissima la risposta dei fan. Non importa se sia il primo concerto o il loro decimo a cui assistiamo: ciò che portiamo a casa è il ricordo di una performance studiata per dare emozioni ed eseguita con la professionalità di chi da anni sa fare il suo mestiere, ma in cui ancora è riconoscibile una certa genuina passione.
Setlist:
Korea
Elite
Diamond Eyes
You’ve Seen the Butcher
Tempest
Swerve City
Gore
(L)MIRL
Kimdracula
Rosemary
Minus Blindfold
Teething
Digital Bath
Change (In the House of Flies)
Be Quiet and Drive (Far Away)
My Own Summer (Shove It)
Headup
Encore:
Back to School (Mini Maggit)
Rocket Skates